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Il ponte sullo Stretto di Kerch e gli equilibri geopolitici Russia-Ucraina

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Gli ingegneri russi hanno portato a termine ormai da alcune settimane un passaggio chiave nella costruzione del ponte sullo stretto di Kerch, la struttura che collegherà per via stradale e ferroviaria la penisola di Crimea alla Russia. Un’arcata da 6.000 tonnellate, a 35 metri sopra il livello del mare, è stata infatti definitivamente posata e costituirà l’elemento cardinale di un’opera che dovrebbe essere inaugurata nella primavera del 2019 (le automobili cominceranno a circolare già dal dicembre 2018). Un’opera ingegneristica che chiuderà il cerchio del progetto geopolitico perseguito da Mosca nell’area.

Esteso per 19 chilometri e frutto di un investimento da 228 miliardi di rubli (3,5 miliardi di euro), il ponte permetterà infatti alla Russia di tagliare fuori, in maniera definitiva, l’Ucraina dai collegamenti regionali, riducendo il Mar d’Azov a una sorta di lago sotto il completo controllo russo. In tal modo si sottrae la Crimea alla dipendenza commerciale ucraina, cui è oggi ancora parzialmente legata.

La costruzione del ponte costituisce un elemento determinante nella battaglia che Russia ed Ucraina combattono ormai dal 2014 e il cui fronte più caldo, quello del Donbass nella parte orientale del paese, continua a rimanere aperto. Nelle regioni di Donetsk, Lugansk e Kharkiv (che ne fanno parte) sono ad oggi impegnati nelle operazioni militari contro i separatisti russi oltre 60.000 soldati ucraini, per un conflitto che in tre anni e mezzo ha registrato, complessivamente, la morte di oltre 10.000 fra civili e combattenti.

La Crimea, occupata nel Marzo 2014 dalle truppe militari comandate dal Cremlino e tuttora riconosciuta internazionalmente come territorio facente capo a Kiev, è raggiungibile al momento dalla Russia solo per via aerea o per mezzo dei traghetti che, quando le condizioni atmosferiche lo consentono, fanno la spola tra Kerch e la penisola di Taman. La nuova struttura sullo stretto, dunque, oltre che a dare un forte segnale geopolitico, servirà a ribaltare gli equilibri economici della regione, aprendo un nuovo grande mercato per i prodotti provenienti da Sebastopoli, e facilitando l’accesso ai tanti turisti russi che potranno ora raggiungere senza problemi una delle mete di villeggiatura più amate dell’Est Europa.

“Ci volevano i russi per costruire questo ponte, l’ho sempre detto io – racconta Oleksandr Kovalets, un grossista di frutta e verdura di Simferopoli, il cuore amministrativo della regione – ci hanno  provato per anni a metterlo su, ma non si è mai riusciti, dicevano che era impossibile. Ma la politica e i soldi possono tutto! D’altronde per noi non ci sono alternative. Le vie d’accesso all’Ucraina sono diventate difficili, spesso le nostre merci vengono bloccate, respinte, e d’altra parte non ce la facciamo a mandare tutto in Russia per via aerea. Qui abbiamo vino, pesce, e le migliori pesche del mondo, ma in questo momento ci capita spesso di buttare via la roba, perché non abbiamo come trasportarla: il ponte sullo Stretto di Kerch cambierà tutto per noi.”

Non è certo un’impresa facile, dal punto di vista tecnico, quella di costruire una struttura di questa portata in un’area nota per la sua tortuosa configurazione geologica e funestata da una costante attività sismica. Il fondo marino dello Stretto di Kerch è composto da sedimentazioni sabbiose che si spingono sino a 60 metri di profondità e che rendono particolarmente ardita l’impresa di stabilizzazione dei piloni. Inoltre, le acque in inverno si congelano in superficie e rendono ancora più complessa la sfida ingegneristica.

