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Il nuovo Papato e l’America Latina: a ovest dell’Occidente

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L’elezione di Jorge Mario Bergoglio al soglio pontificio come 266mo successore di san Pietro ha stimolato molte riflessioni, sia sulle ragioni dietro la scelta del collegio cardinalizio, sia sull’influenza che questo papa potrà esercitare sul ruolo dell’America Latina.

La nomina di Bergoglio ha sorpreso il mondo, prima fra tutti la gerarchia della Chiesa cattolica. Ma se collochiamo questa scelta nel più ampio contesto mondiale abbiamo ben poco da sorprenderci. Lo spostamento dell’asse economico mondiale è già una realtà consolidata, con l’affermazione dei BRICS nel sistema delle relazioni internazionali, e ormai coinvolge direttamente diversi paesi dell’America Latina.

Dopo il dramma delle dittature militari (Ecuador, Perù, Bolivia, Argentina, Brasile, Uruguay, Cile e Paraguay), e dopo una dolorosissima crisi economica (arrivata in anticipo rispetto al resto del mondo, cioè soprattutto negli anni 2001 e 2002), i paesi latinoamericani registrano consistenti tassi di crescita del prodotto interno lordo. E questi si accompagnano a una crescita complessiva della cultura, dell’istruzione universitaria, della coesione sociale. 

Un’effervescenza che vede in primo piano la leadership del Brasile, ma che si manifesta in modo diverso (cioè in chiave fortemente nazionalista) anche nell’atteggiamento assunto da un paese come l’Argentina. Tuttavia, la morte di Hugo Chávez in Venezuela e la progressiva uscita di scena di Fidel Castro a Cuba, preludono a un profondo rimescolamento di carte in America del Sud alla ricerca di nuovi leader. In questa prospettiva la figura di papa Francesco non solo modifica il baricentro del vertice della Chiesa cattolica, ma può rappresentare anche un catalizzatore per le economie emergenti latino americane alla ricerca di un ruolo e di un peso politico adeguato nella comunità internazionale.

È come se un persistente complesso di inferiorità frenasse Brasile e Argentina dall’assumere una leadership internazionale proporzionata al loro peso economico e al naturale ruolo guida nel continente. Anzi, oggi il Brasile appare perfino più rivolto alla conquista dei mercati africani, a cominciare dall’Angola e da quelli tradizionalmente lusofoni, piuttosto che al proprio stesso continente. L’Argentina, da parte sua, soffre di crisi ricorrenti e di un ulteriore complesso – proprio rispetto al Brasile.

Manca, in ogni caso, un fattore aggregante, anche dal punto di vista simbolico. E l’attuale pontefice può rappresentare questo fattore tanto per gli ispanofoni quanto per i lusofoni. Bergoglio, nonostante il suo passato complesso e i suoi rapporti discussi con il regime di Videla, è stato, anche negli anni passati, indiscutibilmente un punto di riferimento a livello continentale. Basti considerare il ruolo che ha giocato, da cardinale, in seno alla quinta Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano, svoltasi nel 2007 ad Aparecida in Brasile e aperta da Benedetto XVI.

La radice peronista del pensiero sociale di Bergoglio, in effetti, lo potrebbe favorire nell’assunzione di questa leadership naturale in seno all’America Latina. Non è un mistero infatti che il modello economico sociale proposto dal movimento peronista nell’immediato secondo dopoguerra rappresentasse lo schema di riferimento proposto dall’Università del Salvatore, di proprietà della Compagnia di Gesù, dove ha insegnato lo stesso Bergoglio. È un modello che, dal punto di vista della teoria economica, riconosce, in seno all’impresa, il diritto a un’equa remunerazione per metà al lavoro e per metà al capitale. Pertanto rifiuta da una parte il capitalismo e il liberismo selvaggio e, dall’altra, lo schema della lotta di classe caro a diverse espressioni della teologia della liberazione. 

Per quanto riguarda le relazioni tra le parti sociali, papa Francesco sembra rimanere fedele all’ispirazione peronista, che è tipicamente corporativa: l’alleanza tra le parti sociali, imprenditori e sindacati, è la via maestra per lo sviluppo e la migliore garanzia per la giustizia sociale. Non il conflitto di classe. Il contemporaneo rifiuto del liberismo senza regole e del marxismo egemonico si accompagnano poi, nella loro declinazione cattolica, ad uno spiccato impegno nel sociale, a favore della giustizia, dell’uguaglianza e della fratellanza.

Ma è una dottrina che si coniuga, al tempo stesso, con un vivissimo nazionalismo al quale il papa non è affatto estraneo. Non sarà lui stesso a voler assumere in prima persona questo ruolo; anzi, il suo insistere nel definirsi “vescovo di Roma” e la decisione di parlare unicamente in italiano (provocando delusione tra i suoi stessi connazionali) riflettono la cautela anche diplomatica del personaggio. Resta il fatto che Bergoglio può catalizzare l’orgoglio del continente latino americano, alimentarne simbolicamente l’autocoscienza, rafforzarne il prestigio a livello internazionale. 

Dal punto di vista della Chiesa cattolica questa situazione riflette tuttavia una difficoltà e probabilmente un paradosso. Infatti, più che dalla crescita del ruolo dell’America Latina (in stretta relazione con l’America del Nord), l’elezione di Bergoglio è figlia della progressiva debolezza di quelle Chiese che sono state la culla del cristianesimo e della civiltà cristiana: le Chiese in Medio Oriente (dove si assiste alla fuga dei cristiani) e soprattutto in Europa, dove l’indifferenza e il relativismo denunciato da Benedetto XVI stanno svuotando le chiese e i seminari. 

Inoltre, a fronte del declino dell’Europa nella Chiesa cattolica mondiale, si registra anche una crescente fuga dei cattolici latinoamericani verso le nuove Chiese e comunità cristiane pentecostali e carismatiche. Il Brasile è il paese più colpito da questa dinamica. Resta tuttora il primo paese al mondo per numero dei cattolici (133.660.000, davanti al Messico con 96.330.000 cattolici e le Filippine con 75.940.000). Tuttavia nel 2010 i cattolici erano il 64,6% della popolazione, nove punti in meno rispetto al 2000 e ben venti punti percentuali in meno rispetto al 1980. Crescono parallelamente le denominazioni evangeliche, salite dal 15,4% al 22% negli ultimi dieci anni in Brasile (fonte: Pew Forum on Religion and Public/ Limes).

L’elezione di papa Francesco potrebbe arginare questa deriva: l’attenzione al sociale unita a un deciso recupero della religiosità popolare, che caratterizzano il pontefice argentino, rappresentano il miglior antidoto alle Chiese pentecostali. Anch’esse infatti coniugano fede tradizionale e aiuto ai più poveri. Bergoglio insomma conosce bene quali sono gli elementi su cui fanno leva le nuove Chiese per guadagnare fedeli, e le sfida sul loro stesso terreno. Anche su questo fronte si misurerà la sua leadership in America Latina.