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Luci e ombre sul bitcoin

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La storia finanziaria è piena di eventi negativi e di crisi. Se pensiamo alla natura, essa utilizza la crisi come strumento di attivazione di nuove strade evolutive: in questo modo le forme viventi inventano nuove strategie per creare nuove risorse.

Proprio seguendo una logica evolutiva, subito dopo una delle più grandi crisi finanziarie, quella del 2008, è nato prima come concetto e poi come applicazione il bitcoin, una criptovaluta, rappresentazione digitale di valore basata sulla crittografia.  Una tecnologia slegata – almeno idealmente – da logiche di profitto e tendente a quelle di mero strumento di scambio. Una valuta che grazie alla metodologia blockchain (registro condiviso e immutabile che facilita il processo di registrazione delle transazioni e di tracciamento di asset in una rete) e a tutti i suoi utilizzatori avrebbe permesso la sostituzione di vecchi paradigmi finanziari, creandone di nuovi. E che avrebbe messo al centro i suoi fruitori bypassando logiche legate agli stati e/o interventi dettati dalle banche centrali.

L’idea, per gli sviluppatori e sostenitori dei bitcoin, era quella di “democratizzare” la finanza, renderla più trasparente e fare in modo che fosse più snella e slegata da continue logiche opportunistiche. La finanza sia tradizionale che innovativa (fintech), riflette in parte la vita umana – ma ad una velocità e a ritmi imbarazzanti, inconcepibili per l’essere umano. Ed è un luogo dove tutto è possibile e dove la fantasia sempre più supera la realtà. E, anzi, la anticipa.

 

Ma l’intento dell’uomo quando inventò la moneta, circa 5000 anni fa, non era quello di creare un luogo delle menti quanto piuttosto di creare un sistema che tenesse conto dei bisogni delle persone e del modo in cui questi bisogni potevano essere soddisfatti, regolati e protetti. In Mesopotamia si usavano delle tavolette di argilla per registrare le compravendite di prodotti di uso agricolo come la lana e l’orzo. Nel Museo della Moneta della Banca d’Italia, si possono visionare alcune tavolette cuneiformi originarie. Una di queste si riferisce ad un prestito di argento databile al 1800 a.C. Nel relativo contratto, l’argento è preso in prestito da una donna di nome Amurritum. L’intento dei babilonesi non era quello di speculare, ma di difendere le proprie risorse e dare alle stesse un valore.

E allora, quanto vale 1 bitcoin? Un purista risponde sempre allo stesso modo: “Un bitcoin vale sempre e solo 1 bitcoin”. E qual è la differenza tra una tavoletta d’argilla e la blockchain? Dopo le tavolette, la storia ci ha consegnato monete vere e proprie, d’argento o d’oro; nella nostra epoca invece la maggior parte della moneta che circola è immateriale, una sorta di fiducia comune. Il totale investito ha raggiunto i 4 miliardi di dollari di raccolta, per la prima volta, nel 2021.

Nel 1532 la Spagna, grazie alla conquista delle terre appartenenti agli Inca, era riuscita ad immagazzinare circa 45.000 tonnellate d’argento e credeva di riuscire così a sopraffare il sistema monetario del mondo intero. La verità è che estrasse così tanto argento da farne precipitare il valore e si ritrovò più povera di prima perché “il valore di una moneta non è assoluto ma corrisponde a ciò che qualcun altro è disposto ad offrirti in cambio”.

Da qui può partire una riflessione su ciò che sta accadendo al mondo delle criptovalute, a cominciare dalla crescita esponenziale che hanno avuto negli ultimi anni. Crescita che non è legata ad una sorta di valore intrinseco come nel vecchio sistema aureo ma è stata offerta da una parte del mercato che gli ha attribuito la sua fiducia.

In cosa ha creduto quella parte del mercato? Nella tecnologia, i puristi. Nell’aumento di valore, i giovanissimi e alcuni hedge fund – vista la possibile inflazione prevista. In una sorta di nuovo cambio di paradigma, alcuni grandi fondi di Venture Capital, come ad esempio il gigante Andreessen Horowitz.

