international analysis and commentary

La nuova NATO e la sfida con Pechino

2,144

Non è così frequente che un’alleanza politico-militare discuta in modo pubblico del proprio futuro. L’Alleanza atlantica, dopo le critiche di Emmanuel Macron sulla “morte celebrale” della NATO, ha deciso di farlo. Jens Stoltenberg, Segretario generale, ha affidato ad un Gruppo di riflessione indipendente il compito di rispondere a una domanda di fondo: se la NATO funziona bene come alleanza militare, come si può rafforzarla anche sul piano politico? Dopo 90 video-conferenze e scambi infiniti di mail, Il nostro Rapporto, “NATO2030: United for a new era” è stato discusso ieri dai Ministri degli esteri dell’Alleanza.*

Cerchiamo di comprimere 138 raccomandazioni specifiche in tre messaggi centrali.

Il primo è che il contesto di sicurezza in cui la NATO si trova ad operare – dominato dalla competizione con potenze autoritarie – è almeno in parte cambiato rispetto al 2010. L’attuale concetto strategico della NATO, che ha appunto un decennio, va quindi aggiornato. Rispetto ad allora, l’assertività della Russia è più netta (annessione della Crimea e crisi ucraina), la Cina pone una sfida sistemica, il fianco Sud è minato da conflitti, l’impatto delle tecnologie sulla sicurezza comune e sulla natura dello strumento militare appare dirompente.

Conclusione: la NATO è un’alleanza regionale ma resterà rilevante, per i suoi alleati e la stabilità internazionale, se acquisirà un’ottica globale. In materia di Cina, il Rapporto propone di creare nella NATO un comitato consultivo sulle sfide di sicurezza collegate all’ascesa della superpotenza asiatica e suggerisce di rafforzare le partnership con i paesi del Pacifico (Giappone, Corea del Sud, Australia, puntando eventualmente ad includere l’India).

Cina significa anche competizione per il dominio tecnologico: l’Alleanza, secondo il Gruppo di riflessione, deve dotarsi di un foro di consultazione fra governi (e fra governi e settore privato) sulle implicazioni di sicurezza delle tecnologie emergenti. E deve dedicare, come in parte sta già facendo, attenzione crescente al settore cyber. Fra le proposte che più possono interessare l’Italia, l’importanza attribuita al fianco Sud (“quando i vicini del Sud sono più sicuri anche la NATO è più sicura”): il Rapporto raccomanda che la pianificazione avanzata della NATO nel Mediterraneo venga resa operativa e propone di rafforzare l’Hub per il Sud al Comando di Napoli.

Insieme alla competizione strategica fra grandi potenze, la sicurezza dei paesi NATO è influenzata da rischi globali, dal climate change alle pandemie. Qui il Rapporto contiene un secondo messaggio: la NATO resterà evidentemente un’Alleanza militare ma se vuole mantenere il sostegno delle opinioni pubbliche dovrà anche giocare un suo ruolo nella sfera della sicurezza umana e della resilienza delle società democratiche. La risposta della NATO a Covid 19 è stata un primo passo in questo senso.

Questo “aggiornamento” della visione strategica della NATO sarà di per sé un antidoto al rischio concreto che le percezioni di sicurezza degli alleati tendano progressivamente a divergere. Ma rafforzare la coesione  interna all’Alleanza – terzo messaggio – richiede anche una serie di scelte conseguenti. Il Rapporto ne propone alcune: la decisione di adottare un “codice di buona condotta” per confermare l’adesione dei singoli Stati (ormai 30) ai principi democratici e agli obblighi del Trattato Nord-Atlantico; consultazioni più sistematiche fra i Ministri degli esteri e riunioni informali più frequenti su rischi potenziali; invito ai paesi membri di notificare al Consiglio Atlantico scelte di sicurezza nazionale che possano avere un impatto sugli interessi degli altri membri; un processo decisionale fondato sul consenso ma al tempo stesso capace di produrre decisioni rapide. La logica generale è di fare in modo che la NATO diventi un foro di “first resort” per la consultazione strategica fra i suoi membri, con un’ottica preventiva e non solo reattiva.

Molto, o tutto, dipenderà naturalmente dalla volontà politica dei governi. A cui il Rapporto offre solo gli argomenti per riflettere sulla NATO politica del 2030, con gli strumenti per rafforzarla. In questa prospettiva, il Rapporto incoraggia anche lo sviluppo di una difesa europea complementare alla NATO, insistendo sull’importanza di consolidare i legami istituzionali fra Ue e Alleanza atlantica.

Sono proposte che dovrebbero trovare un contesto favorevole a Washington: l’amministrazione Biden appare decisa a rilanciare, dopo gli anni non facili di Trump, un rapporto preferenziale fra le democrazie. Sarà più semplice se, come suggerisce il Rapporto, tutti i paesi che sono parte della NATO la utilizzeranno effettivamente anche come alleanza politica e non soltanto militare.

 

 


*L’autrice ha fatto parte del Reflection Group nominato dal Segretario Generale della NATO.

 

 


Una versione di questo articolo è uscita il 2 dicembre su Repubblica.