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Grecia: la porta d’Occidente vista da Oriente

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La visita compiuta dal premier greco Antonis Samaras in Cina, lo scorso mese di maggio, consente di fare alcune riflessioni sulla crisi in cui versa l’economia greca, come anche sugli scenari economici futuri dell’intera Unione Europea e sul ruolo che Pechino può giocarvi.

La Grecia, alle prese con il sesto anno consecutivo di recessione e con livelli di disoccupazione preoccupanti per la stessa stabilità sociale, ha dovuto, nelle ultime settimane, affrontare anche una complessa crisi politica determinata dall’uscita dalla maggioranza di Sinistra Democratica. Dato un simile quadro ci si sarebbe aspettato un atteggiamento di maggiore flessibilità e comprensione da parte della Troika (BCE, Commissione europea, FMI) e soprattutto dalle sue componenti europee, rispetto al rigido programma economico a cui Atene è sottoposta. Queste si sono invece limitate a “bacchettare” l’esecutivo greco per non aver raggiunto gli obiettivi che i creditori avevano concordato con il governo, minacciando per l’ennesima volta di non sbloccare la tranche di aiuti che la Grecia attendeva.

Tutt’altro atteggiamento è stato quello con cui le autorità cinesi hanno accolto nel proprio paese la delegazione guidata da Antonis Samaras e formata da rappresentati del governo e da uomini di affari ellenici. Da parte sua il premier greco, in cerca di investimenti esteri che possano rivitalizzare l’economia del proprio paese, ha compiuto grandi aperture commerciali: oltre a dichiarare l’obiettivo di raddoppiare l’export greco verso la Cina entro il 2015 (costituito essenzialmente da prodotti agricoli come miele, olio e vino), Samaras ha presentato agli investitori di Pechino il programma di privatizzazioni di Atene nel settore ferroviario, portuale, aeroportuale, delle costruzioni e del mercato dell’energia. Ha affermato che la Grecia può costituire la porta di ingresso per gli investimenti cinesi in Europa. Nel corso della sua visita Samaras ha anche ricordato l’approvazione, da parte del parlamento greco, di una legge che offre un permesso di residenza in Grecia per cinque anni a tutti i cittadini cinesi che investiranno nel paese oltre 250 mila euro; Atene sarebbe anche pronta a offrire la cittadinanza agli investitori più grandi.

Le compagnie cinesi, da parte loro, sono molto interessate a investire nel settore delle infrastrutture in Grecia, come ha ribadito lo stesso premier cinese Li Keqiang durante i colloqui. Dalle dichiarazioni politiche si è poi passati agli impegni formali, con la firma di una decina di accordi di cooperazione e di commercio tra i due paesi, alcuni dei quali molto significativi. Tra questi in particolare: un protocollo di cooperazione tra la China Development Bank (CDB) e l’Hellenic Republic Asset Development Fund (HRADF) per promuovere la partecipazione cinese nel programma di privatizzazioni greco: e un accordo di cooperazione tra la stessa China Development Bank e la Invest in Greece per promuovere la cooperazione in settori ritenuti prioritari come il turismo, l’immobiliare, le telecomunicazioni, i trasporti, l’energia e gli investimenti finanziari. Va ricordato che la CDB è un colosso di dimensione maggiore della Banca mondiale, e si è sostanzialmente impegnata a finanziare gli investimenti delle compagnie cinesi in Grecia.

Importante è anche il Memorandum di Cooperazione firmato dal ministro per lo Sviluppo greco Kostis Hatzidakis con la società cinese Huawei, il quale prevede da parte di questa grande compagnia del settore telecomunicazioni (leader mondiale per brevetti depositati) la creazione, nei prossimi tre anni, di un hub logistico in Grecia e un centro per la ricerca e l’innovazione in collaborazione con laboratori e imprese locali del settore tecnologico. Huawei si è detta interessata anche a collaborare con università e centri di ricerca e pronta ad offrire training a studenti e giovani laureati. Un altro accordo è stato poi firmato dallo stesso Hatzidakis con la compagnia cinese ZTE, la quale si impegna a fare del porto del Pireo uno scalo logistico e di transito centrale per i propri prodotti destinati a Europa e Mediterraneo. La ZTE, con un fatturato di oltre 13 miliardi di dollari, è tra le prime cinque aziende al mondo per forniture di prodotti e servizi per le telecomunicazioni ed è presente in oltre 140 paesi.

Si deve notare che al di là delle intenzioni dichiarate, il volume di affari tra la Cina e la Grecia è di fatto estremamente basso. Secondo alcuni dati forniti dalla Camera di Commercio e dell’Industria greco-cinese, i rapporti commerciali tra i due paesi nel 2011 hanno raggiunto i 3,25 miliardi di euro e nel 2012 rappresentavano solo lo 0,6% del totale del volume di affari tra la Cina e l’UE. D’altra parte sarebbe difficile immaginare volumi molto più alti date le dimensioni dell’economia greca. Ciò che della Grecia interessa a Pechino è perciò, seguendo le parole di Samaras, proprio la funzione di porta d’ingresso per l’economia cinese nei confronti del resto d’Europa.

Questo appare il punto fondamentale della strategica economica e commerciale di Pechino. I rapporti commerciali tra la Cina e la Grecia avevano già avuto una svolta con la firma, nel novembre del 2008, dell’accordo tra l’allora presidente cinese Hu Jintao e il governo di Atene che dava in gestione la banchina n. 2 del porto del Pireo alla compagnia di Stato cinese Cosco per 35 anni, attraverso la propria controllata Piraeus Container Terminal Co. Recentemente la Cosco ha terminato di ristrutturare anche la banchina n. 3 e conta dunque di raddoppiare il volume di container in transito entro il 2015. Nonostante la capacità attuale di traffico nel porto del Pireo sia molto inferiore rispetto a quella dei principali porti del Nord Europa, il Pireo ha il vantaggio di essere più vicino al canale di Suez e potrebbe permettere, in futuro, di risparmiare alle merci cinesi il trasporto su rotaia attraverso l’Asia Centrale, il Medio Oriente e il Caucaso.

Come parte della sua strategia generale, la Cina intende dunque investire anche nel settore delle infrastrutture in Grecia – e lo dimostra il suo interesse al programma di privatizzazioni statali nel settore portuale, aeroportuale e ferroviario. Una tale crescente attenzione meriterebbe maggiore controllo da parte delle istituzioni europee. Infatti, se da una parte ciò significa l’arrivo di capitali freschi nelle casse di Atene, dall’altra si corre il rischio che il governo greco, sotto pressione da parte della Troika, possa vendere a prezzi troppo bassi gli asset di Stato e senza adeguate contropartite, rischiando così di portare uno svantaggio al paese nel medio e lungo periodo.

L’UE non ha comunque mancato di esprimere preoccupazione per le pratiche di dumping seguite da alcune società cinesi, come dimostrato recentemente dall’annuncio del Commissario UE al commercio, Karel De Gucht, dell’avvio di una investigazione formale nei confronti proprio di Huawei. La Grecia, dunque, ha già avuto e continuerà ad avere benefici dall’arrivo di capitali cinesi; ciò che resta da capire è quale possa essere l’impatto e quali gli effetti di medio e lungo periodo per l’economia greca e per quella europea nel suo complesso.