Ma vediamo un po’ di numeri. Il 2019 era stato un anno molto deludente per le “blockchain startup”. Gli investimenti in questo settore erano crollati del 36% rispetto all’anno precedente. E la “Crypto – Valley” era stata sussidiata dal governo svizzero per circa 100 milioni di dollari durante la pandemia del 2020. Una somma che, però, risultava essere ancora insufficiente a lasciare sopravvivere diverse startup. Nel 2021, e soprattutto nel secondo trimestre le blockchain startup hanno, invece, superato tutti i record.

 

Da dove nasce questa svolta? Secondo Chris Bendtsen, senior analyst di CB Insights, l’anno record di investimento su blockchain startup è stato guidato dalla crescente domanda di criptovalute da parte dei consumatori e anche delle istituzioni – visto in particolare l’ingresso di alcuni importanti governi nel settore, attraverso l’azione delle loro banche centrali per ideare criptovalute d Stato. Da un sondaggio di inizio anno della Banca dei regolamenti internazionali risulta che l’86% delle 65 banche centrali intervistate sia al lavoro su una criptovaluta di stato.

Di importante lettura sono anche i dati “geopolitici”. Nel 2015, il 51% delle operazioni di investimento era destinato a startup americane e solo il 2% a quelle cinesi. Nel 2020 gli investimenti negli Stati Uniti segnavano un calo di oltre il 30%, a differenza della Cina, dove crescevano del 22%. Ma nel 2021 sono state le startup fintech – e non solo blockchain – europee a farla da padrone con il 50% delle operazioni di Venture Capital a livello globale. Questo per via del crescente interesse degli investitori stranieri nel settore tecnologico in rapida crescita nel Vecchio Continente.

 

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Ma è tutto oro quel che luccica? Nonostante il mercato delle criptovalute abbia registrato record su record durante il periodo pandemico, il sogno che fu di Satoshi Nakamoto, l’inventore del bitcoin, se non è sfumato, dopo 12 anni, comunque non si è ancora realizzato.

L’industria finanziaria tradizionale, anche grazie alle politiche monetarie espansive, ha continuato a sopravvivere e prosperare, basti vedere l’andamento dei mercati finanziari globali. E più che uno strumento monetario il bitcoin e le altre criptovalute sembrano essere diventate un fenomeno altamente speculativo.

Un po’ di numeri ci potrebbero aiutare a comprendere meglio gli sviluppi in corso.

 

Il numero delle transazioni della blockchain, ovvero i bitcoin scambiati, non sono aumentati in maniera considerevole come invece successo con il prezzo dei bitcoin. Anzi, le transazioni ad oggi risultano essere inferiori anche al picco del 2018.

Altresì i numeri legati all’utilizzo del Lightning Network (un protocollo progettato per migliorare la scalabilità di bitcoin come strumento di pagamento che consente al bitcoin di effettuare transazioni istantanee con commissioni molto basse) risultano ancora essere marginali rispetto alle transazioni “classiche” sulla blockchain.

Di importante lettura è anche il grafico del numero di “wallets” bitcoin creati su una delle piattaforme blockchain più conosciute. I portafogli di criptovalute sembrano avere una tendenza di crescita stabile ma le transazioni non hanno seguito lo stesso andamento.

 

Questo fa intendere che chi acquista bitcoin non usa questa valuta come strumento di pagamento quanto invece come riserva di valore, investimento di lungo periodo e molto probabilmente come strumento per fare trading. Il bitcoin è, dunque prossimo alla morte? OItre 400 volte il bitcoin è stato dato per morto.

Ma c’è da chiedersi allora perché si continui a investire tanto su questa tecnologia. Le ipotesi sono due. La prima è che si scommette sul fatto che la tecnologia possa diventare sempre più efficiente e che i limiti strutturali possano essere colmati. Ad esempio da inizio anno, la rete del bitcoin ha consumato più energia di quella consumata nel 2020 (67 TWh). Per fine anno si prevede un consumo totale di 91 TWh, praticamente quanto ne consuma in un anno il Pakistan che conta 220 milioni di persone.

