Non più tardi di un mese fa, proprio dalle colonne di Aspenia online, era stato il professor Frank Schorkopf a prevederlo. “D’ora in poi non credo sia sufficiente una mera intesa tra governo federale e commissione bilancio del Bundestag per dare il via libera a nuovi programmi di aiuto”. E, in effetti, così è stato. La delibera del Consiglio europeo di mercoledì in ordine alle (ennesime) modifiche da operare al fondo di stabilizzazione finanziaria (EFSF) potrà avvenire solo dopo il voto del plenum del parlamento tedesco. Fino a domenica scorsa sembrava, invece, che l’esecutivo dovesse riuscire nell’intento di ottenere l’autorizzazione attraverso una semplice delibera dell’Haushaltsausschuss, la commissione bilancio. È stato Volker Kauder, capogruppo dell’unione CDU/CSU, ad annunciare ieri mattina alla stampa che, dopo le pressioni dell’opposizione rosso-verde, i piani erano improvvisamente cambiati. Nemmeno i colleghi dell’FDP erano stati messi al corrente della decisione, presa di concerto con la cancelleria.
E così, neanche un mese dopo il sofferto via libera alle modifiche decise il 21 luglio dall’asse franco-tedesco, la signora Merkel dovrà tornare a confrontarsi con le forche caudine del Reichstag. Ad oggi sono però in molti a chiedersi, anche nelle file della maggioranza, per quale ragione un voto della commissione parlamentare competente non sia sufficiente a garantire un adeguato standard democratico, così come previsto dalla Corte costituzionale nella sua sentenza del 7 settembre. Peter Altmaier, uomo fidato della cancelliera, è scettico: “A livello giuridico un voto della commissione sarebbe bastato”, ha chiarito. Altrettanto misteriose rimangono le linee guida sulle quali i parlamentari saranno chiamati ad esprimersi.
Attualmente la spiegazione più gettonata dai media tedeschi ha a che fare con la cosiddetta Hebelwirkung, ossia l’effetto-leva finanziaria di cui dovrebbe essere dotato il fondo attualmente retto dal tedesco Klaus Regling. Il rischio è che, con le nuove modifiche, le potenziali perdite per la Germania siano destinate a superare quota 211 miliardi, il totale delle garanzie fissato come limite a settembre. Fino a ieri non esisteva comunque alcun articolato del quale poter concretamente discutere, né il portavoce della cancelliera, Steffen Seibert, è stato in grado di chiarire quando i deputati potranno ottenerne una copia. Il paradosso, ci spiegano fonti del Bundestag, è che per l’ennesima volta sarà il governo stesso a predisporre la bozza di (auto)-autorizzazione e non il parlamento tramite i singoli gruppi parlamentari.
Sia come sia, mercoledì mattina si ripeteranno le scene già viste il 29 settembre scorso. La signora Merkel riferirà in parlamento, il Bundestag voterà per chiamata nominale e la maggioranza giallo-nera dovrà mostrare di potercela fare da sola, senza la stampella dell’opposizione. Opposizione che, come anticipato, è essa stessa all’origine del cambio di programma. Di appena una settimana fa è infatti la notizia che un’indagine realizzata dal centro-studi del Bundestag su incarico del deputato socialdemocratico Swen Schulz dimostrerebbe l’incostituzionalità delle deliberazioni della sola commissione bilancio per particolari decisioni concernenti il fondo EFSF. Insomma, il meccanismo che presiede a questa incessante navette di modifiche e leggi di autorizzazione rischia di incepparsi e con esso il rapporto di fiducia tra parlamento e governo.