Il cantiere del ponte sullo Stretto di Kerch

 

Vladimir Putin ha deciso di affidare una delle commesse più gigantesche della storia russa alla  Stroygazmontazh, la più nota e fiorente impresa di costruzioni del paese. Al suo vertice vi è Arkady Rotenberg, amico storico del presidente, con cui si conoscono sin da bambini e con il quale condivide la sfrenata passione per il judo. È in gran parte grazie ai continui assegni in arrivo da Mosca per la costruzione di opere pubbliche che Rotenberg, sessantatré anni, ha messo insieme un patrimonio personale che si stima intorno ai due miliardi e mezzo di dollari. La sua società, d’altronde, è presenta quasi ovunque ci sia da costruire con il denaro pubblico : dalle scuole ai gasdotti, dalle autostrade ai palazzetti dello sport, sino alle stazioni ferroviarie e agli hangar degli aeroporti. Nel 2015 la Stroygazmontazh ha sottoscritto accordi con il Kremlino per commesse che sfiorano la cifra di 10 miliardi di dollari. “Non è soltanto una questione di soldi – ha dichiarato lo stesso Rotenberg, recentemente, in un’intervista rilasciata alla televisione di stato russa – perché vorrei che la realizzazione di questo ponte significasse qualcosa di importante per le nuove generazioni, per la loro libertà di movimento”.

La costruzione del ponte sullo Stretto di Kerch, quando sarà completata, segnerà l’atto finale di un progetto che affonda le sue radici addirittura alla fine del XIX secolo, quando un consorzio britannico, lavorando all’idea di un collegamento ferroviario Londra – Nuova Delhi, individuò la Crimea, e il Mar d’Azov, come punto di passaggio cruciale. Saranno poi Vladimir Lenin nel 1920 e Josip Stalin nel 1930, durante il processo di bolscevizzazione e industrializzazione seguito alla Rivoluzione del 1917, a perseguire, ma senza successo, l’idea di un ponte che collegasse la Crimea alla Penisola di Taman. Stessa sorte colpirà il progetto nazista di costruzione di un collegamento fra le due sponde dell’Azov, nel 1942, fermato dall’avanzata dell’Armata Rossa. Nei decenni successivi al termine della Seconda Guerra Mondiale sono stati molti i tentativi sovietici di realizzare un’opera che congiungesse le due penisole, sempre però abortiti a causa degli eccessivi costi di costruzione e delle complicate condizioni geologiche e climatiche.

Per molti, la costruzione del ponte sullo stretto di Kerch resta soprattutto un atto di forza dal significato puramente politico. L’intenzione di Vladimir Putin, a pochi mesi dalle elezioni presidenziali di Marzo 2018, è infatti quella di conquistare, anche attraverso l’opera, l’appoggio definitivo di tutte le popolazioni locali dell’area (non soltanto i russi, ma anche i tatari, gli armeni, gli stessi ucraini), più interessate alla ripresa economica che al dibattito nazionalista. D’altronde, è chiaro a tutti come la spesa sostenuta dal Cremlino per la realizzazione del ponte sia impossibile da giustificare sul piano dell’investimento puramente economico. “Per realizzare il ponte di Kerch –  dichiara un professore di economia a San Pietroburgo, che preferisce rimanere anonimo – abbiamo bloccato tutte le altre opere in corso di costruzione in Russia. Perché? Non ci sono più soldi. Sarebbe bastato incrementare i traghetti e gli aerei, però è chiaro che in quel modo non ci sarebbe stato un ritorno di immagine che è invece fondamentale per gli interessi strategici del nostro presidente”.

La reazione ucraina al completamento del ponte è ancora tutta da verificare. Oltre all’incremento della forza navale da posizionare nei porti di Mariupol e Berdyansk per contrastare, di concerto con la Nato, la presenza russa nell’area, si sta infatti ragionando su un’altra misura ingegneristica. Si tratta dell’ipotesi di costruire un canale lungo 120 chilometri, il cosiddetto Canale di Syvash, che taglierebbe in due l’istmo di Perekop, vale a dire il collegamento terrestre fra Ucraina e Crimea ad oggi controllato dalle forze dell’esercito ucraino, garantendo un accesso marino diretto ai più importanti approdi navali militari di Kiev.

Una soluzione sul tavolo, ma che al momento appare difficile in considerazione delle disastrose condizioni finanziarie in cui versa l’Ucraina: il paese è sfiancato economicamente da un conflitto, quello nel Donbass appunto, che ha rallentato in maniera strutturale il processo di crescita  e lo sviluppo socioeconomico. Una situazione che rischia di lasciare l’Ucraina in un limbo senza vie d’uscita – geopolitiche e infrastrutturali.