international analysis and commentary

I problemi interni del governo Merkel e la prospettiva di una futura Große Koalition

236

A Berlino, politica comunitaria e politica interna sono tornate temporaneamente a prendere strade diverse, dopo la firma del Fiscal Compact e la decisione di combinare in maniera parziale i fondi di stabilizzazione ESM ed EFSF per circa un anno. Complice il doppio appuntamento con le urne previsto per i primi di maggio nello Schleswig-Holstein e in Nordreno-Westfalia, l’alleanza tra CDU/CSU e FDP che sostiene la signora Merkel ha ripreso l’iniziativa sulle riforme economiche e sociali.

Come gli altri paesi dell’area euro, la Germania è infatti impegnata in una difficile opera di consolidamento fiscale. Il pareggio di bilancio dovrà essere raggiunto entro il 2016, ma, secondo stime del ministero delle Finanze, i conti potrebbero tornare in ordine già nel 2014; un obiettivo ambizioso, ma non impossibile, dal momento che il buon ritmo di crescita economica continua per ora a sostenere le entrate tributarie. Allo studio dell’esecutivo non vi sono quindi modifiche radicali nella distribuzione del carico fiscale o nel peso dei contributi sociali, ma piuttosto piccoli ritocchi su singole categorie di tasse, come ad esempio l’abolizione del ticket sanitario per le visite dal medico della mutua (Praxisgebühr) e sulla maggiore deducibilità di alcune spese, tra cui gli spostamenti casa-lavoro per i pendolari (Pendlerpauschale).

In questo senso spingono in particolar modo i liberali dell’FDP, alla disperata ricerca di argomenti nuovi in grado di risollevarli dalla forte crisi di consenso in cui sono precipitati da ormai due anni a causa dell’appiattimento sulla piattaforma programmatica democristiana. Abbandonato il progetto di ridurre in misura significativa e con effetti immediati la pressione fiscale, i liberali tentano ora di raggiungere il medesimo obiettivo utilizzando via alternative.

Contraria ad entrambe le ipotesi, l’unione CDU/CSU pare, invece, intenzionata ad aprire un nuovo capitolo di spesa, con l’introduzione di un assegno di sostegno a quei genitori (ed eventualmente anche a quei nonni) che si occupano direttamente dei figli (o dei nipoti) evitando di mandarli all’asilo.

Almeno sin da quando le rilevazioni demoscopiche hanno segnalato uno slittamento della base elettorale sull’asse rosso-verde tra socialdemocratici ed ecologisti, anche la signora Merkel ha tentato di spostare il baricentro dei democristiani verso sinistra. Tra promesse di un salario minimo, corposi aumenti in busta paga per i dipendenti del settore pubblico e progetti di quote-rosa nelle società quotate all’indice DAX di Francoforte, la CDU fa ormai a gara con l’SPD nel rincorrere il voto dell’elettore progressista. Viceversa, i liberali vanno a caccia del tradizionale voto conservatore. In questa chiave si spiega l’altolà dell’FDP all’ipotesi di una società ad hoc (Transfergesellschaft) in grado di traghettare più agevolmente verso un nuovo impiego gli undicimila lavoratori della catena di drogherie Schlecker, finita in amministrazione controllata il mese scorso. La Cancelliera, rimasta inizialmente spiazzata dalla scelta del suo vice Philipp Rösler, ha assorbito il colpo; tuttavia, per rimarcare le differenze con gli alleati, ha poi incaricato il suo portavoce di smentire un suo precedente tweet che era stato interpretato dalla stampa come un messaggio di sostegno all’FDP.   

Ma a dividere liberali, democristiani e cristianosociali non ci sono soltanto i conti pubblici e l’economia. Il ministro della Giustizia Sabine Leutheusser-Schnarrenberger (FDP) ha ingaggiato da tempo un braccio di ferro con l’UE sul tema spinoso delle intercettazioni. Dopo una sentenza della Corte Costituzionale del 2010, la legge tedesca non prevede attualmente alcuna forma di registrazione dei tabulati telefonici ai fini della prevenzione dei reati. La bozza presentata a marzo dal ministero, volta ad implementare la direttiva europea sul tema, prevede un elenco molto limitato di casi in cui la registrazione sarebbe lecita. Il dissenso con il ministero degli Interni, guidato dal cristianosociale Hans-Peter Friedrich, è netto: CDU e CSU vorrebbero infatti ampliare la casistica, stabilendo eccezioni alla privacy dei cittadini non soltanto quando la polizia avanzi sospetti precisi. Se non si dovesse trovare un accordo in tempi brevi, la Germania sarebbe sottoposta a procedura d’infrazione e dovrebbe alla fine pagare circa 32 milioni di euro di multa.

L’acuirsi delle tensioni nella maggioranza si spiega d’altra parte anche in ragione dell’approssimarsi degli appuntamenti elettorali. I liberali, che a fine marzo hanno subito una nuova pesante battuta d’arresto nel Land della Saar, sono particolarmente nervosi. Ormai certi di essere giunti all’ultima spiaggia, in Nordreno-Westfalia hanno così scelto come candidato capolista Christian Lindner, un giovane di belle speranze che fino al dicembre scorso ha ricoperto la carica di segretario generale del partito. La sensazione diffusa in Germania è che Lindner, a differenza dell’attuale leader Rösler (vice della signora Merkel), sia molto amato dalla base, ma che ciò possa comunque non bastare per consentire ai liberali di superare l’asticella di sbarramento del 5%. Senza contare che il capolista dei liberali in Schleswig-Holstein, l’avvocato Wolfgang Kubicki, rema in direzione opposta e nel tentativo di dare una spruzzata di rosso al suo partito, chiede persino un aumento della pressione fiscale sui redditi più elevati.

Relativamente più tranquilli, i democristiani fanno affidamento sul nuovo atteso exploit della Piratenpartei (il partito dei pirati) sul versante sinistro dello spettro politico: il grande balzo in avanti della nuova formazione politica rischia infatti di impedire la creazione di una solida alleanza tra socialdemocratici e verdi, costringendo l’SPD a ripiegare sulla Große Koalition. Uno scenario che potrebbe ripresentarsi l’anno prossimo anche a livello federale.