international analysis and commentary

Oppioidi, una crisi senza fine?

1,070

La crisi degli oppioidi rappresenta per gli Stati Uniti la più grave emergenza di salute pubblica dal secondo dopoguerra. In base a quanto riportato dal National Center for Health Statistics, ogni settimana più di 1500 persone perdono la vita per overdose di farmaci oppiacei e il totale dei decessi attribuibili alla droga ha superato i 100mila nel 2022. Più dell’80% sono attribuibili al consumo di fentanyl, che rappresenta la prima causa di morte tra i 18 e i 49 anni.

 

Le conseguenze dell’epidemia di oppioidi sono anche di carattere economico e sociale: il Joint Economic Committee del Congresso stima complessivamente un costo pari a 7 punti percentuali di PIL per le conseguenze dell’emergenza sanitaria, un terzo in più del 2017 e nonostante gli sforzi profusi i dati sono in peggioramento. L’impatto sul mercato del lavoro è ancora più grande, se si considera che secondo il National Bureau of Economic Research. il 20% dei 6,3 milioni di occupati in meno rispetto agli anni pre-pandemia è imputabile al consumo di oppiacei. Quanto agli aspetti etnici, se in origine più del 70% delle morti per overdose riguardava maschi non ispanici, oggi sono in aumento i decessi tra afroamericani attribuibili a mix di sostanze, tra cui il fentanyl, che viene mescolato a stimolanti tradizionali come cocaina e metanfetamine.

Tra le aree più colpite degli Stati Uniti figurano la costa est, il Midwest e gli Appalachi, con una predilezione per le aree urbane rispetto alle comunità rurali. L’epicentro della crisi comprende quindi sia gli Stati simbolo del disagio americano, come Ohio e West Virginia, che i più ricchi e densamente popolati del New England. Le morti per overdosi da oppiacei variano in base all’età e risultano più frequenti nelle fasce 20-39 e 40-59 anni. Circa l’80% dei decessi riguarda la popolazione bianca e gli uomini presentano un rischio più elevato rispetto alle donne. Inoltre, è stato dimostrato come un basso status socioeconomico sia direttamente correlato al consumo fatale di oppiacei. In tal senso il più importante studio sulle disuguaglianze di mortalità negli Stati Uniti ha evidenziato come disabilità, mancanza di un’occupazione, basso livello di istruzione, difficoltà abitative, assenza di un’assicurazione sanitaria e povertà economica siano fattori associati ad un elevato rischio di overdose fatale.

 

L’evoluzione del traffico di oppioidi

Il fenomeno della crisi degli oppioidi nasce in parte dalla sovra prescrizione di analgesici come l’ossicodone negli anni ’90 e 2000 da parte dei medici americani. Nel tempo, il ricorso su larga scala agli analgesici narcotici si è progressivamente affermato come la soluzione per il trattamento di patologie croniche e acute, nonostante i crescenti dubbi sui rischi per i pazienti di sviluppare una forte dipendenza.

A partire dal 2010, le dinamiche del narcotraffico internazionale hanno portato ad una graduale sostituzione dell’eroina prodotta dai tradizionali papaveri con gli oppioidi sintetici, più economici da sintetizzare in laboratorio. Nel caso degli Stati Uniti, questo passaggio è stato favorito dall’estrema facilità con cui ampi strati della popolazione avevano abitualmente accesso agli antidolorifici, con la conseguenza che l’uso di fentanyl si è rapidamente affermato tra i consumatori di droga, sia da solo che in mix con altre sostanze.

Il fentanyl in particolare è un oppioide sintetico 30 volte più potente dell’eroina, sviluppato negli anni ’60 e tuttora disponibile come potente analgesico. Nel corso degli anni sono state create più di 150 sostanze analoghe prive di un uso clinico. La sua diffusione negli Stati Uniti porta con sé profonde implicazioni di natura politica nei rapporti con Cina e Messico, i due paesi in cui ha preso vita una vera e propria catena del valore degli oppioidi sintetici, in grado di resistere ai numerosi tentativi di contrasto delle autorità americane.

In una prima fase, la gran parte del fentanyl e degli analoghi venduti negli Stati Uniti veniva creata dalle industrie farmaceutiche cinesi e in seguito importata direttamente negli USA da intermediari legati al narcotraffico. Questo metodo di diffusione, che prescindeva dalla triangolazione con il Messico, era favorito dall’assetto regolatorio di Pechino non ostile ai produttori di oppioidi sintetici. All’esito di una lunga trattativa conclusa nel 2019, la Cina ha accettato di inserire il fentanyl nella lista delle sostanze vietate, avviando un’azione repressiva nei confronti dei produttori della droga e causando un crollo immediato delle esportazioni verso gli Stati Uniti.

