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Il Brasile olimpico: pulsante e globalizzato, in cerca di un rilancio

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Le Olimpiadi sono finalmente entrate nel vivo qui in Brasile. A precederle, una serie di problemi legati soprattutto al completamento delle infrastrutture; inoltre, negli ultimi due anni, il Paese si è trovato ad attraversare un contesto politico ed economico di grande difficoltà. Un’evoluzione che qualche tempo prima sarebbe stata imprevedibile, fino alla procedura di impeachment contro la Presidente, Dilma Rousseff – il cui processo avevamo descritto qui.

Il pezzo forte dei Giochi è stata l’inaugurazione, bellissima e densa di grandi significati culturali. L’evento avrà conseguenze politiche e, possiamo dire, anche economiche, e i motivi sono molteplici. In un bell’articolo sulla Folha de S. Paulo dell’8 agosto, Gulherme Wisnik, professore di architettura e urbanistica a San Paolo, la città più popolosa del Brasile e maggiore centro economico del continente, sottolinea alcuni aspetti importanti. Nella mente dei brasiliani sono infatti ben presenti le grandi aspettative e i sogni legati alla realizzazione di queste Olimpiadi – assegnate al Brasile in anni in cui il Brasile, uno dei BRICS, all’epoca considerati capaci di portare avanti uno sviluppo trainante in alternativa all’Occidente stagnante, viveva una crescita poderosa e apparentemente inarrestabile. Wisnik indica come quella congiuntura positiva sia stata per certi versi ingannevole: la visione del Brasile come paese del futuro, capace di superare il binomio modernità e arretratezza, si è purtroppo dimostrata fallace. Gli sfaceli politici ed economici che si sono abbattuti sul colosso sudamericano negli anni a seguire, e che ancora oggi sono parte integrante della realtà quotidiana, l’hanno distrutta, almeno per il momento.

La cerimonia di apertura che, tra l’altro, ha avuto costi senz’altro minori delle aperture di Pechino e Londra, è stata  significativa. Si è manifestata in tutto il suo splendore la potenza artistica di un paese che ha come sua risorsa una modernità leggera, generosa e socievole che all’improvviso si realizza davanti agli occhi quasi sospresi del mondo e in cui il vero spettacolo è l’essere umano con la sua “nobiltà popolare”, come quella di Vanderlei Cordeiro de Lima, l’uomo che ha acceso la fiamma olimpica. Insomma, un Brasile pulsante che ritrova le sue capacità e competenze per poterle esprimere di nuovo a tutto mondo. Ci si è dunque sforzati di rappresentare una realtà fatta non solo di corruzione e cattiva economia, benché la classe dirigente del Paese, negli ultimi tempi, abbia offerto soprattutto quest’immagine.

L’atmosfera, quindi, è quasi magicamente cambiata. Si respira un’aria di serenità che coinvolge anche gli atleti di tutto il mondo, che infatti dichiarano, nonostante alcuni problemi organizzativi, di sentirsi a casa nella Rio accogliente e globalizzata. La diversità, tema forte della cerimonia di apertura è infatti di casa nella città e in tutto il Brasile: una situazione che può offrire più di qualche lezione all’Europa, divisa e preoccupata davanti alla gestione e alle conseguenze dirompenti dei flussi migratori diretti verso il continente. In un mondo globale, il saper vivere e potenziare  la diversità in modo costruttivo è un’abilità distintiva di segno positivo.

Seppure la valorizzazione delle diversità sarà dunque un elemento su cui il Brasile potrà contare, la sfida sarà quella di estenderla dalle settimane delle Olimpiadi all’intero sistema economico ed imprenditoriale. Se i Giochi si confermeranno un successo, come sembra, il Brasile comunque non avrà certo risolto i suoi tanti altri problemi.

Il Senato brasiliano ha infatti votato, nella notte del 10 agosto, a favore del procedimento di impeachment della Presidente Dilma Rousseff, che molto probabilmente dará come risultato il suo allontanamento definitivo dalla sua carica per la fine del mese. Il calendario interessa particolarmente il Presidente ad interim Michel Temer che vorrebbe partecipare alla riunione del G20 in Cina il 4 e 5 settembre nel pieno dei suoi poteri, approfittando del palcoscenico internazionale per accreditare la sua nuova posizione presso l’opinione pubblica brasiliana, piuttosto scontenta del nuovo governo.

Proprio il rapporto con la Cina riveste un importanza decisiva: al di là delle questioni istituzionali infatti, il declino della domanda di materie prime, a causa della frenata dell’economia cinese e della svolta verso le rinnovabili portata avanti da Pechino, ha inferto un duro colpo all’economia brasiliana. Il Brazilian Commodities Index, che calcola la redditività degli investimenti in beni di consumo e materie prime, pubblicato dalla Banca Centrale, è crollato del 45% tra il marzo 2011 e il dicembre 2015. In un contesto come quello brasiliano caratterizzato da debolezze strutturali, poca produttività e una spesa pubblica insostenibile, questo ha amplificato i danni.

Il futuro economico e politico dunque rimane incerto. Il Presidentead interim Temer tenterà nelle prossime settimane alcuni provvedimenti per la riduzione del debito e il contenimento dell’inflazione, ma la sua impopolarità resta alta: gli unici fischi alla cerimonia di apertura sono stati per lui. Bisogna dire poi che, al di là della sua persona, i fischi del pubblico hanno rappresentato una contestazione all’intera classe politica: in questo, il Brasile si ritrova in buona compagnia con il mondo intero.

Anche i brasiliani condividono l’impressione che la politica tradizionale così come siamo abituati a conoscerla abbia esaurito la sua capacità di governare i processi di cambiamento. In parallelo, si registra l’affermazione di una pratica politica diversa in cui, grazie al potere delle reti e della tecnologia, si auto-organizza la soddisfazione di bisogni concreti – dalla gestione degli orti collettivi nelle grandi città, alla progettazione partecipata per creare spazi in cui svolgere attività autogestite, dalle ciclofficine ai mercati di vicinato, ai ristoranti sociali. In tal modo, nuove identità dialogano tra loro in modo fluido e veloce, costruendo iniziative economiche, imprenditoriali o semplicemente condividendo valori che non hanno più bisogno di essere rappresentati, ma vissuti insieme direttamente.

Forse, la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Rio ha voluto rappresentare proprio questa idea. Il Brasile ha bisogno di credere, e di dimostrare al mondo, che un paese non può essere identificato solo dalla sua classe politica, ma è dotato di sua identità pulsante, e della volontà di contare con le sue capacità e competenze. È solo un piccolo passo nella lunga strada per la nascita di un nuovo Brasile, ma il percorso merita di essere seguito con attenzione.