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Finanziare la politica negli USA: da Trump a Biden

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In un mondo ideale la democrazia è la più alta vetta del potere gestito dal popolo. Dopotutto, la genesi di questo termine è semplice: Demos (popolo) e Kratos (potere). Tuttavia non viviamo in un mondo ideale. Viene da domandarsi se i politici democraticamente eletti possano, in qualche modo, sentirsi tentati di fare gli interessi di singoli attori rispetto agli interessi del popolo che ha dato loro il potere.

Per correttezza si deve chiarire che è vietato comprare o vendere un essere umano; in quanto umani, i politici non possono essere comprati.

Gli strumenti migliori con cui “comprare” i politici, userò questo termine in senso lato, si chiamano PAC e SuperPAC. La nazione dove questi strumenti, perfettamente legali, sono utilizzati sono gli Stati Uniti d’America, una delle più antiche democrazie del mondo occidentale.

 

PAC & SuperPACs

Partiamo dalla definizione: un Political Action Committee (d’ora in poi PAC) è “un gruppo di privati cittadini creatosi spontaneamente per eleggere un candidato e/o supportare e promuovere posizioni politiche e legislative presso i candidati già eletti o in fase di elezione”. Se un PAC riceve in donazioni oltre 1000 dollari deve registrarsi presso il Federal Election Committee (FEC). La principale ragione per cui esistono i PAC è che i contributi economici diretti ai candidati, originati da aziende private, lobby o altre istituzioni pubbliche (sindacati et similia) sono proibite da una legge del 1907. A partire dal 1940 i PAC son sbucati come funghi. L’evoluzione dei PAC sono i Super PAC, generati da due sentenze di corte: la U.S. Supreme Court’s Citizen’s United decision e la Corte di Appello di Washington.

Le critiche a queste sentenze provengono da coloro che ritengono che alle multinazionali siano stati riconosciuti gli stessi diritti dei singoli cittadini. Coloro che supportano le decisioni delle corti suggeriscono che queste sentenze siano a protezione della libertà di opinione, e permettano di ampliare il dialogo politico e renderlo più bilanciato, includendo le opinioni di diversi attori della scena civile, sociale ed economica americana (appunto le multinazionali).

Per dirla semplice i PAC sono soluzioni più modeste, dove le donazioni possono provenire per lo più da privati. I super PAC sono una struttura più flessibile, dove le donazioni arrivano in quantità maggiori e da fonti che possono essere singoli cittadini o aziende.

La maggioranza dei soldi raccolti da PAC e SuperPAC, di solito, sono investiti per campagne mediatiche (quindi per comprare spazi pubblicitari sui differenti media) per fare campagna contro o a favore di un certo candidato (PAC) o per temi e cause di più amplio respiro (SuperPAC). Solo di recente, per citare alcuni casi famosi di utilizzo e azioni di PAC e SuperPAC, possiamo considerare il PAC che sosteneva la rielezione di George H.W. Bush. Nel 1988 spese 8,5 milioni di dollari per la “campagna Willie Horton”. Più di recente il SuperPAC Restore Our Future, in favore di Mitt Romney, ha pagato 13000 spot pubblicitari. Anche i Democratici hanno usato i Super PAC. Priorities USA Action ha speso milioni in spot commerciali per dire che Romney avrebbe “smantellato il sistema del Medicare e privatizzato la struttura di sicurezza sociale”, stanti le analisi dell’epoca.

 

Cosa comprano i PAC e i SuperPAC

Abbiamo già detto che, formalmente, non si possono comprare dei politici.

Tuttavia queste forme di “spontanea” aggregazione e raccolta fondi della società civile possono fare molto per rendere i politici estremamente sensibili alle istanze manifestate da PAC e SuperPAC. Una sensibilità che può portare i politici ad agire, diremmo non casualmente, a vantaggio degli interessi dei donatori dei PAC e SuperPAC.

Per giudicare se questa riflessione possa essere azzardata è bene ascoltare le parole di Biden che, in un celebre discorso (un frammento per la precisione) alla C-Span, spiegò il suo punto di vista sull’influenza economica di lobbysti, PAC etc…

“I lobbisti non sono brutte persone, ma sono corrosivi. È la natura umana. Se tu Lynn, tiri su 250000 dollari per me, ed è tutto legale, e poi mi chiami dopo che sono stato eletto e mi dici – Hey Joe vorrei parlarti di una cosa – Non mi hai comprato ma è nella natura umana… mi hai aiutato e io ti risponderò – certo Lynn passa qui che parliamo -. La prima linea è sempre popolata da gente che ha le tasche piene di soldi”.

Per correttezza si deve ricordare che sia Barack Obama che Joe Biden hanno dichiarato (e sono stati coerenti con la dichiarazione) di non accettare soldi da agenzie di lobby, durante le loro campagne politiche. Una dichiarazione lodevole, che, tuttavia, non includeva appunto i soldi e le attività generate da PAC e SuperPAC (spesso, come vedremo sotto, create o guidate proprio da lobbysti).

