Il tempo della difesa europea

Questo articolo è pubblicato sul numero 2-2024 di Aspenia

Le tensioni geopolitiche hanno riacceso un dibattito, quello sulla difesa europea, che in più occasioni sembrava giunto a un punto di svolta. È difficile capire se si tratta davvero della volta buona, ma le sfide convergenti a cui l’Europa è esposta — dalle guerre in Ucraina e Medio Oriente alle incertezze sull’impegno americano — richiedono una risposta. E questa non può che arrivare da un nuovo patto transatlantico che ravvivi e bilanci la relazione NATO-UE, portando a una maggior responsabilità finanziaria, oltre che politica, del vecchio continente.

 

È l’ora della difesa europea! L’avete già sentito dire? Io sì. L’“ora dell’Europa” è un concetto che torna ciclicamente. Ecco perché non mi ha mai persuaso chi continua a ripetere che l’ora dell’Europa è ormai prossima. Adesso, invece? È possibile. Le maggiori “minacce” alla sicurezza paneuropea non vengono tanto dalla Russia, ma da un’America stanca e in trasformazione, e da quegli europei negazionisti che preferiscono vivere nel mondo fantastico della costruzione delle istituzioni quale alternativa alla realizzazione di un potere reale, compreso quello delle armi. Nell’ultimo decennio l’UE ha sparso a piene mani innumerevoli iniziative istituzionali: la Strategia globale dell’UE, la nuova Cooperazione strutturata permanente (PESCO), il Fondo europeo per la difesa (FED), la direzione generale Industria della difesa e spazio (DG DEFIS) e, naturalmente, la Bussola strategica dell’UE. Se non altro, tali passi diplomatici offrono ai giovani ricercatori opportunità proficue per perder tempo a reinventare concetti già esistenti in merito alla difesa dell’UE, dimostrando il loro impegno per la causa. Quindi, giusto per amor di discussione, supponiamo che gli europei decidano collettivamente che l’ora dell’Europa sia finalmente giunta e che l’“Europa” debba costruire una futura forza comune in grado di rispondere alle minacce che le si pongono di fronte. In che modo potrebbero farlo?

In primo luogo, permettetemi di sgomberare il campo da alcune fantasie. Qualsiasi sforzo di questo tipo sarà collettivo, piuttosto che comune. Non vi saranno, infatti, una sicurezza e una difesa comune europee. Affinché l’UE abbia una vera Politica di sicurezza e difesa comune, occorrerebbe prima un Governo europeo in cui tutte le decisioni più cruciali fossero prese da un organismo sovranazionale, ma questo non accadrà. Anche perché il costo di un’Europa strategicamente autonoma significherebbe che ogni Stato europeo dovrebbe spendere circa il 6% del PIL per la difesa, e la difesa europea senza la Gran Bretagna, l’unica potenza marittima di un certo peso, non sarebbe affatto una difesa. Quanto all’America? Nonostante l’atteggiamento burbero che li caratterizza al momento, gli americani non lasceranno mai la NATO, Trump o non Trump, ma saranno sempre più sgradevoli nel sollecitare l’UE a fare assai di più all’interno della propria architettura. A ogni modo, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, la Strategia di sicurezza nazionale della Germania del 2022 e l’ingresso della Finlandia e della Svezia nell’Alleanza hanno di fatto spento le ultime aspirazioni a una difesa europea veramente comune.

Esistono due paradossi in merito. Primo, il futuro della difesa europea è nella NATO, non nell’UE, eppure il futuro della NATO non può essere realizzato senza l’UE. Secondo, mentre il futuro immediato della difesa europea guidata dagli europei stessi è nella NATO, con il trascorrere del tempo, il pilastro europeo dell’Alleanza funzionerà anche da incubatore per una futura difesa collettiva degli europei. Di conseguenza, ciò che conta davvero per il futuro dell’Europa è la forza della partnership (non del rapporto) strategica NATO-UE.

 