Tutto questo “spreco” di energia elettrica è stata utilizzata per le operazioni di mining (per produrre bitcoin) e per tenere in vita la blockchain.

La seconda è che il successo del bitcoin in termini di valore possa trasferirsi anche nell’adozione dello stesso come strumento di pagamento. Ma questo potrebbe avvenire solo nel caso in cui il prezzo risultasse essere meno volatile e con un quadro regolamentare decisamente più chiaro. La SEC ( Consob Americana), sta mettendo in luce le potenziali vulnerabilità delle stablecoin, rappresentazioni digitali di una valuta tradizionale sottostante. È il caso di Tether, che ad oggi domina l’intero mercato delle cripto e che ha i dirigenti sotto indagine federalen estrema sintesi, perché dovrei spendere bitcoin se scommetto sulla crescita di valore? Paradossalmente il successo del bitcoin in termini di prezzo sembra aver dato il via ad una serie di innovazioni che favoriranno il consolidamento e la crescita della finanza cosiddetta tradizionale invece di decretarne la fine – o quantomeno il netto indebolimento.

La domanda è se in questo momento il bitcoin e le criptovalute siano o meno equiparabili ad una sorta di pacchetto di investimento azionario.

Ma la verità è che le criptovalute sono spesso correlate l’una all’altra e che l’andamento del bitcoin fa spesso da driver su tutte le altre.

Le criptovalute risultano essere sempre più un fenomeno di tipo finanziario piuttosto che monetario e l’avvio di applicazioni “blockchain based” potrebbero dare nuova linfa vitale ad un modello finanziario che risultava essere almeno in parte obsoleto. Basti pensare al rischio di controparte visibilmente aumentato nel corso della crisi dei subprime.

 

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Quando si parla di adozione da parte di soggetti istituzionali – come ad esempio alcune banche di investimento – si fa spesso riferimento alla possibilità di investire in fondi dedicati alle criptovalute o alle startup, così come alla possibilità di fare da custodian e allo sviluppo e utilizzo di applicazioni su blockchain. Ad esempio l’emissione di bond o strumenti derivati.

Per concludere, il bitcoin e le criptovalute in generale sopravviveranno? E saranno il futuro? Per prima cosa il bitcoin potrebbe cooptare le features più rilevanti di altre criptovalute. Questo fa sì che la competizione tecnologica tra le varie cripto sembrerebbe  frutto di una accurata operazione di marketing volta a creare fenomeni altamente speculativi. È molto probabile che alla fine del processo evoluzionistico possano sopravvivere, tra le tante (litecoin, monero e così via) solo il bitcoin e magari Ethereum per via degli “smart contract”.

E per quanto riguarda Il futuro le criptovalute di Stato o delle banche centrali potrebbero sostituire l’attuale moneta?

Da ricordare che già nel 2019 il Governatore della Banca di Francia, Francois Villeroy de Galhau, affermava che “la creazione di una moneta digitale della banca centrale ci permetterà di disporre di un forte strumento per affermare la nostra sovranità nazionale nei confronti di iniziative private come quella di Libra” ( Stablecoin di Facebook).

Mentre l’ex Governatore della Banca d’Inghilterra, Mark Carney, sempre tre anni fa sollevava la questione circa la necessità di trovare un’alternativa al dollaro come moneta di riferimento, e avanzava l’ipotesi di creare una criptovaluta internazionale supportata dai governi nazionali insieme anche al Fondo monetario internazionale.

Infine, la Presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, a Marzo di quest’anno, ha affermato che la BCE potrebbe lanciare una valuta digitale entro questo decennio. A cosa servirebbe una criptovaluta di Stato o delle banche centrali? Ad avere, grazie all’uso delle nuove tecnologie, una supervisione più attenta, rapida ed efficace di potenziali vulnerabilità dei sistemi monetari rendendoli decisamente più efficienti, competitivi e reattivi.