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Le difficoltà interne e internazionali del governo Cameron

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I primi mesi del 2012 vedono David Cameron impegnato nel difficile tentativo di recuperare la popolarità perduta. Per quanto riguarda la politica internazionale, il primo ministro inglese è stato in viaggio di stato negli Stati Uniti, ma la stampa ha sostanzialmente snobbato l’evento politico, che pure aveva obiettivi importanti: rinsaldare la “special relationship” tra le due sponde dell’Atlantico, e trovare una posizione comune sulla Siria. Su entrambi i nodi, la prudenza di Obama ha avuto il sopravvento.

In patria, invece, Cameron ha lasciato che si sviluppasse la discussione relativa al nuovo Bilancio, che dovrebbe passare ai Comuni in temi brevissimi: tuttavia, così come da scadenza programmata, l’intesa con i LibDem deve essere trovata entro venerdì sera, in modo che lo schema di accordo passi per il benestare dell’Office of Budget Responsibility. La posta in gioco è molto alta: il Cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, sta premendo per un taglio dell’aliquota sui redditi più alti (sopra le 150.000 sterline) dal 50% al 40%; ma deve fronteggiare l’opinione pubblica e le spinte moderatrici dei LibDem e dell’opposizione, che non vedono di buon occhio questo sconto ai più ricchi.

D’altro canto, le classi più povere stanno fronteggiando una crisi sempre più grave, con una disoccupazione all’8,4% alla fine del 2011, e un aumento del 14% dei senza fissa dimora. Il rispetto del programma elettorale di certo non aiuta Cameron. La promessa era quella di ridurre il perimetro della spesa pubblica e di innalzare la no-tax-area, in contrapposizione a quanto fatto dal suo predecessore, ma le condizioni macroeconomiche stanno rendendo questa manovra sempre più complicata: il deficit è in aumento e ha sfondato il 4% sul Pil, così come il debito, arrivato all’85% della ricchezza prodotta.

Cameron sta cercando di recuperare i voti più a destra nel partito e tra le classi più agiate, nonostante i grandi finanzieri della City non sembrino risentire dei venti di recessione:  l’amministratore delegato di Barclays ha ricevuto nell’ultimo anno, tra stipendi, premi e dividendi, 17 milioni di sterline, mentre i dirigenti della stessa banca hanno ricevuto in media all’incirca un milione di sterline a testa. Cifre simili si riscontrano in altri istituti finanziari, come  la Royal Bank of Scotland e i Lloyds, i cui rispettivi amministratori delegati hanno guadagnato all’incirca 3 milioni di sterline a testa.

Il primo ministro ha promesso di riformare la finanza, settore chiave per l’economia del Regno Unito, e ha ammesso che sarà necessario separare le attività speculative delle banche da quelle legate al finanziamento delle attività economiche, senza però che le prime siano tassate: in questo senso, il governo britannico mantiene una linea coerente anche a livello europeo, dove continua a contrastare l’introduzione di una Tobin Tax, diventata molto popolare dopo l’avallo ufficiale da parte di Nicolas Sarkozy.

Il viaggio in Francia di Cameron a metà febbraio è stato un segnale di distensione con l’Eliseo, a seguito del duro scontro di dicembre a Bruxelles in cui la Gran Bretagna pose il veto al “fiscal compact” europeo e Sarkozy evitò di stringere la mano al suo collega d’oltremanica. In occasione della recente visita è stato siglato un importante accordo relativo alla costruzione congiunta di alcuni nuovi droni contro incursioni marine. L’intesa in campo militare non può far dimenticare le divergenze su questioni di fondo, ma i due leader ritengono anche di non poter fare a meno l’uno dell’altro: Sarkozy ha bisogno di bilanciare il peso crescente sullo scenario europeo di Angela Merkel, nonostante questa si sia espressa in prima persona per la sua rielezione; Cameron sta invece cercando di consolidare in patria la sua immagine un po’ sbiadita, e un accordo militare vale pur sempre un viaggio a Parigi.

Il complessivo insuccesso della linea di Cameron in politica estera può essere vista come una delle cause del continuo logorio della sua leadership: secondo gli ultimi sondaggi di Yougov per il Sun, i Laburisti di Ed Milliband sono in vantaggio di ben 5 punti percentuali con il 42% delle intenzioni di voto, mentre i Conservatori arrancano al 37%; i Libdem sono sostanzialmente fermi all’8%. A livello interno Cameron sembra poi scontare ancora gli effetti dell’affaire legato a Rupert Murdoch (il magnate australiano dell’editoria) che continua a mettere in luce rapporti non del tutto chiari tra esponenti governativi e il gruppo Murdoch.

La serie di scandali che stanno mettendo a dura prova la fiducia dell’elettorato britannico verso le istituzioni del paese non sembrano infatti aver trovato fine con l’arresto, avvenuto la scorsa estate, di Rebekah Brooks, fidatissima amministratrice delegata di News Corporation (l’editore di Murdoch nel Regno Unito) – accusata di aver pagato membri di Scotland Yard per ricevere, e pubblicare nei quotidiani del gruppo, informazioni riservate. Lo stesso Cameron ha dovuto ammettere che Brooks fosse tra le sue frequentazioni, e che. Il Telegraph ha battezzato la vicenda “horsegate” (dopo l’ammissione del primi ministro di aver cavalcato una cavalla donata da Scotland Yard alla stessa Brooks): insomma, le notizie sull’ippica stanno così travalicando i confini degli esclusivi incontri di Ascot. Ben al di là del singolo episodio, ciò dimostra quanto, in tempi di crisi economica, anche la sensibilità dell’opinione pubblica britannica sia aumentata rispetto ai casi di corruzione: l’ampiezza complessiva del fenomeno, del resto, è stimata in 21 miliardi di sterline l’anno.

Cameron arranca dunque su più fronti, e la primavera non sembra riservare grandi prospettive di miglioramento: anche la riforma del NHS, il servizio sanitario nazionale, gli sta creando qualche problema, soprattutto a livello dei professionisti sanitari di base, che dovranno lavorare di più. Il premier resta però convinto del fatto che il NHS, così com’è concepito tuttora, non potrà avere vita lunga.

Infine, nei giorni scorsi Cameron si è espresso favorevolmente verso i matrimoni omossessuali, in linea con il ministro per le pari opportunità Lynne Featherstone: il governo ha aperto un giro di consultazioni che dovrebbe concludersi in tre mesi, stabilendo le modalità per l’allargamento del matrimonio a tutte le coppie. Questa mossa ha certamente inimicato al governo le ali più oltranziste dei Tories, ma è in linea con un processo di ulteriore riconoscimento dei diritti individuali che in Gran Bretagna vede anche i Conservatori in prima linea, pur con molti distinguo.

Lacerato dalle difficoltà economiche, il governo Cameron sta cercando di limitare le perdite del proprio consenso elettorale, con risultati modesti, sia in patria che all’estero. Per il premier sembra cruciale che il disegno della “Big Society”, propugnato nel corso della campagna elettorale che lo ha portato a Downing Street, trovi modalità di attuazione più efficaci. In ogni caso, le difficoltà di Cameron non sono troppo diverse da quelle che incontrano altri governi conservatori nel resto d’Europa.