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RITORNO AL REALISMO. Vi sono tre sfide convergenti la cui portata richiede in questo momento un ritorno dell’Europa al realismo: la minaccia posta dalla Russia, tanto evidente con l’attacco all’Ucraina; la continua minaccia alla sfera meridionale della NATO da parte dell’instabilità strutturale in Medio Oriente e Nord Africa, e la minaccia implicita di un’America ormai stufa. Il presidente Putin ha affermato che quella in corso è una guerra contro l’Occidente, non solo contro l’Ucraina. La minaccia di un’America ormai stufa si pone agli alleati da molti decenni e può essere riassunta in questo modo: come ridistribuire al meglio i contributi e le responsabilità di leadership tra gli Stati Uniti e gli alleati europei, in linea con le esigenze critiche della difesa e della sicurezza europee. È necessario un netto miglioramento dell’impegno per la sicurezza e la difesa, un considerevole aumento delle capacità di difesa e un’accelerazione nello schieramento di armi ed equipaggiamenti. Le tre minacce sono collegate tra loro, perché in assenza di una risposta efficace a una di esse, si favorirà la maggiore belligeranza e, probabilmente, un’ulteriore aggressione russa contro la quale gli alleati non saranno in grado di rispondere, rischiando così di approfondire le divisioni euroatlantiche sulla condivisione degli oneri e delle responsabilità. È chiaro che se gli americani vogliono rimanere seriamente impegnati nella NATO, saranno gli europei a doversi assumere la responsabilità di gran parte del progetto atlantico.

Ma cosa significherebbe in pratica? Considerate le pressioni di Washington per realizzare ciò che gli americani pretenderanno come requisito minimo di capacità, gli alleati della NATO (a esclusione degli stessi Stati Uniti) dovranno mettere in campo collettivamente almeno il 50% delle capacità previste dalla medesima Alleanza entro il 2030. Nel lungo periodo (2040) gli alleati europei dovranno probabilmente fornire i due terzi (67%) della capacità operativa combinata della NATO per la difesa collettiva, misurata in forze rapidamente utilizzabili, strumenti di supporto e altre capacità.

Qualsiasi aumento delle capacità militari dell’Europa e la stessa possibilità di generare tali capacità porrebbero in primo piano la partnership strategica NATO-UE a causa dell’inclinazione dell’UE a razionalizzare e regolamentare. L’UE dovrebbe anche riscrivere le regole della PESCO per i paesi terzi al fine di includere la Gran Bretagna. La partnership strategica NATO-UE dovrebbe inoltre riflettere con occhio critico un contributo americano adeguato, ma sempre vitale, alla deterrenza e alla difesa europee, senza inibire in alcun modo la PESCO. L’Agenzia europea per la difesa e il Fondo europeo per la difesa sarebbero inoltre fondamentali per rivitalizzare il moribondo accordo Berlin-Plus o qualsiasi sia la sua denominazione. In cambio, l’UE guiderebbe la riorganizzazione della Base industriale e tecnologica di difesa europea (EDTIB), la quale tuttavia avrebbe un costo che l’Europa a bassa crescita troverebbe oneroso. Infatti, un obiettivo compreso fra la metà e i due terzi della capacità operativa richiederebbe a tutti gli europei di spendere almeno il 3-4% del PIL per la difesa e di sostenere i costi di una profonda ristrutturazione dell’EDTIB. Da dove cominciare?

 

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UN NUOVO PATTO TRANSATLANTICO. Nell’aprile 2024, l’Alphen Group ha presentato il cosiddetto il Patto transatlantico, che propone una serie di misure per bilanciare in modo pragmatico le responsabilità, l’equità e l’economicità della difesa europea, sulla base di una relazione strategica NATO-UE potenziata. Le misure previste includono l’utilizzo della nuova Forza di Reazione Alleata (ARF) e il consolidamento di tutte le forze di risposta rapida dell’Alleanza in un unico pool che porterebbe, nel tempo, alla creazione di una forza mobile pesante alleata a guida europea. Si tratterebbe, dunque, di una cooperazione molto più intensa tra NATO e Unione Europea per consentire una risposta a tutto campo alle sfide poste dall’aggressione russa all’Ucraina e alla conseguente minaccia per l’Occidente. In altri termini, rafforzare la capacità dell’Unione e dell’Alleanza di contribuire alla prevenzione delle crisi e alla risoluzione dei conflitti, nonché al rafforzamento della sicurezza internazionale, mantenendo una capacità di intervento rapido credibile e rafforzando i partenariati e gli altri strumenti di cooperazione in materia di sicurezza.

La partnership strategica NATO-UE sarebbe fondamentale per garantire l’impegno e la coerenza degli sforzi. La credibilità e l’efficacia di tale strategia globale dipenderanno, in parte, proprio dall’impegno e dagli sforzi di ogni alleato e dal raggiungimento di un elevato grado di unità all’interno dell’Alleanza e dell’Unione, se gli alleati europei (e il Canada) dovranno gradualmente assumersi una responsabilità sempre maggiore (sul piano finanziario, militare e politico) per la realizzazione di tale capacità di sicurezza e difesa rafforzata.