Con la premessa fatta sopra, che non si possono “comprare” i politici, ma solo “suggerire loro” la giusta via, è importante comprendere se vi sono casi storici in cui un politico, supportato dai PAC o SuperPAC, ha, una volta eletto, svolto o preso decisioni a vantaggio dei donatori dei fondi. Essendo i SuperPAC un fenomeno molto recente i casi storici, pur esistendo, sono ancora pochi. Meglio quindi considerare i due ultimi presidenti per osservare se le loro azioni o dichiarazioni sono state, in qualche modo, di beneficio ai donatori dei SuperPACs o ad altre entità collegate ad essi.

 

Trump e le energie poco pulite

I fratelli Koch (Koch Industries) sono famosi a tutti come “climate deniers”: la definizione si riferisce a coloro che dichiarano che il cambiamento climatico non esiste e, se esiste, non è colpa dell’uomo. Sarà un caso che la fortuna dei Koch derivi da industrie estrattive e manufatturiere altamente inquinanti. Ad ogni modo parliamo del loro PAC. Nel 2016 (durante la campagna elettorale culminata nell’elezione di Donald Trump), Americans for Prosperity, il PAC dei Koch, ha assunto oltre 650 dipendenti, dispiegati in differenti stati in bilico come il Wisconsin, Pennsylvania, e Michigan. Lo scopo di questo dispiegamento era “trasformare” questi Stati, i loro elettori, da democratici a repubblicani.

Solo in Wisconsin l’Americans for Prosperity era equipaggiato con tecnologie digitali di ultima generazione, e i suoi operatori eseguirono 1.5 milioni di telefonate e “bussarono” a oltre 30,000 porte. Verso la fine della campagna i soldi del PAC dei Koch confluirono in pubblicità televisive focalizzate sui canali più visti in tutta la Rust Belt, compresi stati cruciali come Wisconsin e Pennsylvania, per martellare contro Hillary Clinton, la sfidante di Trump. Le attività di raccolta del PAC sono state di rilievo anche nelle recenti elezioni del 2020.

 

Leggi anche: Il miliardario Trump a caccia di finanziamenti elettorali

 

E’ rilevante osservare come uomini di questo PAC, o comunque nell’orbita delle aziende Koch, divennero uomini di fiducia della passata amministrazione Trump, influenzando scelte e azioni del presidente. Larry Kudlow parte del gruppo economico che aiutò Trump a definire l’agenda americana, in seguito divenn capo dell’unità di advisor economici di Trump durante l’intero mandato. Corey Lewandowski divenne campaign manager per Trump. Alan Cobb, vice presidente di Americans for Prosperity, divenne senior advisor per le elezioni di Trump. Marc Short divenne parte del team di contatto Trump-Congresso. Donald McGahn, avvocato presso i Koch divenne attorney alla Casa Bianca.

Sarà un caso che, con questi soldi investiti per Trump, e i nomi transumati dai Koch a Trump, le decisioni del presidente furono così allineate con gli interessi dei due fratelli industriosi. Trump dimostrò di essere molto attivo in tematiche di interesse del PAC che lo aveva supportato: deregulation, taglio delle tasse specialmente a ricchi e industrie, giudici di mentalità aperta verso le multinazionali (Neil Gorsuch alla Corte Suprema) e altre decisioni poco verdi (come il lasciare gli accordi di Parigi sul clima).

Trump con l’imprenditore Sheldon Adelson, che ha finanziato la sua campagna elettorale con 75 milioni di dollari.

 

Biden: armi, Azerbaijan, Ucraina e Disney

Parlare male di Trump è stato lo sport mondiale di tutti i media per quattro anni. Quindi focalizziamoci anche sul suo successore per osservare se PAC e SuperPAC hanno, in modo plausibile si intende, influenzato le sue decisioni.

Larry Rasky, un supporter storico di Biden, è il fondatore della società di lobby Rasky Partners. Questa agenzia ha tra i suoi clienti Raytheon (produttore di armi tra cui i Javelin), Harvard Pilgrim Health Care e la repubblica dell’Azerbaijan. È anche tesoriere di un SuperPAC creato nel 2019 che ha massicciamente supportato Biden: Unite the Country.

Il SuperPAC aveva speso 38 milioni di dollari, secondo i dati del Center for Responsive Politics, e tra i principali singoli donatori troviamo molta gente con le tasche piene di soldi. I donatori più rilevanti: il miliardario di hedge fund James Simons, con 3$ milioni, Stewart W. Bainum, Jr., chairman di Choice Hotels, con 2$ milioni, Reid Hoffman, un venture capitalist, con 1.5$ milioni. Non dimentichiamo George M. Marcus, leader del real estate della zona di San Francisco, Yaron Minsky, di Jane StreetRichard Blum, banchiere e marito della Senatrice Dianne Feinstein. Ognuno ha contribuito con 1 milione di dollari a testa.

