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L’economia britannica alla vigilia del voto di luglio

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Dopo la convocazione delle elezioni anticipate nel Regno Unito per il 4 luglio, la campagna elettorale si presenta come una sfida tra il premier uscente Rishi Sunak, leader dei Tory, e l’ex procuratore capo Keir Starmer, leader dei Laburisti, in testa ai sondaggi con circa il 45% delle preferenze. In effetti, le stime elettorali vedono i Laburisti in testa da ormai più di tre anni, a causa dell’insoddisfazione della classe media contro gli eccessi di un partito come quello dei Conservatori, considerato dei “ricchi”.

Il laburista Keir Starmer

 

I cavalli di battaglia della campagna di Sunak

Nonostante la battaglia sembri persa in partenza per i Tory, l’economia e la questione migratoria sono i cavalli di battaglia di Rishi Sunak per cercare da un lato di prendere alcuni voti alla sinistra e dall’altro di bloccare l’avanzamento di Reform UK. Il nuovo partito populista di estrema destra fondato dal padrino della Brexit Nigel Farage ed attualmente guidato da Richard Tice sembra capace di togliere molti voti ai Tory (e anche qualcuno al Labour), e ha il chiaro obiettivo di “assorbirlo”. In particolare, per contrastare Reform, Sunak conta sul “Piano Ruanda”, divenuto legge ad aprile scorso, per bloccare gli oltre 46.000 migranti irregolari che nel corso del 2022 sono giunti sulle coste inglesi via mare tramite piccole imbarcazioni.

 

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Il piano prevede sostanzialmente che le persone arrivate irregolarmente ed in cerca di asilo in Gran Bretagna vengano trasportate in Africa centrale per essere reinsediate e svolgere lì le procedure di richiesta di asilo. Nonostante il piano Ruanda venga considerato da molti in violazione dei diritti umani, quest’ultimo non ha solo riscosso grande successo in Europa, con ben 15 Paesi tra cui l’Italia che hanno chiesto all’Unione Europea di adottarne una versione simile, ma anche tra coloro che vedono nell’immigrazione irregolare uno dei problemi principali del Regno Unito, e che, non a caso, sono tra i principali sostenitori di Reform (e non solo). Il partito infatti, che ha un manifesto politico basato su conservatorismo identitario e iper liberalismo economico, tra le altre cose propone di rilanciare l’economia britannica eliminando le politiche verdi del governo e sostituendo le strategie per le emissioni “zero net” con quelle per un immigrazione “zero net”. Nonostante Reform difficilmente potrà vincere le elezioni, è un partito pericoloso per l’establishment conservatore non solo per le sue idee, ma anche perché togliendo voti ai Tory potrebbe ridurne ai minimi termini la futura rappresentanza parlamentare, nel sistema maggioritario per collegi del Regno Unito.

In questo contesto, al di là della questione migratoria, tema di polarizzazione politica in tutte le campagne elettorali, a Rishi Sunak resta l’economia per convincere gli elettori britannici ad affidargli il proprio voto.

Nigel Farage

 

Il rilancio della crescita britannica: un successo “tutto Tory”

Da questo punto di vista, il Paese, per Sunak, è sulla via del successo. La crescita dei salari reali, secondo la Resolution Foundation, è pari a circa il 3%, uno dei tassi di crescita più alti dal 2000, complice anche il calo dell’inflazione. In effetti, ad aprile 2024 l’inflazione era al 2,3%, dato molto vicino all’obiettivo fissato dalla Banca d’Inghilterra del 2%, grazie ad un calo dei prezzi dell’energia del 12,34% dall’anno scorso. Il trend dell’inflazione non è solo positivo di per sé, ma, per la prima volta in due anni, è anche inferiore a quello degli Stati Uniti e dell’area euro.

Stando ai dati, è innegabile che i Tory qualche merito lo abbiano. Non solo non c’è stata la recessione prevista nel 2023, ma, secondo l’Office for National Statistics, da gennaio a marzo 2024 il PIL del Regno Unito, contro le aspettative e dopo un declino dello 0,3 % da ottobre a dicembre 2023, è cresciuto dello 0,6%. Si tratta di un dato migliore della media dei paesi europei nello stesso periodo (0.3%), dove per l’Italia è allo 0,3%, e per la Francia e la Germania allo 0,2%. In questo frangente, i trend positivi e l’aumento salariale potrebbero favorire i Tory, come successe nel 2015 con David Cameron.