Per tutta risposta, i trafficanti hanno orientato la produzione domestica verso i precursori chimici del fentanyl, sostanze necessarie per sintetizzare lo stupefacente, che vengono create da una rete di centinaia di piccole imprese farmaceutiche cinesi, appartenenti al cartello Zeng, e successivamente messe in vendita su internet per essere spedite oltreoceano. Ogni qual volta le autorità cinesi inseriscono un precursore nella lista degli stupefacenti, i produttori eludono i divieti modificando le formule chimiche o ricorrendo ai cosiddetti pre-precursori. In questo caso si tratta di sostanze di per sé legali, difficili da regolare, che non necessitano di particolari accorgimenti per l’esportazione.

Questo sistema ha permesso ai cartelli di Sinaloa e Jalisco di stabilire un vero e proprio hub degli oppioidi sintetici nel paese centroamericano grazie anche ai broker cinesi presenti sul posto. I porti più importanti della costa ovest del Messico come la città di Manzanillo sono oggi l’approdo principale dei precursori chimici provenienti dalla Cina, che vengono successivamente trasformati dai narcos nel prodotto finito. Una volta sintetizzato, il fentanyl viene contrabbandato negli Stati Uniti lungo il confine da un esercito di corrieri pressoché impossibile da fermare. Secondo un report del 2020 commissionato dalla DEA, il fenomeno ha ormai assunto i connotati di un’operazione globale, che ha ulteriormente esacerbato il traffico di droga verso gli USA con l’inserimento di nuovi paesi come l’India nella catena del valore degli oppioidi.

 

La dimensione economica

Il traffico di fentanyl presenta una peculiare dimensione economica, legata alla nascita e al perfezionamento di un complesso meccanismo di riciclaggio del denaro sporco. A differenza di altre sostanze stupefacenti, la complessa catena del valore degli oppioidi che comprende Cina, Messico e Stati Uniti ha permesso alle organizzazioni criminali di ricorrere ad avanzati strumenti digitali per l’occultamento e il reimpiego di un flusso di risorse economiche senza eguali. Sin dal febbraio del 2020, il Dipartimento di Stato USA ha indicato proprio in questi flussi illegali di denaro una delle maggiori vulnerabilità del sistema finanziario americano.

Il principale sistema per il riciclaggio di denaro si basa sul ricorso a swap in valuta da parte dei cartelli della droga, con la complicità degli istituti di credito in Cina. Attraverso una tecnica di “transazioni speculari”, intermediari cinesi attivi sul suolo americano sono in grado di ricevere i proventi del narcotraffico in dollari e contemporaneamente effettuare versamenti in renimbi sui conti di banche estere. Broker specializzati si occupano infine di far pervenire il denaro ai beneficiari finali messicani. In questo modo i narcos arrivano a detenere in conti esteri miliardi di asset in yuan che sono successivamente reinvestiti in Cina nell’acquisto di altra droga o rimandati in Messico per alimentare le attività criminali, come dimostrato da un report della Reuters.

Il meccanismo qui descritto si basa sul ricorso ad avanzati sistemi di crittografia e comunicazione, in grado di occultare buona parte delle transazioni effettuate, ma sfrutta anche una estesa rete di collusioni diffuse ad ogni livello nelle istituzioni finanziarie cinesi e messicane. Per facilitare i trasferimenti di denaro i cartelli della droga ricorrono anche ad app di messaggistica cinesi come Wechat e sfruttano i pagamenti virtuali con criptovalute tipo Bitcoin ed Ethereum.

 

Nuove misure di contrasto

Le peculiarità del traffico di oppioidi sintetici hanno richiesto una comprensione sempre più approfondita del fenomeno da parte degli apparati statunitensi. In particolare, le misure di contrasto al fentanyl si sono evolute nel tempo distanziandosi dalla tradizionale lotta alla droga, in ragione della complessità e della portata del problema. La strategia degli USA si basa su un approccio “su più fronti”, come descritto in un’audizione al Congresso da Rahul Gupta, Direttore dell’Office of National Drug Control Policy. Accanto ai tradizionali sforzi mirati ad intensificare la collaborazione con il governo messicano nella lotta ai cartelli, gli Stati Uniti hanno fatto ricorso anche a strumenti di coercizione economica contro individui ed entità coinvolti nella produzione di fentanyl e dei suoi precursori.

Dal 2018 ad oggi, le agenzie federali hanno sottoposto ad indagine decine di soggetti di nazionalità cinese coinvolti nel traffico degli oppioidi sintetici. Il ricorso alle sanzioni in particolare rappresenta la nuova frontiera di contrasto alla criminalità organizzata. Se in precedenza il governo americano si è limitato a fornire al Messico assistenza militare nella lotta ai cartelli, oggi l’OFAC sfrutta le ramificazioni economiche dei gruppi criminali per imporre restrizioni finanziarie specificamente concepite contro i narcotrafficanti.

In una prima fase, tramite il Kingpin Act, il Dipartimento del Tesoro ha disposto il congelamento dei beni nei confronti del narcotrafficante cinese Taotao Zhang. Nel triennio 2018-2021 sono stati più di venti gli individui ed entità sanzionati dall’OFAC per i legami con la malavita organizzata di Pechino. Lo sforzo delle agenzie federali è culminato nell’ottobre 2023 l’adozione di un nuovo “pacchetto” di sanzioni a margine dell’incontro da Xi e Biden, nei confronti di 25 tra soggetti e imprese operanti nella produzione di precursori del fentanyl e nel riciclaggio dei proventi illeciti.

