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La Polonia come “ultimo baluardo”

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Le elezioni presidenziali in Polonia, che hanno visto la vittoria del candidato conservatore ed espressione del PiS Karol Nawrocki contro il liberale sindaco di Varsavia Rafal Trzaskowki, hanno provocato uno shock politico in una parte d’Europa. Diverse capitali, tra cui Berlino, Madrid, Parigi ed ovviamente Bruxelles, guardano al prossimo Presidente polacco con cautela a causa della sua visione euroscettica degli assetti UE ma soprattutto della volontà espressa di invertire la rotta del triangolo di Weimar che negli ultimi 2 anni e mezzo, ossia da quando il premier Tusk ha formato il proprio governo europeista nel 2023, ha trainato in maniera sostanziale e concreta l’Unione.

Il nuovo presidente Karol Nawrocki

 

DIVERGENZE, CONVERGENZE. Il neopresidente polacco ha manifestato chiaramente la propria visione sovranista, nazionalista, euroscettica e conservatrice su diversi temi, tra cui addirittura l’adesione dell’Ucraina all’UE e alla NATO, pilastro sino ad oggi dell’agenda del governo Tusk. Lo stesso vale per temi come migrazione, diritti sociali e civili, transizione ecologica e stato di diritto. Il premier Tusk avrà ora il compito molto difficile di mandare avanti la propria agenda di governo in una situazione di coabitazione ancora più difficile rispetto a quella con il Presidente uscente Duda, dovuta all’avvicinarsi delle elezioni politiche nel 2027 ed al potere di veto presidenziale che impedirà a Tusk di avanzare qualsiasi riforma e proposta di legge.

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Tuttavia, esistono due temi dell’agenda nel nuovo presidente su cui è possibile un dialogo con il premier Tusk: la Russia rimane principale minaccia; per questo, la Polonia, come l’Europa, dovrà accelerare il rafforzamento della propria architettura di sicurezza e difesa. Un vaso di pandora, sigillato diligentemente e consapevolmente da lungo tempo, scoperchiato dall’invasione russa dell’Ucraina e scaraventato via dalla visione della seconda presidenza Trump circa l’assetto securitario delle relazioni transatlantiche a cui eravamo abituati ed il futuro della sicurezza e della difesa europee senza Stati Uniti.

Trattasi di un tema che per decenni è stato volontariamente evitato, per miopia politica, per cultura storica nazionale delle 27 capitali, per incapacità di reazione e per gli evidenti limiti economici di investimento. La presentazione da parte di Ursula von der Leyen del piano “Rearm Europe”, trasformato coscienziosamente in “Readiness 2030”, da un lato ha calmato il panico politico scatenatosi all’indomani delle dichiarazioni americane circa il disimpegno verso Kiev, e quindi verso Bruxelles — panico dovuto alla consapevolezza della frammentazione e della dipendenza europee da attori esterni. Dall’altro, ha acuito le divisioni tra gli Stati membri, facendo riemergere le consuete differenze di visione tra le capitali europee, ma soprattutto evidenziando il divario tra i paesi in termini di investimenti nel settore militare, spese per la difesa, modernizzazione delle forze armate, investimenti nelle nuove tecnologie e rafforzamento delle capacità di difesa. Readiness 20230 prevede infatti un aumento delle spese in difesa dei paesi UE parte della NATO a 600 miliardi nel 2029, 400 miliardi in più rispetto al 2021; un aumento finanziato dal debito, cosa che è subito diventata motivo di ulteriore spaccatura.

 

UNA SPINTA IN PIÙ. Come ha recentemente scritto Nicu Popescu, fellow di ECFR e già vicepremier moldavo, l’Europa ha dovuto accettare di vivere in un nuovo contesto ibrido, tra pace e guerra, stretta fra l’invasione russa a est, il conflitto tra Israele e Gaza a sud e l’instabilità del fronte meridionale.

Come sempre accade quando l’UE viene colpita da crisi esistenziali, il motore franco-tedesco tende a emergere come traino dei processi decisionali. Questo trend è stato confermato, nonostante una lunga paralisi tedesca e l’indebolimento politico del presidente francese Emmanuel Macron, nei primi mesi del 2025. Se sommiamo la revisione dei criteri sul debito da parte tedesca e la discussione francese sul tema della deterrenza nucleare, i passi del duo carolingio sono stati importanti per il futuro della difesa europea.

