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Infrastrutture e competitività in Italia: strategie per l’internazionalizzazione

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La sfida di intercettare la domanda estera come vettore di crescita è ineludibile per un Paese maturo come il l’Italia, quando la spesa pubblica smette di aumentare e quando occorre sostenere il costo per l’importazione di gran parte delle risorse naturali. Nonostante la ripresa dell’export italiano rispetto alla contrazione del 2009, l’Italia è passata dal sesto al settimo posto nella classifica dei principali esportatori mondiali. Le esportazioni italiane sono state trainate dalla domanda estera e, per quanto riguarda la composizione merceologica, dai beni strumentali e intermedi. Le medie imprese riescono meglio a sostenere la competizione sui mercati internazionali e riescono così a espandersi anche nel corso della Grande Crisi.

Si tratta di confrontarsi con mercati esteri lontani, con culture complesse e distanti. Il differenziale di tendenza con la Germania è ormai marcato in termini di produzione industriale, pur se i dati scontano un ritardo nell’adeguamento degli indici di prezzo italiani agli incrementi di qualità dei nostri prodotti. E se è vero che le nostre esportazioni sono andate finora meglio della produzione industriale, è anche vero che il nostro deficit energetico rappresenta un vincolo anche in presenza di una domanda interna stagnante. Aumentare il numero e le attività delle nostre imprese esportatrici è una condizione decisiva per lo sviluppo, come anche migliorare l’internazionalizzazione produttiva e commerciale delle nostre imprese. A questo scopo, le infrastrutture sono una componente chiave del processo di internazionalizzazione: la ricerca che Aspen Italia, ENEL Foundation e LUISS Lab hanno condotto nel corso del 2013 vuole investigare le priorità che emergono dal mondo produttivo sotto questo aspetto.

Le infrastrutture svolgono due ruoli distinti ma complementari nei processi di internazionalizzazione delle imprese, sia che si tratti di esportazione sia che si tratti di investimenti all’estero. Da una parte, le infrastrutture riducono i costi del business e consentono perciò alle imprese di scendere al di sotto di quelle soglie di costo che rendono possibile sopportare i costi aggiuntivi dell’internazionalizzazione. Esiste ormai una vasta letteratura che indaga i processi di selezione nell’universo delle imprese appartenenti allo stesso settore o regione: questi studi suggeriscono come le imprese rimangano nazionali se la loro produttività (il valore aggiunto per addetto) è troppo bassa per consentire di “affacciarsi” all’estero, oppure esportino se la produttività è maggiore, o infine investano all’estero se la loro produttività supera una certa soglia massima. Migliori infrastrutture riducono i costi e fanno aumentare il valore aggiunto per addetto, favorendo la transizione delle imprese oltre le soglie dell’internazionalizzazione. Questo vale sia per il cosiddetto “margine estensivo” (imprese prima assenti all’estero che a un certo momento vi si affacciano) sia per il “margine intensivo” (imprese già presenti all’estero che si muovono verso nuovi mercati o vendono nuovi prodotti). D’altra parte, le infrastrutture facilitano anche la creazione di nuove opportunità, migliorando la conoscenza di mercati prima negletti, oppure consentendo di stabilire contatti o relazioni prima impossibili: si pensi alle infrastrutture di trasporto o a quelle delle telecomunicazioni e dell’ICT. In entrambi i casi, si tratta di fattori che possono rivelarsi decisivi.

L’indagine che abbiamo svolto mediante un questionario cui hanno risposto quaranta imprese medie e grandi associate ad Aspen Italia, ed operanti sia nel manifatturiero sia nel terziario, conferma il ruolo strategico delle infrastrutture per l’internazionalizzazione delle aziende italiane. In linea generale le imprese hanno individuato come l’ostacolo principale al processo di internazionalizzazione l’attuale sistema normativo, che è molto complesso e non dà certezza nelle regole. Ciò scoraggia gli investimenti privati italiani ed esteri, i quali potrebbero invece svolgere un ruolo rilevante – anche tramite strumenti come il project financing – nell’ambito dello sviluppo delle infrastrutture.

La priorità principale segnalata dalle imprese riguarda le reti di trasporto e di logistica, che per circa la metà delle aziende rappresenta la prima strozzatura del Paese rispetto alla proiezione esterna del sistema produttivo. In particolare, le imprese medio-grandi sondate indicano nello sviluppo dell’inter-modalità dei sistemi di trasporto (specie nella relazione tra sistema portuale e ferroviario) e nella miglior connessione con le infrastrutture estere di trasporto e logistica, i nodi cruciali per favorire l’internazionalizzazione delle imprese italiane.

Per quanto riguarda in particolare il sistema dei trasporti, diversi imprenditori hanno sollevato il problema della mancanza di collegamento nella gestione dei singoli porti da parte delle autorità portuali; da ciò derivano sia problemi di scarsa specializzazione che di sviluppo insoddisfacente delle infrastrutture portuali, con un riflesso immediato sulla gestione economica. Inoltre, si sono rilevate carenze in ampi tratti dei sistemi ferroviari e autostradali, caratterizzati entrambi da una polarità verso il Nord e da uno sviluppo insufficiente delle direttrici dall’Italia centrale al Sud.

Come fattore strategico nell’ambito delle infrastrutture di trasporto si è suggerita da più parti la strada della semplificazione normativa, unitamente a un sistema di agevolazione fiscali e finanziarie per le iniziative di Public Private Partnership (project financing con sponsor pubblici e privati) – quali l’agevolazione dell’emissione dei project bond con trattamento fiscale agevolato come i titoli di stato o misure per la trasparenza e la semplificazione nei rapporti economici fra PA e imprese.

Per quanto concerne le infrastrutture del comparto energia, le aziende indicano nello sviluppo di nuove fonti di generazione e mezzi di approvvigionamento di energia la priorità per aumentare la competitività delle imprese italiane nel contesto internazionale, seguito dal completamento del Mercato Interno dell’energia. In particolare, l’adeguamento e la crescita del nostro sistema di stoccaggio appare come la più immediata esigenza di una politica energetica che favorisca l’apertura delle imprese all’estero, sia per i risvolti di sicurezza e stabilità degli approvvigionamenti, sia per i profili di contenimento dei costi per le imprese. Per favorire le piccole imprese, inoltre, sarebbe opportuna anche una revisione degli oneri per lo sviluppo delle fonti alternative, che oggi gravano sulle imprese italiane assai più che sui concorrenti europei.

Infine, tra le strategie da attuare per il sistema ICT, si è suggerita la riconversione delle reti ormai obsolete e l’integrazione tra banda larga e satelliti nelle zone problematiche. Si è poi da più parti rilevato come gli investimenti diretti alla digitalizzazione del Paese debbano accompagnarsi a un processo di informatizzazione della PA.

Individuare con intelligenza le infrastrutture davvero prioritarie; facilitare i processi amministrativi; reperire i capitali necessari anche con strumenti finanziari nuovi: questo è il percorso virtuoso per migliorare le nostre reti in funzione dell’internazionalizzazione delle imprese.