Il ricorso a misure di coercizione economica si sta affermando come uno dei metodi più avanzati per colpire l’intricata struttura finanziaria alla base del traffico di oppioidi sintetici. Nel caso del Kingpin Act, la sua efficacia è rafforzata dai poteri attribuiti al Dipartimento del Tesoro e all’OFAC per l’adozione di sanzioni secondarie nei confronti di individui ed entità che forniscono sostegno o assistenza ai trafficanti presenti nell’elenco. Ciò permette di estendere le misure di congelamento dei beni anche ai soggetti specializzati nell’elusione delle restrizioni, ma non coinvolti direttamente nelle attività illecite.

Le sanzioni finanziarie hanno anche una precisa finalità di deterrenza nei confronti del sistema bancario cinese. L’obiettivo principale è costringere gli istituti di credito compiacenti ad abbandonare schemi di riciclaggio consolidati, che coinvolgono soggetti sanzionati. Il rischio di sanzioni secondarie dovrebbe così incoraggiare il rispetto dei modelli di compliance occidentali particolarmente attenti all’elusione delle restrizioni. La pressione esercitata sulle banche cinesi è destinata a crescere man mano che gli elenchi del Kingpin Act si arricchiranno di nuovi individui ed entità listati. Il Dipartimento del Tesoro potrà così porre gli istituti di credito davanti un bivio: in caso di mancata collaborazione con le autorità americane, l’OFAC potrà irrogare multe sino a dieci milioni di dollari e come extrema ratio impedirne l’accesso ai mercati finanziari statunitensi.

 

Il futuro della lotta al narcotraffico

L’incontro tra Biden e Xi del 15 novembre ha rappresentato la prima occasione per riannodare i fili della cooperazione tra Stati Uniti e Cina nella lotta al fentanyl. La rimozione dell’Institute of Forensic Science dagli elenchi dell’OFAC è una prima concessione di Washington a Pechino, a cui dovrà seguire una azione repressiva duratura contro i produttori dei precursori. Solo in presenza di risultati tangibili potranno dispiegarsi pienamente gli effetti della nuova collaborazione che muove i primi passi dopo anni di grande frizione. In tal senso, si leggono gli apprezzamenti della Casa Bianca per i primi provvedimenti adottati dalle autorità cinesi contro i fornitori di droghe sintetiche a margine del vertice APEC. La costituzione di un gruppo di lavoro congiunto tra i due paesi per lo scambio di informazioni è un ulteriore passo in questa direzione.

Quanto al ricorso a sanzioni finanziarie, le restrizioni potrebbero essere interpretate come una misura unilaterale in grado di compromettere equilibri politici già instabili e Washington sarà presto costretta a scegliere. Per quanto potrà dare fiducia a Pechino, attore principale di questa difficile partita, concedendo il tempo necessario alle agenzie cinesi per colpire le piccole fabbriche di precursori, mentre il fentanyl continua a mietere vittime oltreoceano?

A tale proposito, le elezioni presidenziali del 2024 saranno il campo di prova per due soluzioni opposte al problema. Se il modello scelto dei democratici prevede il ricorso a misure unilaterali solo in caso di fallimento della cooperazione con la Cina, i repubblicani hanno chiesto a più riprese una politica decisamente aggressiva di contrasto ai trafficanti. Nel programma di Trump è previsto persino il blocco navale per impedire l’arrivo dei precursori nella costa Ovest, con contestuale intervento militare in Messico contro i cartelli. Anche voci autorevoli come William Bar sostengono da tempo la necessità di inserire i narcos nella lista delle organizzazioni terroristiche, eventualità che cambierebbe radicalmente le regole di ingaggio.

In questo contesto così confuso anche il Messico si prepara ad andare ad elezioni, ed è alquanto inverosimile che il futuro Presidente acconsenta ad incursioni americane nel proprio territorio. Sin dall’inizio del suo mandato, Obrador si è opposto al prolungamento della guerra alla droga avviata sotto l’egida americana dal suo predecessore Vincente Fox e ha manifestato in più occasioni la sua contrarietà ad ingerenze di qualunque tipo. A differenza della Cina però, i legami economici con il Messico sono un formidabile strumento di pressione nell’epoca del reshoring.

L’approccio tradizionale, basato sulla repressione, potrebbe venire affiancato da programmi di sostegno economico, sfruttando il graduale spostamento delle catene del valore dall’Asia al Nord America. Instabilità politica e violenza dei narcos sono solo alcuni dei mali che affliggono il fragile stato messicano. La loro presenza a tutti i livelli della società minaccia gli investimenti esteri e complica i rapporti con Washington. Sorprende quindi in ultima analisi, che al bastone non si affianchi la carota.