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Il nuovo ruolo dei cattolici negli USA

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Il ruolo dei cattolici nella società e nella politica americane è molto cambiato dalla metà dell’Ottocento, quando questa minoranza era oggetto di campagne denigratorie e attacchi da parte del movimento nativista Know Nothing e dell’American Party, convinti che i nuovi immigrati, arrivati appunto da regioni europee di osservanza cattolica, facessero parte di una cospirazione volta a sovvertire le libertà americane. Ed è cambiato anche dal 1960, quando John Kennedy, presidente di origine irlandese e primo cattolico alla Casa Bianca, era costretto a rassicurare i votanti protestanti che la sua fede non avrebbe influito negativamente sulla sua attività politica.

La chiesa di St. Elizabeth Ann Bayley Seton, a New York

 

Oggi infatti i cattolici sono entrati a pieno titolo non solo nel mainstream socio-politico degli USA, ma anche nelle “stanze dei bottoni”: come mostra il fatto che non solo l’ex presidente Joe Biden, l’attuale Vice-presidente J.D. Vance e numerosi altri membri di alto livello dell’amministrazione Trump, ma anche il 30% dei membri del Congresso e sei dei nove giudici della Corte Suprema appartengono a questa confessione.

 

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Molti elementi spiegano un’evoluzione così significativa. Innanzitutto, ad avere pesato è stata la crescita significativa di questa comunità, che dalla metà del Novecento rappresenta circa il 20% della popolazione totale e, oggi, il 30% dei Cristiani statunitensi: numeri che hanno portato la Chiesa di Roma a essere la più seguita istituzione religiosa del Paese, a fronte di una fede protestante divisa in numerose congregazioni e gruppi.

Inoltre, è stato cruciale l’impegno sociale e politico di generazioni di cattolici, prima per creare una distinta sub-cultura cattolica negli USA, dotata di proprie scuole, università e altre istituzioni; e poi per fare accettare il cattolicesimo come parte integrante del mondo religioso americano: non più come fede “straniera” e “sospetta”, ma come una delle molte denominazioni cristiane del Paese. Questo anche nonostante scandali che negli ultimi decenni hanno pesato in modo negativo sull’immagine della Chiesa di Roma, in particolare quello legato agli abusi sessuali su minori.

Anche il profilo etnico della popolazione cattolica USA è in evoluzione, con un aumento significativo dei cattolici di origine latinoamericana – conseguenza in primo luogo dei flussi migratori – e un calo relativo di quelli di origine europea, la cui appartenenza socio-culturale specifica è più annacquata, dopo tante generazioni. La tendenza dovrebbe continuare nei prossimi decenni, se si considera che questi ultimi sono mediamente più anziani e fanno meno figli rispetto ai correligionari di origine latino-americana o asiatica.

Anche l’allineamento politico di questa comunità si è nel frattempo evoluto, rispetto alla prima metà del Novecento quando i cattolici, così come altre minoranze etniche e religiose, erano un bastione del voto democratico e della “New Deal Coalition”. Oggi le loro posizioni sono più variegate, in linea con un più generale riallineamento del voto delle comunità religiose: mentre in passato a essere determinante era l’appartenenza a una determinata comunità, ora la maggior parte dei gruppi etnici e religiosi è spaccata sulla questione dei valori, dividendosi tra i due maggiori partiti.

In particolare, mentre i cattolici di origine europea tendono verso il versante del conservatorismo (nel 2020 il 59% di loro aveva votato per Donald Trump e solo il 34% era registrato come votante del Partito Democratico), quelli latini – come mostrano le posizioni dell’icona della sinistra democratica Alexandria Ocasio-Cortez o della giudice progressista della Corte Suprema Sonia Sotomayor – sono ancora sostanzialmente vicini ai Democratici: nel 2020, solo il 30% di loro aveva votato per Trump.

Nel complesso, secondo dati recenti del Pew Forum, nonostante il numero di cattolici che si dichiarano conservatori sia in netta crescita, la maggioranza di essi sostiene posizioni prevalentemente liberali sulle questioni morali e di bioetica: il 70% di loro è favorevole alle unioni tra persone dello stesso sesso, e il 59% alla legalità dell’aborto. Un dato che è però polarizzato politicamente, con i cattolici repubblicani nettamente contrari su entrambi i temi.

