Due partiti, due culture, due nazioni?

Dal numero 95 di Aspenia

Per più di 150 anni il panorama politico degli Stati Uniti è stato dominato da due soli grandi partiti. Il sistema bipartitico è una conseguenza naturale della struttura elettorale americana così com’è delineata nella Costituzione, che prevede un presidente dotato di ampi poteri, eletto a maggioranza da un organo noto come Collegio elettorale e composto su base statale, e un Congresso federale i cui membri sono eletti, sempre con sistema maggioritario, in collegi uninominali distrettuali (per la Camera dei Rappresentanti) o statali (per il Senato). Per quanto molti piccoli partiti e movimenti politici abbiano tentato nel corso degli anni di mettere in discussione questo sistema, nessuno è riuscito a modificarne la struttura bipartitica. I due partiti principali, democratico e repubblicano, sopravvivono e si contendono il potere organizzati in ampie coalizioni che ospitano spesso al loro interno correnti in competizione.

Questa struttura storica è sopravvissuta nel tempo, assorbendo i cambiamenti demografici, culturali e ideologici del paese: nuovi movimenti e voci emergenti hanno finito per associarsi a un partito o all’altro. Per quanti difetti possa avere, questo sistema ha il suo punto di forza nella stabilità, ha sempre garantito il regolare svolgimento di elezioni più o meno libere e i due partiti si sono pacificamente alternati al controllo del potere esecutivo e legislativo fin dai tempi della guerra civile del 1861-65.

Il bipartitismo americano nelle elezioni presidenziali (Wikipedia)

 

LA POLARIZZAZIONE SENZA LIMITI. Questa stabilità è oggi a rischio. Gli eventi traumatici del 6 gennaio 2021, che hanno segnato il primo passaggio di poteri non pacifico dai tempi della guerra civile, sono stati giustamente attribuiti alle iniziative antidemocratiche messe in atto dal presidente Donald Trump nel disperato tentativo di minare un risultato elettorale legittimo. Trump però non è nato dal nulla. E’ solo il sintomo più evidente di una frattura profonda e fondamentale del paese: una frattura che si è ampliata fino a diventare una minaccia esistenziale per la stabilità democratica che finora generazioni di americani avevano dato per scontata.

Analisti e osservatori politici sottolineano con sempre maggiore frequenza la “polarizzazione” della politica americana, e il termine è certamente accurato. Anche se la percentuale di americani che si identificano personalmente con uno o l’altro dei due maggiori partiti è in realtà leggermente diminuita nel corso dell’ultimo secolo, osservando più da vicino i comportamenti politici si nota che quasi il 90% degli elettori sono fedeli sostenitori di un partito o dell’altro, un dato costante almeno dal 2008. L’identificazione partitica di per sé non è certo un problema: in una democrazia sana, una vivace competizione fra idee e interessi differenti è un pregio, non un difetto. Oggi, tuttavia, le due entità denominate partito democratico e partito repubblicano sono passate dall’essere avversari politici a qualcosa di più rischioso. I due partiti incarnano ormai uno scontro aspro e inconciliabile fra due visioni del mondo incompatibili, che mette in discussione le normali regole democratiche.

 

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LA MAPPA DI DUE TRIBÙ. La tipica mappa delle elezioni presidenziali americane è un mosaico di stati rossi, repubblicani, e blu, democratici. Il sistema costituzionale del Collegio elettorale ha conseguenze politiche note: la vittoria di uno dei due partiti e la conseguente elezione del presidente dipendono dalla capacità di costruire una maggioranza di 270 voti all’interno del Collegio elettorale, sommando le vittorie ottenute in ciascuno stato. Tuttavia, uno sguardo più attento all’interno di ogni stato, rosso o blu che sia, rivela divari geografici più rilevanti, che negli ultimi anni si sono accentuati.

Il centro di tutte le grandi città degli Stati Uniti, senza eccezioni, in qualunque stato si trovino, è colorato di blu scuro, con una forte concentrazione di elettori democratici. Nelle città più grandi e lungo le coste le aree blu sono decisamente estese. Ognuna di queste città blu scuro è circondata da una fascia suburbana il cui colore è un misto di blu chiaro e rosso chiaro, più blu verso il centro, più rossa verso l’esterno. Invece quasi tutte le aree rurali (con alcune interessanti eccezioni), migliaia di contee scarsamente popolate in ogni parte del paese, sono colorate di rosso scuro. Il “Big Sort” descritto da Bill Bishop nel 2008 si è accentuato nelle città e nei singoli quartieri: la maggior parte degli americani sceglie di vivere tra i membri della propria tribù politica.

