international analysis and commentary

Le “instant city” tra urbanistica tattica e resilienza cittadina

1,761

Urbanistica tattica, rigenerazione urbana, co-creazione collettiva degli spazi urbani non sono solo nomi (forse poco noti ai non addetti ai lavori) per definire un modello, ma vere e proprie rivoluzioni gentili per ripensare gli spazi urbani dismessi, in disuso o abbandonati che riprendono vita grazie alle visioni di una collettività. In particolare, la parola “tattica” accanto a urbanistica la troviamo in un famoso libro del 1980 del sociologo francese Michel De Certeau “L’invenzione del quotidiano”, per intendere l’“arte del debole che opera nello spazio altrui per tirarne fuori le potenzialità”.

Un classico dell’urbanistica tattica, le Super-Illes di Barcellona

 

Le caratteristiche che contraddistinguono questo riuso degli spazi cittadini sono essenzialmente quattro: la temporaneità, cioè a breve termine e a basso impatto con uso di materiali economici, strutture leggere e facilmente rimovibili; le poche risorse, perché appunto nate da azioni civili o di crowd-funding; la spontaneità, perché c’è una riappropriazione dello spazio pubblico vissuto da tutta la comunità che diventa parte principale dell’azione; e, infine, l’aggregazione che genera socialità in ambienti degradati o isolati. Si tratta di veri e propri catalizzatori urbani, e i cittadini che ne sono parte attiva riscoprono un senso di appartenenza che va rivivere quei luoghi.

Rientrano nell’urbanistica tattica i cosiddetti interventi pop-up di immobili abbandonati a uso commerciale per brevi periodi, oppure gli happening dimostrativi in zone urbane come parcheggi o piazzali che vengono occupati anche solo per poche ore: con fenomeni che vengono variamente definiti (ad esempio guerrilla gardening, spesso accompagnati a chair bombing), prevedono che file di posti auto vengono riconvertite in sequenze di pocket gardens, cioè piccoli spazi verdi non inizialmente pianificati.

Esempi sono le spiagge urbane nelle grandi città lungo i fiumi, come a Parigi o a Roma, casi di street art con murales e colori in quartieri con aree urbane fatiscenti o pericolose che rafforzano l’identità locale, oppure ”esto no es un solar”, a Saragozza in Spagna, che significa “questo non è uno spazio vuoto”. Il progetto, attivo già dal 2009, prevede la destinazione d’uso temporanea a una trentina di aree urbane vuote, in cui associazioni, comitati di quartiere, semplici cittadini, artisti e collettivi, in un’ottica partecipata, danno vita a diverse iniziative: riqualificazione di giardini, orti urbani, spazi attrezzati per anziani, aree sport e gioco. Queste azioni mirano anche a lavorare su più fronti socio-culturali scolastici, come a Sassari dove una scuola secondaria di primo grado ha attivato un laboratorio di falegnameria per combattere la dispersione scolastica, Dispersione ZERO, e lo spazio anonimo di un marciapiede grigio è stato trasformato in un luogo per la sosta, il gioco, la lettura grazie alla realizzazione di panchine colorate e altri materiali.

 

Leggi anche: Il ritorno della questione abitativa nelle città europee: finanza e politica – e geografia

 

In alcuni contesti, l’urbanistica urbana riguarda delle vere e proprie azioni di sopravvivenza perché gli organi istituzionali non riescono a soddisfare i reali bisogni dei cittadini. Diventano movimenti urbani di resilienza e si manifestano come modalità di rivendicazione o difesa di diritti specifici legati, ad esempio, a generare un piccolo reddito, accedere a cibo e acqua o trovare un riparo. Altri diritti rivendicati sono collegati alle esigenze di vivibilità e urbanizzazione: il diritto agli spazi verdi, il diritto al gioco e all’esercizio fisico, il diritto all’apprendimento e all’accesso alle informazioni. Queste forme di occupazioni temporanee si verificano prevalentemente dove il terreno disponibile è poco costoso, poco attraente, in quei luoghi che vengono percepiti come non idonei a uno sviluppo pianificato di standard più elevati. Proprio la loro natura temporanea facilita poi il processo di smantellamento e di ricostruzione in altri luoghi.

San Paolo, il più grande centro urbano del Brasile, è un perfetto esempio di città in transizione, dove gravi disuguaglianze unite a una delle popolazioni metropolitane in più rapida crescita ne fanno una città molto diversificata e frammentata. Per sopperire a gravi condizioni disagiate, l’urbanistica tattica gioca un ruolo decisivo, anche perché molti sono gli spazi aperti, le strade e i marciapiedi nel centro città che vengono utilizzati per il commercio informale.

In particolare nel quartiere di Luz, dove il degrado sociale è ai massimi livelli, questi interventi urbanistici si stanno concentrando proprio su azioni sociali, non solo attivando centri di cura e riabilitazione, molti dei quali costruiti su terreni incolti utilizzando strutture temporanee, ma anche grazie alla nascita del Teatro de Contêiner Mungunzá, che sta contribuendo efficacemente a un più ampio tentativo di affrontare le difficoltà quotidiane e accrescere la resilienza della comunità.

Il nuovo teatro di Luz

 

Inizialmente il teatro, edificato su un terreno pubblico utilizzato come parcheggio della polizia, aveva il permesso di sostare un paio di mesi ma, visto il contesto urbanistico carente, ha ottenuto il permesso di restare altri tre anni, e al momento non è ancora stato dismesso. Nell’area, temporanea e adattabile, sono presenti anche un parco giochi comunitario, alcune strutture per l’orticoltura e la coltivazione di cibo e aree di sosta. Il teatro ospita spettacoli serali per un pubblico esterno e, durante il giorno, offre attività artistiche ed educative gratuite per i residenti locali. I suoi spazi verdi sono aperti al pubblico, che può utilizzarli per socializzare, riposare o accedere ai servizi igienici. Per i residenti, in particolare bambini e madri, il teatro è diventato un luogo sicuro dove giocare e socializzare senza timore di violenza. Un esempio, questo, di riqualificazione urbana con lo scopo sociale di cambiare le difficili condizioni di vita di chi vive in quartieri difficili.

Il senso di collettività può cambiare il mondo e renderlo più vivibile, e l’urbanistica tattica è uno strumento che può contribuire al miglioramento del proprio contesto urbano, aiutando a modificarlo e a trasformarlo, sulla base delle esigenze comuni, dei bisogni e delle necessità di una cittadinanza consapevole e proattiva. È anche un movimento che può scuotere le istituzioni e indirizzarle verso interventi mirati al bene comune, perché se i micro-progetti estemporanei funzionano allora si possono trasformare in realtà più solide e stabili.

 

Leggi anche: Agire al piano terra

 

Naturalmente, l’urbanistica tattica non è esente dall’implementazione delle innovazioni tecnologiche: è anzi terreno fertile perché apre a nuove possibilità di progettazione degli spazi urbani con i sensori intelligenti che, attraverso la realtà aumentata, possono ampliare le potenzialità degli ambienti urbani in modo più efficace ed efficiente. Questo permette di avere in tempo reale informazioni sulla fruizione degli spazi, sull’inquinamento atmosferico, sulla qualità dell’aria e su tutto ciò che risponde alle esigenze della comunità.

Una risposta alle sfide ambientali può trovarsi nell’urbanistica tattica anche perché interventi a breve termini, come la creazione di spazi verdi che prevengono isole di calore, implementando una mobilità più sostenibile e puntando a infrastrutture autosufficienti da un punto di vista energetico, possono diventare strategie a lungo termine in città sempre più sostenibili e resilienti.