 

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Tuttavia, sin dall’invasione russa dell’Ucraina, un terzo attore europeo, la Polonia, ha assunto un ruolo chiave, rafforzato dalle elezioni politiche del 2023 e dalla recente presidenza di turno dell’Unione Europea. Un ruolo allineato alla visione franco-tedesca della difesa europea, con l’eccezione del possibile invio di truppe in Ucraina — con un no polacco dettato dalla necessità di garantire una propria capacità interna di difesa e riflesso della particolare prossimità di Varsavia al fronte dello scontro con Mosca. Il neo-eletto presidente polacco dovrebbe dunque confermare il sostegno a tale visione.

 

L’AVANGUARDIA DI VARSAVIA. Per comprendere il ruolo odierno della Polonia nel dibattito sul futuro della nuova difesa europea, basta guardare al motto della presidenza polacca, “Security, Europe!” emblema di un processo avviato in Polonia ben prima del febbraio del 2022.

Il tema della sicurezza viene oggi declinato da Varsavia attraverso tre principali componenti, tra cui spicca quella della sicurezza esterna, da realizzarsi attraverso l’aumento della spesa militare; il rafforzamento dell’industria della difesa e la soluzione delle lacune nelle capacità di difesa. Inoltre, secondo Varsavia, il ripensamento radicale dell’assetto europeo della difesa non può avvenire senza la NATO e senza la cooperazione con Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Corea e altri partner.

 

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La Polonia di oggi considera come principali minacce e sfide alla propria sicurezza – sia come Stato che come membro della NATO e dell’UE – il rafforzamento dei legami militari ed economici tra Cina e Russia, accanto al crescente disimpegno degli Stati Uniti dagli affari europei, e non solo in ambito securitario, a favore dell’Indo-Pacifico. Sottolineando l’importanza dei porti baltici per l’energia, il commercio globale e la fornitura di armi verso l’Ucraina, Varsavia pone poi attenzione all’esposizione verso le minacce ibride russe, oltre che alla competizione per la supremazia nello spazio cibernetico.

La Polonia aveva già avviato nel 2016 una revisione ufficiale della propria strategia di difesa, grazie a un processo basato sul coinvolgimento non solo del settore militare ma anche della comunità polacca di analisti, stakeholder ed esperti del tema. Nel 2022, all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina — considerata dalla Polonia la più grande sfida securitaria per il paese dalla fine dell’Unione Sovietica — Varsavia ha sviluppato un ulteriore processo di ripensamento del proprio assetto di sicurezza.

Il paese ha delineato uno scenario strategico che vede la Russia come forza fortemente destabilizzante, impegnata nel continuo ammodernamento delle proprie forze armate, capace di porre future minacce a Stati membri della NATO e dell’UE e potenzialmente in grado di innescare conflitti tesi a destabilizzare l’Occidente. Secondo Varsavia, in questo scenario, Ucraina, Bielorussia, Transnistria e Moldavia, Caucaso meridionale, ma anche Nord Africa e Sahel, costituiscono per Mosca pedine possibili per creare destabilizzazione.

Una parata militare a Varsavia con forze armate polacche, NATO e UE

 

INDUSTRIA, COOPERAZIONE, TECNOLOGIA. Nel contesto del nuovo piano europeo di difesa, la Polonia vede come priorità l’aumento della spesa e degli investimenti nell’industria nazionale, il ruolo della cooperazione regionale, la cybersecurity e le tecnologie avanzate con applicazioni militari.

Partendo dal primo punto, il rapporto sullo stato della difesa pubblicato il 31 dicembre del 2024, mostra come Varsavia abbia aumentato in maniera radicale le spese in questo settore. Nel 2024 sono stati stanziati oltre 153 miliardi di zloty per la difesa, pari a circa 35 miliardi di euro, ossia più del 4% del PIL polacco. Nel 2025, è previsto che la spesa per la difesa raggiunga 186,6 miliardi di zloty, pari a circa 43 miliardi di euro, con un livello pari al 4,7% del PIL. Si tratta di un aumento del 60% rispetto al 2023 e più di 2,5 volte superiore ai livelli del 2022.

 

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La sfida è la modernizzazione dell’esercito polacco, non solo attraverso la stipula di nuovi contratti, ma anche mediante l’adozione di tecnologie e di sistemi avanzati, tra cui droni, sistemi missilistici, elicotteri, navi e jet da combattimento, con l’obiettivo di dotarsi in pochi anni del sistema di difesa aerea multilivello più avanzato d’Europa. Peraltro, non si tratta solo di ammodernamento: nel 2024, le forze armate polacche hanno raggiunto le 208.000 unità, diventando il terzo esercito all’interno del gruppo NATO; a questo si aggiunge l’aumento dei corpi volontari, portati a 40.000 unità.