Questa differenza fra città e campagna si è intensificata durante le elezioni che si sono svolte a partire dal 2016. Fra il 2016 e il 2020 i voti a favore di Donald Trump sono diminuiti in tre quarti delle grandi aree metropolitane del paese e aumentati in due terzi delle contee rurali. Sebbene il costante impegno di Trump nell’alimentare le contrapposizioni razziali, culturali ed economiche abbia indubbiamente approfondito questa frattura geografica, tale divergenza era già in atto: è una tendenza che sembra destinata a sopravvivere all’ex presidente. Il risentimento che gli elettori rurali conservatori provano verso quelle che percepiscono come élite cosmopolite è un dato documentato nelle democrazie di tutto il mondo, inclusa quella americana. Nelle elezioni del novembre 2021 in Virginia, il candidato repubblicano ha vinto di stretta misura raccogliendo oltre il 70% dei voti a suo favore nelle 45 contee prevalentemente rurali e guadagnando poco terreno nelle aree suburbane, mentre le aree urbane più centrali sono rimaste saldamente democratiche.

Ogni elezione, in ogni stato, oggi si sviluppa attorno a questo contrasto di fondo fra città e campagna. Persino il Texas, il grande “stato rosso” per antonomasia della politica americana, ospita quattro enormi aree metropolitane che potrebbero, nel corso del prossimo decennio, colorare lo stato di blu, grazie alla crescita continua della popolazione giovane, multietnica e altamente istruita che le abita.

 

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I VALORI DIVIDONO. A partire dall’inizio di questo secolo, durante la presidenza di George W. Bush, e con sempre maggiore intensità da allora in poi, i sondaggi hanno mostrato un crescente divario fra gli elettorati dei due partiti, non solo su questioni strettamente politiche come avveniva in passato ma anche su valori fondamentali. Sebbene un ampio spettro di opinioni non sia una novità per la politica americana, è invece una novità che ogni convinzione, su qualunque argomento, finisca per produrre uno schema settario.

Durante la maggior parte del ventesimo secolo, entrambi i partiti hanno rappresentato un ampio ventaglio di posizioni, dalla sinistra ideologica alla destra, con grandi gruppi di moderati nel mezzo. La progressiva riduzione dei moderati è il dato rilevante degli ultimi anni.

Di fatto, oggi non ci sono praticamente più elettori liberal nella compagine repubblicana né elettori conservatori in quella democratica. Da quando Donald Trump, nel 2016, si è presentato come candidato presidenziale repubblicano e poi durante i suoi anni alla Casa Bianca, la contrapposizione fra le due tribù politiche si è estesa fino a includere opinioni opposte su fatti e realtà oggettive.

Prendiamo ad esempio alcuni temi elencati nella tabella che segue: la stragrande maggioranza degli elettori democratici (inclusi gli indipendenti che votano per il partito democratico) condivide le opinioni elencate nella colonna di sinistra mentre gli elettori repubblicani (e gli indipendenti che votano per il partito repubblicano) condividono quelle elencate nella colonna di destra. Ogni volta che si fa un sondaggio su questi temi si ripropone la stessa rigida contrapposizione, mentre fino a quaranta o anche venti anni fa i membri di ciascun partito avevano opinioni più varie e “miste”[1].

 

Gli elettori democratici pensano che Gli elettori repubblicani pensano che
·               L’aborto dovrebbe essere legale

·               Il governo dovrebbe garantire l’assistenza sanitaria a tutti gli americani

·               La pena di morte dovrebbe essere abolita

·               L’America dovrebbe accogliere nuovi immigrati

·               Le tasse sui ricchi e sulle multinazionali dovrebbero essere aumentate

·               L’aborto dovrebbe essere illegale

·               Il governo non dovrebbe garantire l’assistenza sanitaria a tutti gli americani

·               La pena di morte dovrebbe essere applicata

·               L’America dovrebbe limitare ulteriormente l’immigrazione

·               Le tasse dovrebbero essere ridotte per tutti

 

Queste contrapposizioni fra destra e sinistra ci sono familiari e non sono di per sé motivo di crisi, anche se negli ultimi anni si sono irrigidite. Più preoccupante è che questi orientamenti di parte si siano trasformati in visioni del mondo radicalmente contrapposte. Non si tratta più di opinioni divergenti su temi specifici, ma di divergenze di principio: che cosa ci sta a cuore, quali obiettivi abbiamo e che in che tipo di società vogliamo vivere. Per continuare l’elenco degli atteggiamenti contrapposti che emergono dai sondaggi, guardiamo a questa seconda tabella.