Rasky svolgeva attività di lobbysta anche per entità non americane, che lo vedevano anche partecipe in una serie di rapporti lavorativi con entità ucraine e azere. Non dimentichiamo quindi la Blue Star, una società che ha fornito consulenze all’azienda energetica ucraina Burisma Holdings, società dove ha lavorato in precedenza il figlio dell’attuale presidente, Hunter Biden. E lo stesso stato dell’Azerbajian.

E’ possibile che il SuperPAC di Rasky, e le relazioni che lo stesso aveva con differenti attori stranieri e nazionali, possano aver generato in Biden il desiderio di agire a beneficio di uno o più donatori del SuperPAC o dei clienti di Rasky? Purtroppo il diretto interessato, Rasky, è deceduto improvvisamente nel 2020. Non sarà quindi possibile chiedere direttamente. Ma possiamo fare alcune osservazioni su coincidenze peculiari.

Larry Rasky e Joe Biden

 

Malgrado l’Azerbaijan abbia alcuni problemi di democrazia, lo Stato, in perenne guerra/attrito con l’Armenia (alleato della Russia) ha ricevuto un forte supporto militare da Biden. Un evento piuttosto eccezionale e preoccupante come lo descrivono i senatori Menendez, Schiff. Entrambi i politici temono che il continuo supporto americano al governo di Baku sia considerato dagli azeri come una silente approvazione della politica offensiva nel territorio armeno. A questi due senatori si aggiungono Speier, Pallone, Judy Chu (D-CA), Anna Eshoo (D-CA), Raja Krishnamoorthi (D-IL), James Langevin (D-RI), Brenda Lawrence (D-MI), Ted Lieu (D-CA), Zoe Lofgren (D-CA), Linda Sanchez (D-CA), Adam Schiff (D-CA), Elissa Slotkin (D-MI), Dina Titus (D-NV), Rashida Tlaib (D-MI), e David Valadao (R-CA).

Dal 2002 ad oggi l’Azerbaijan ha ricevuto poco meno di 1 $ miliardi in aiuti militari.

Sugli interessi di Burisma e Hunter Biden si è già detto troppo. Tuttavia per chi volesse approfondire le curiose relazioni tra i lobbysti ucraini e i politici americani ho scritto un’analisi, supportata dai documenti del ministero di giustizia americano, prima dello scoppio della crisi ucraina.

Tra i clienti di Rasky c’erano anche Raytheon, produttore dei famosi Javelin, che tanto hanno fatto in Ucraina, e la cui vendita è stata magnificata in ogni dove dallo stesso Biden. Rasky e i suoi soci non fanno segreto di essere bravi a gestire i rapporti di lobby con i politici. Anche in questo caso difficile trovare un legame diretto, per quanto lo stesso Biden non fa segreto di essere un grande ammiratore di questa arma anticarro, al punto di andare a fare una visita persino alla fabbrica. Praticamente uno spot pubblicitario a chiunque, nazioni o singoli entità, abbiano interesse a comprare armi anticarro.

Non è un segreto che le azioni di ogni azienda di armamenti che ha fornito armi agli ucraini, tra cui Raytheon, siano cresciute in questi mesi. Tra i clienti dell’agenzia di Rasky c’è anche il Submarine Industrial Base Council (l’associazione dei costruttori di sommergibili americani). Biden si è molto speso per vendere la tecnologia dei sommergibili americani al governo australiano.

Una scelta, quella di Biden, che è stata poco apprezzata da Emmanuel Macron, che a sua volta supportava la lobby delle armi nazionale.  Anche nel caso del pacifico si deve osservare la proattività di Biden sia estremamente allineata agli interessi dei fondatori del SuperPACs Schale e Rasky. Ad oggi il governo australiano sta facendo addestrare i militari sui sommergibili nucleari americani, in attesa di decidere se verranno acquistati.

 

Leggi anche: Le priorità interne di Biden, nonostante Russia e Ucraina

 

Un altro lobbista, presidente dello stesso SuperPAC Unite the Country è Steve Schale. Ex stratega della campagna di Obama è registrato come lobbysta con Cardenas Partners, un’agenzia di lobby della Florida fondata da Al Cardenas, ex consigliere del politico Jeb Bush (fratello del più famoso George). Nella lista dei clienti ci sono Florida Hospital Association, JetBlue Airways, State Farm Insurance, Walt Disney Parks, AT&T e la confindustria della Florida. Di recente Biden ha preso le difese di Disney in una querelle tutta made in Florida. In maggio Biden ha varato un progetto per l’espansione della banda larga. Tra i maggiori beneficiari At&T.

Come menzionato all’inizio comprare i politici è impossibile; come uomini però, come dice Biden, “È la natura umana”…