Per quanto riguarda la cooperazione regionale, la Polonia sta lavorando per migliorare la propria posizione all’interno delle alleanze e per rafforzare le relazioni con i partner internazionali. L’Iniziativa dei Tre Mari, la promozione della sicurezza nel Baltico (con esercitazioni congiunte con la NATO), la cooperazione politica all’interno del Triangolo di Weimar e del gruppo di Visegrad costituiscono elementi di questo ruolo di Varsavia. Il piano Eastshield, strategia pluriennale finalizzata a integrare le difese polacche con quelle baltiche, è un ambizioso progetto per rafforzare le capacità di difesa sul fronte orientale dell’Europa.

La sicurezza marittima è una priorità fra le priorità. Riconoscendo l’importanza del Baltico per la stabilità nazionale e regionale, Varsavia sta investendo significativamente nelle infrastrutture costiere, con centrali eoliche, impianti nucleari e terminal energetici. Per Varsavia, risulta essenziale anche proteggere infrastrutture critiche come il Baltic Pipe (gasdotto proveniente dalla Norvegia), coordinando strettamente guardie di frontiera, forze armate e altre agenzie. Sono in fase di studio nuove strutture per rafforzare le capacità di contrasto attraverso la cooperazione nella NATO e con i Baltici, con attività di information sharing fra forze dell’ordine, intelligence e autorità marittime. A livello UE, la Polonia promuove l’adozione di misure di resilienza, in particolare a supporto della Danimarca o dei piccoli Stati baltici che mancano di risorse marittime.

Viene prima di tutto ciò, naturalmente, Il sostegno militare, politico, umanitario e sociale all’Ucraina, pari a oggi a 4,5 miliardi di euro di cui 3,3 in attrezzature militari. Vi si affianca l’intensità della campagna tecnologica contro la disinformazione, in un paese che secondo dati pubblicati dal World Economic Forum e da EUvsDisinfo Lab, ha subito circa 1430 campagne di disinformazione negli ultimi 10 anni. Lo sforzo tecnologico di Varsavia include, oltre agli sviluppi dell’IA applicati al settore sicurezza e difesa, anche nuovi investimenti nel settore spaziale, con l’istituzione dell’Agenzia per i Servizi satellitari e di Intelligence geospaziale e un’apertura verso il nucleare.

Un’immagine della barriera che la Polonia sta costruendo al confine con la Bulgaria

 

LA CONSAPEVOLEZZA DELL’ULTIMO BALUARDO. Gli Stati Uniti rimangono ovviamente il partner primario della strategia di difesa polacca. La Polonia non può concepire una relazione transatlantica meno solida, o anche solo rapporti bilaterali ridimensionati. Gli Stati Uniti rimangono interlocutori chiave dello Stato polacco, politicamente, economicamente e militarmente.

L’accordo del 31 marzo 2025 – due miliardi di dollari per sistemi di difesa aerea e logistica, oltre che per l’equipaggiamento dell’esercito polacco – costituisce solo l’ultimo tassello della partnership strategica tra Polonia e Stati Uniti; una partnership non oscurata per ora dal cambio di rotta nelle relazioni transatlantiche. Tra gli esempi più visibili di tale rapporto vi sono i circa 10.000 membri del personale militare americano dislocati in Polonia: si vedrà quanto siano fondati i timori di un possibile ritiro di Washington. Gli investimenti americani nel paese ammontano a circa 20 miliardi di dollari, e negli ultimi cinque anni gli Stati Uniti hanno destinato quasi 35 milioni di dollari in assistenza per la sicurezza polacca.

Resta il fatto che – in un quadro strategico dominato dall’incertezza sulle scelte della nuova amministrazione americana e sui rapporti fra Washington e Mosca, e plasmato dall’aggressione russa all’Ucraina – Varsavia si sente particolarmente esposta. La percezione è di essere una sorta di ultimo baluardo orientale, assieme ai Baltici e agli stati confinanti con l’Ucraina, rispetto all’espansione militare potenziale della Russia di Putin.

 

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Per questo Varsavia punta con la decisione che abbiamo descritto a rafforzare la propria sicurezza e a concepirla come parte di una capacità di dissuasione europea che non potrà più essere interamente delegata agli Stati Uniti.

La Polonia, anche sulla base delle lezioni della storia, intende evitare di trovarsi del tutto impreparata a una guerra. E certamente non vuole diventare, nelle parole di Tusk, il prossimo obiettivo dopo Kiev sul menù di Mosca. Prepararsi alla guerra, secondo il vecchio motto, è il modo in cui Varsavia cerca di scongiurarla.