Questa dinamica è in linea con una più generale tendenza alla polarizzazione politica, incluso il mondo protestante. La sua conseguenza paradossale è che oggi i cattolici conservatori si trovano spesso più a proprio agio con protestanti conservatori che con cattolici progressisti (i quali a loro volta frequentano più probabilmente protestanti liberal o persone non religiose). Secondo i dati, questa tendenza è però mitigata dal livello di impegno religioso degli individui: infatti, sia fra i cattolici progressisti, sia fra i conservatori, coloro che sono più assiduamente praticanti mostrano un maggiore allineamento con le posizioni della Chiesa, che va a mitigare in qualche caso le contrapposizioni fra le due parti politiche.

La polarizzazione tra cattolici democratici e repubblicani è stata esacerbata negli ultimi anni dal dibattito sulle posizioni di Papa Francesco. Nonostante il pontefice, anche nell’ultimo periodo del suo mandato, rimanesse generalmente molto popolare fra la popolazione cattolica statunitense, il suo gradimento presso le frange conservatrici era andato calando, fino a scendere al 63% negli ultimi anni. Le questioni più problematiche, in questo senso, erano le posizioni di Francesco sull’immigrazione (fenomeno verso il quale il 40% dei cattolici USA nutre sentimenti negativi), la sua relativa apertura verso la comunità LGBT+, e il suo dialogo con l’Islam. È così cresciuto un fronte ostile al pontefice, capeggiato all’interno della Chiesa USA dal cardinale Raymond Burke, che ha ottenuto sempre più rilevanza e visibilità. Di conseguenza, i cattolici conservatori USA sono diventati, secondo diversi osservatori, il nuovo faro del cattolicesimo conservatore mondiale, e della fronda a Papa Francesco.

Una posizione, questa, che ha trovato una sponda nell’amministrazione di Donald Trump, da sempre in rapporti problematici con Papa Bergoglio, e si è manifestata, di recente, con la polemica sulla questione dell’immigrazione fra Papa Francesco e il Vice-presidente J.D. Vance.

 

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Il vice di Donald Trump è in effetti un personaggio interessante per capire l’evoluzione dei cattolici negli USA e delle loro posizioni politiche. Innanzitutto, si tratta di un convertito, educato al cristianesimo evangelico e passato al cattolicesimo solo nel 2019. Un caso atipico quindi, ma che dimostra anche come il cattolicesimo si sia adattato al “mercato religioso” pluralista esistente negli USA, dove la scelta confessionale è sempre meno una questione di famiglia o gruppo sociale, e sempre più di frequente una libera opzione che può mutare nel corso del tempo.

Nel caso di Vance, la scelta di conversione è particolarmente significativa, perché – secondo le sue stesse dichiarazioni – arriva dopo una fase di disinteresse per la religione, e sarebbe motivata da un percorso teologico che lo ha portato a scoprire nel cattolicesimo dottrine che considera in linea con il suo conservatorismo politico. Un atteggiamento intellettuale, questo, che è apparso chiaro anche nel suo confronto con l’attuale pontefice, quando il Vice-presidente ha giustificato il proprio orientamento sull’immigrazione in base alla dottrina agostiniana dell’Ordo Amoris. Questa, secondo Vance, giustificherebbe un’attenzione privilegiata e un trattamento preferenziale prima per la propria famiglia e il proprio vicinato, poi per la propria comunità e nazione, e solo in ultima battuta per il resto del mondo.

É significativo che, in quell’occasione, proprio il Cardinale Prevost, futuro Papa Leone XIV, avesse risposto su X criticando il Vicepresidente e affermando che “Gesù non ci chiede di fare classifiche nel nostro amore per gli altri”. Il nuovo pontefice pone infatti sfide inedite ai cattolici USA: da un lato, le sue radici nordamericane potrebbero rappresentare un elemento propizio per un potenziale riavvicinamento tra l’anima conservatrice e l’anima liberal del cattolicesimo americano; dall’altro, la sua apparente prossimità alle posizioni di Papa Francesco sulle questioni legate alla società multiculturale e all’immigrazione potrebbe creare ulteriori frizioni con un’amministrazione che fa del proprio orientamento securitario su questi temi il proprio cavallo di battaglia.