Le Tecnologie emergenti e dirompenti (EDT) sarebbero l’epicentro della futura partnership strategica NATO-UE. A tal fine, è fondamentale che questi due attori sviluppino, condividano e integrino maggiormente le moderne tecnologie nei sistemi di difesa e deterrenza della NATO. Ciò sarà possibile sfruttando al meglio l’Acceleratore di innovazione per la difesa per l’Atlantico settentrionale (DIANA) e il Fondo europeo per la difesa. Questa “inseminazione” dell’EDTIB sarà fondamentale per costruire una partnership per la crescita della difesa attraverso una catena di fornitura molto più ampia di quanto messo in atto finora.

L’UE e la NATO devono inoltre ampliare e modernizzare la capacità della partnership di difendersi meglio dalle minacce ibride, sviluppando capacità informatiche e cyber concepite ad hoc per rafforzare la deterrenza convenzionale e nucleare attraverso la minaccia implicita alle risorse, alle forze e alle capacità russe. Per quanto controverso — e dato che nel prossimo futuro non vi sarà un deterrente nucleare europeo esteso — è chiaro che l’UE avrà un ruolo rilevante da svolgere per abilitare ulteriormente le forze nucleari europee, le difese missilistiche, le capacità cyber e spaziali.

Una maggior economicità e interoperabilità sarà possibile solo attraverso una più stretta unità di intenti, una più marcata efficienza degli sforzi e dunque una più netta standardizzazione, laddove possibile. Gli alleati europei devono superare gli ostacoli politici e finanziari di lunga data alla standardizzazione e all’interoperabilità. Quando più alleati acquistano lo stesso equipaggiamento, anche se di provenienza non comunitaria, ne deriva una migliore interoperabilità. Ma la soluzione a lungo termine è che i membri di Unione Europea e NATO, insieme al Regno Unito, elaborino accordi di coproduzione e condivisione per produrre meglio e mettere in campo rapidamente, su base multinazionale, equipaggiamenti per più alleati, volti proprio ad accrescere interoperabilità ed economicità.

 

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LA NUOVA DETERRENZA. Quindi, è di nuovo l’ora dell’Europa? Forse. La NATO non può riuscire nella sua missione se l’UE fallisce nella propria. O, in altri termini, se gli alleati della NATO e gli Stati membri dell’UE non sono in grado di proteggere i propri cittadini, avranno difficoltà a proiettare di sé un’immagine di potenza. Guardando al futuro, tale “potenza” comprenderà anche un’Alleanza quantum ready, per la quale l’UE sarà un facilitatore fondamentale. I conflitti moderni non si combattono semplicemente con sistemi militari sul campo di battaglia, ma in un orizzonte “congelato” in cui si scontrano informazioni e tecnologia. Una deterrenza credibile non si baserà solo su una crudele equazione di carri armati e testate, droni e bot. Gli europei dovranno anche contrastare (con dati incontrovertibili) disinformazione, minacce informatiche e altre minacce ibride, e prepararsi a fruire dell’imminente rivoluzione della tecnologia informatica. La nuova deterrenza comporterà che le democrazie europee rimangano costantemente all’erta di fronte alle minacce poste alla coesione democratica che utilizzano i moderni mezzi di comunicazione, la disinformazione e le applicazioni maligne dell’intelligenza artificiale.

La rinnovata minaccia della Russia, un’America riottosa e l’urgente necessità che gli europei si assumano maggiori responsabilità per la difesa del proprio continente suggeriscono che l’Alleanza debba muoversi rapidamente e con decisione per cogliere lo slancio del momento. Un nuovo Patto transatlantico fornirebbe quindi il percorso verso un futuro in cui gli alleati della NATO saranno in grado di sostenere in modo dimostrabile e conveniente l’impegno a “non nuocere” assunto nell’originale Trattato del Nord Atlantico per “salvaguardare la libertà, il patrimonio comune e la civiltà dei loro popoli, fondati sui principi della democrazia, della libertà individuale e dello Stato di diritto”. Un impegno rinnovato, un’energia rafforzata e una volontà ripristinata saranno le fondamenta di un’Alleanza che anche in futuro continuerà a servire gli interessi vitali del Nord America e dell’Europa. E questo può essere realizzato solo insieme all’UE.

Non ne abbiamo la certezza, ma se gli europei riusciranno a far sì che la propria difesa collettiva agisca di concerto (e in tempo utile), la Partnership strategica NATO-UE potrebbe un giorno diventare la Partnership strategica UE-NATO, e non solo di nome. Per lo meno, non dovrei più ascoltare discorsi vacui sul “destino” della difesa comune europea, in cui l’ora dell’Europa è ancora una volta arrivata… e passata!

 

“O Faustus, lascia queste frivole richieste,
che incutono terrore alla mia debole anima.”
Il dottor Faustus, Christopher Marlowe

 

 


*Questo articolo è pubblicato sul numero 2-2024 di Aspenia

 

 

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