 

Gli elettori democratici pensano che Gli elettori repubblicani pensano che
·               La ricchezza di una persona dipende largamente dal contesto in cui è nata

·               Il governo dovrebbe fare di più per aiutare le persone che sono state emarginate dal razzismo

·               Sarebbero disposti a rinunciare ad alcuni vantaggi personali per migliorare le condizioni di vita della maggioranza degli americani

·               Il voto è un diritto fondamentale di ogni cittadino americano adulto e non dovrebbe essere limitato

·               Gli Stati Uniti dovrebbero essere un crogiolo di culture e valori differenti

·               L’apertura dell’America nei confronti di persone provenienti da tutto il mondo è essenziale per l’identità nazionale

·               La ricchezza di una persona dipende soprattutto da quanto duramente lavora nella vita

·               Invece di lamentarsi del razzismo, certe persone dovrebbero impegnarsi di più per migliorare le loro comunità

·               Non sono disposti a rinunciare ad alcuni vantaggi personali per migliorare le condizioni di vita della maggioranza degli americani

·               Il diritto di voto è un privilegio che comporta delle responsabilità e può essere limitato

·               Gli Stati Uniti dovrebbero avere una cultura essenzialmente americana

·               Un’apertura eccessiva dell’America nei confronti di persone provenienti da tutto il mondo è un rischio per l’identità nazionale

 

Ne emerge un netto divario di valori sui temi dell’inclusione e dell’esclusione, che si riflette sugli schieramenti politici. I democratici credono sempre più e in grande maggioranza in un paese inclusivo, che vede con favore la diversità e punta a migliorare la condizione degli esclusi. I repubblicani credono sempre più e in grande maggioranza in un paese esclusivo e dotato di un’unica cultura. Implicitamente (ma talvolta anche più esplicitamente) questa cultura è bianca, patriarcale e cristiana.

Con il radicarsi e irrigidirsi di questi valori, ciascuno schieramento percepisce ormai lo schieramento opposto come una minaccia esistenziale. Se, come credono oggi molti repubblicani, la cultura e l’identità dell’America saranno letteralmente distrutte da un partito democratico che crede nell’immigrazione incontrollata e nel socialismo, l’importanza di tenere i democratici lontani dal potere supera qualunque altra preoccupazione, inclusa quella di rispettare le norme della democrazia. E se, come credono oggi molti democratici, la società varia e inclusiva dell’America sarà letteralmente distrutta da un partito repubblicano che crede nella superiorità dei bianchi e nella teocrazia, anche tenere i repubblicani lontani dal potere assume un’importanza decisiva ed “esistenziale”.

 

LA CRISI EPISTEMIOLOGICA. Si è aggiunta, a peggiorare uno scontro di carattere tribale, la pandemia: la questione di cosa sia vero o cosa sia falso e di come distinguerli. Naturalmente, le fake news non sono certo una novità e i politici hanno sempre cercato di influenzare la percezione della verità. La novità sta nell’emergere di un intero ecosistema comunicativo che ha collegato l’ideologia di destra (negli Stati Uniti quella repubblicana) a un sistema di convinzioni oggettivamente false. Ecco un’altra serie di opinioni discordanti che emergono dai sondaggi. La differenza qui sta nel fatto che quelli in cui crede la maggioranza dei democratici sono essenzialmente dati di fatto mentre quelli in cui crede la maggioranza dei repubblicani non lo sono[2].

 

Gli elettori democratici pensano che Gli elettori repubblicani pensano che
·               Il cambiamento climatico è un problema globale causato dall’attività umana

·               La pandemia da Covid-19 ha ucciso 700.000 americani

·               Il vaccino contro il Covid-19 è sicuro ed efficace

·               Joe Biden ha vinto le elezioni nel 2020 con una legittima maggioranza di voti

·               L’attacco al Campidoglio del 6 gennaio 2021 è stato guidato da sostenitori di Trump

 

·               Le cause del cambiamento climatico non sono certe e i rischi sono esagerati

·               Il governo gonfia le cifre delle vittime del Covid-19

·               Il vaccino contro il Covid-19 ha gravi effetti collaterali, come per esempio l’infertilità

·               Joe Biden ha vinto le elezioni nel 2020 solo in virtù di brogli elettorali

·               L’attacco al Campidoglio del 6 gennaio 2021 è stato guidato da manifestanti di sinistra che cercavano di mettere Trump in cattiva luce

 

 

LE RADICI DELLO SCONTRO RAZZIALE. La stabilità del sistema bipartitico non implica che gli Stati Uniti non abbiano mai sperimentato la violenza politica, soprattutto quella razziale. In particolare, la fine dell’era della Ricostruzione, negli anni 1870, e il ripristino della supremazia bianca nel Sud sono passati attraverso azioni di terrorismo a sfondo razziale quali linciaggi, azioni violente da parte del KKK e il rovesciamento armato di parlamentari neri eletti in Louisiana, North Carolina e altrove. Più tardi, nel periodo di “forte resistenza” all’integrazione razziale degli anni Cinquanta e Sessanta si sono verificati episodi di violenza implicitamente o esplicitamente incoraggiati da politici bianchi segregazionisti, che erano perlopiù democratici.