 

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Tuttavia, per i Laburisti, sui risultati economici i Conservatori mentono sapendo di mentire. La crescita economica non si sta trasferendo necessariamente nelle tasche dei cittadini e, nonostante il calo dell’inflazione, il costo della vita rimane ancora alto (+2,3% rispetto allo stesso periodo nel 2023), eliminando sostanzialmente gli effetti positivi dei risultati economici sbandierati dal governo. Il debito pubblico in proporzione al PIL alla fine del 2023 superava di 1,6% lo stesso periodo nel 2022, registrando un livello che non si vedeva dagli anni Sessanta. Poco importa se il Regno Unito se la cava meglio di altri Paesi del G7, dove la media del debito è del 128% del PIL contro il 100% di Londra, perché i prezzi nel Regno Unito sono aumentati nel corso dell’ultimo anno più di qualsiasi altro paese del G7.

Inoltre, non solo la Gran Bretagna è cresciuta a circa un quarto del tasso statunitense negli ultimi anni, ma se si guarda al PIL pro capite, che aiuta a rilevare il tenore di vita, la taglia dell’economia si è ridotta dell’1,2% tra la fine del 2019 e l’inizio del 2024. A questi dati, che vanno tutti “a favore” dei Laburisti, si aggiunge il fatto che il servizio sanitario nazionale è allo stremo, con personale sovraccarico e liste d’attesa record, mentre gli ultimi aumenti della spesa reale nel National Health System risalgono ai governi Laburisti della fine degli anni Novanta. I Laburisti sottolineano inoltre l’aumento dei prezzi dei mutui che pesa sulla classe media, e il problema della mancanza di abitazioni accessibili per famiglie e giovani, con i Conservatori che non sono riusciti né a raggiungere l’obiettivo di costruire 300.000 nuove case all’anno entro la metà degli anni 2020 né ad eliminare la pratica degli sfratti ingiusti e illegali degli affittuari.

Rishi Sunak (2022)

 

La questione climatica come propaganda sempre verde

Al di là dell’economia, dove le congiunture internazionali rendono il compito di qualsiasi governo molto difficile, è evidente che anche l’approccio di chiusura dei Tory sui temi relativi alla crisi climatica potrebbe costare loro dei voti. Secondo un sondaggio del King’s College, pubblicato nel dicembre 2023, il 41% degli inglesi è più propenso a sostenere un partito politico che si impegna a intraprendere una solida azione sul cambiamento climatico. Ciononostante, un altro studio del 2023 della Copper Consultancy ha evidenziato che solo il 10% delle persone che intende votare per il Partito Conservatore ha citato il cambiamento climatico come un fattore che li preoccupa.

In effetti, il bisogno di investire sull’economia reale per rilanciare una crescita economica solida e di lungo periodo, che sta alla base della retorica di Sunak, risulta in un’attenzione minore sulla necessità di politiche sostenibili, anche per contrastare Reform, che queste politiche vorrebbe cassare del tutto. Al contrario, per i Laburisti, investire nel clima equivale ad investire nell’economia perché la crescita verde crea nuovi posti di lavoro e consente alle famiglie di risparmiare. L’esempio più citato è quello per cui ridurre le emissioni di gas serra, magari attraverso i sistemi di isolamento delle case e l’incremento delle energie rinnovabili, significa aiutare i cittadini a diminuire il costo delle bollette energetiche.

Ciò nonostante, anche i Laburisti sembrano essere più cauti che in passato sul tema. A febbraio, il loro leader Keir Starmer ha fatto una controversa inversione di rotta sul proclamato piano laburista di investire 28 miliardi di sterline nella “crescita verde” se il suo partito avesse vinto le elezioni. Il piano di investimento è stato dimezzato a 15 milioni di sterline dallo stesso Starmer, per evitare che i Conservatori facessero leva su questo tema per accusare i Laburisti di essere il partito della spesa pubblica durante la campagna elettorale.

In conclusione, nonostante i giochi sembrino fatti e, dopo i cinque premier in circa otto anni che si sono succeduti alla guida del Paese dal referendum su Brexit, le possibilità dei Conservatori di insediare un nuovo Primo Ministro sembrano molto labili. Ciò che sembra evidente ma non scontato è che, per assicurare non solo la loro vittoria ma anche quella del Paese che da Brexit in poi sembra essere precipitato in una crisi sociale, economica ed istituzionale senza precedenti, sia i Tory che i Laburisti devono catalizzare gli elettori attraverso proposte politiche di peso, per far fronte a quel malcontento sociale su cui i partiti estremisti, come Reform, stanno costruendo la propria fortuna politica.

 

 

 

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