I semi dell’odierna frattura politica attorno ai valori sono stati piantati in quell’epoca, con l’adozione dal parte del partito repubblicano della “Southern Strategy”. Mentre i democratici assumevano un atteggiamento sempre più progressista nei confronti dell’inclusione razziale e degli investimenti sociali, i repubblicani si rivolgevano agli elettori bianchi conservatori del Sud che avevano fatto parte della coalizione democratica usando un linguaggio razzialmente connotato e facendo appello ai “valori tradizionali” in opposizione ai movimenti femministi e a quelli per i diritti civili e per i diritti degli omosessuali. I successivi decenni di battaglie politiche su questi temi – basate più sui valori e le divisioni sociali che sugli interessi economici – hanno prodotto le due coalizioni profondamente divise che vediamo oggi: democratici di città, istruiti, laici e multietnici e repubblicani di campagna, meno istruiti, più cristiani e bianchi. Trump ha reso il linguaggio più esplicito, ma la sua coalizione e la sua retorica nel 2020 riflettevano ancora la strategia elaborata quarant’anni prima.

 

IL RISCHIO DI UNA SPIRALE DI VIOLENZA. In un paese in cui i due partiti politici sono separati geograficamente, demograficamente, culturalmente e fattualmente, restano pochi punti d’incontro. Paradossalmente, uno dei pochi argomenti su cui nei sondaggi recenti si riscontra un forte accordo fra i due partiti è che le divisioni in atto nel paese rappresentano una seria minaccia per il futuro della democrazia – il 79% dei democratici e l’89% dei repubblicani condividono questa opinione. Ma naturalmente ogni partito ritiene che l’altro sia la fonte di questa minaccia[3]. Ancora una volta, i sostenitori dei due partiti si basano su fonti di informazione diverse e nutrono opinioni contrapposte su ciò che sta realmente accadendo.

Alcuni leader repubblicani, resisi conto del pericolo, hanno provato ad allontanare il partito dall’orlo del precipizio, senza riuscirci. Della manciata di repubblicani che al Congresso ha votato a favore dell’impeachment del presidente Trump per avere fomentato la rivolta del 6 gennaio, la maggior parte non si presenterà alle prossime elezioni: non intendono affrontare gli elettori delle primarie repubblicane, visto che li considerano dei traditori. I funzionari statali repubblicani che hanno certificato la vittoria di Biden alle elezioni in Georgia, Arizona, Pennsylvania, Wisconsin e Michigan, gli stati contesi, hanno ricevuto insulti e minacce di morte e alcuni di loro sono stati espulsi dal partito. Anche coloro che hanno votato a favore della legge sulle infrastrutture promossa dal presidente Biden nel novembre del 2021 – legge che un tempo godeva di un ampio consenso bipartisan – stanno subendo un’ondata di minacce violente da parte dei loro elettori.

 

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Sia chiaro: la maggioranza dei repubblicani, e i sondaggi lo confermano, non è a favore della violenza politica ma questo modo di pensare si sta diffondendo. A ottobre del 2021, il 30% dei repubblicani (e l’11% dei democratici) credeva che “i veri patrioti americani potrebbero dover ricorrere alla violenza per salvare il nostro paese”[4]. In assenza di fonti di informazione o di leader ritenuti affidabili da entrambe le parti, non è chiaro chi o cosa possa interrompere questa spirale di paura e ripristinare la capacità degli americani di fare politica in maniera normale.

 

 


*Questo articolo è stato pubblicato sul numero 95 di Aspenia

 

 


Le opinioni espresse sono strettamente personali e non rappresentano le posizioni di organizzazioni con cui l’autore collabora.

 

 


*Footnotes: 

[1] Sondaggio ap-norc, Università di Chicago, “Diversity and Immigration in America”, 21 ottobre 2019. Sondaggio Pew Research Center, “How the Typology Groups Compare” 9 novembre 2021. Sondaggio Lake Research Partners, PolicyLink, novembre 2021, inedito.

[2] Sondaggio Gallup, “Americans as concerned as ever about global warming”, 25 marzo 2019. Sondaggio Kaiser Family Foundation, “Covid-19 Vaccine Monitor: Media and Misinformation”, 8 novembre 2021. Sondaggio Monmouth University, “Public supports both early voting and requiring photo id to vote”, 21 giugno 2021. Sondaggio YouGov/Yahoo News, “Covid-19 Vaccination Survey”, 26 maggio 2021.

[3] Sondaggio npr/pbs NewsHour/Marist, “Trust in elections, threat to democracy, Biden approval”, 1 novembre 2021.

[4] Sondaggio Public Religion Research Institute, “Competing visions of America”, 1 novembre, 2021.

 

 

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