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Il nuovo quadro commerciale UE-USA: non perdere di vista clima e sostenibilità

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L’EU-US Trade and Technology Council (TTC, Consiglio Commercio e Tecnologia) è una piattaforma inaugurata nel settembre del 2021 con lo scopo di rafforzare il dialogo su nuove tecnologie e politiche commerciali tra le due sponde dell’Atlantico. L’invasione russa dell’Ucraina ha però cambiato in maniera fondamentale la natura del TTC. Lo si intuisce sin dalle prime righe della nota conclusiva della sua seconda riunione, svoltasi a Parigi il 15 e 16 maggio, nella quale appare chiaro quanto il conflitto in Ucraina abbia messo in luce l’importanza della cooperazione tra Washington e Bruxelles.

Nonostante il TTC sia stato concepito soprattutto per contrastare e rallentare l’ascesa tecnologica della Cina, la piattaforma si è infatti riadattata in breve tempo alle nuove circostanze nel coordinare sanzioni e altre misure restrittive contro Mosca. Le considerazioni di natura strategica sopraggiunte a seguito dell’aggressione della Russia non devono però far passare in secondo piano altri obiettivi del TTC, come la sostenibilità e la lotta al cambiamento climatico, ma fungere da catalizzatore per le iniziative connesse, per le quali il dialogo tra i due ‘like minded partners’, Unione Europea e Stati Uniti, risulta ancor più necessario.

I rappresentanti di Stati Uniti e Unione Europea al TTC di Pittsburgh

 

Cos’è il TTC e come è cambiato dallo scoppio della guerra in Ucraina

Il Consiglio Commercio e Tecnologia è una piattaforma che si propone di coordinare il dialogo tra UE e USA su temi quali nuove tecnologie, cambiamento climatico, catene del valore, governance dei dati e altre sfide commerciali. Il TTC permette anche ai due partner di voltare pagina dopo quattro anni di Presidenza Trump e altrettanti di negoziati, terminati in un nulla di fatto, sul Partenariato Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti (TTIP). Tuttavia, il TTC non cerca di rilanciare accordi commerciali, bensì di garantire il dialogo e la cooperazione tra Stati Uniti e Unione Europea sul modello del Consiglio Economico Transatlantico (Transatlantic Economic Council, TEC) lanciato nel 2007 ma poi fallito dopo solo un anno a causa di un blocco sul “pollo al cloro” che ha contribuito ad affossare anche il TTIP. Per evitare la sorte del TEC, il TTC ha lasciato fuori dall’agenda questioni altamente problematiche come standard e barriere normative al commercio e concentrato i suoi sforzi su specifiche aree di cooperazione nelle quali entrambe le parti hanno interesse a raggiungere risultati tangibili.

La struttura della governance del TTC dovrebbe inoltre permettergli di resistere a futuri cambiamenti di amministrazione negli Stati Uniti. Il Consiglio si riunisce periodicamente a livello politico in riunioni che vedono solitamente protagonisti il Segretario di Stato Antony Blinken, il Segretario al Commercio Gina Raimondo, il Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti Katherine Tai e i Vicepresidenti esecutivi della Commissione Europea Valdis Dombrovskis e Margrethe Vestager. A tradurre le decisioni politiche in risultati concreti e ad assicurare continuità nel lavoro del Consiglio sono però i dieci working groups che operano dal punto di vista tecnico sui temi sopra menzionati.

 

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Il TTC del 15 e 16 maggio, tenutosi all’Università Paris-Saclay, ha portato a un coordinamento senza precedenti su sanzioni e controlli alle esportazioni verso la Russia. Alla luce della guerra in Ucraina e del mutato contesto, i due partner hanno infatti utilizzato gli strumenti del TTC per limitare l’accesso di Mosca a tecnologie strategiche nel tentativo di colpire l’industria bellica russa e limitare le capacità del Cremlino di prolungare il conflitto.

Se quindi la speranza iniziale attorno al TTC era quella di ‘riconciliare gli animi’ e rilanciare la cooperazione transatlantica, l’invasione dell’Ucraina ha accentuato la natura strategica e geopolitica del Consiglio. Tuttavia, in vista della terza riunione prevista per la fine del 2022, il TTC, pur mantenendo un focus sulle sfide congiunturali poste dall’aggressione russa, non dovrà dimenticare quelle strutturali, prima fra tutte il cambiamento climatico.

 

Sostenibilità, Clima e Ambiente: le priorità che devono restare

Il commercio tra Stati Uniti e Unione Europea e la cooperazione nello sviluppo di tecnologie verdi sono infatti essenziali per il raggiungimento degli obiettivi prefissati nell’Accordo di Parigi del 2015 e nel Green Deal lanciato dalla UE. Le iniziative legate all’economia circolare, la sostenibilità delle catene del valore, e la possibile (e controversa) introduzione di tasse sul carbonio alla frontiera (Carbon Border Adjustment Mechanisms), necessitano quindi di una più stretta coordinazione transatlantica.

La transizione verso un’economia circolare richiede, per esempio, lo sviluppo di standard e prassi comuni. Di conseguenza, gli scambi commerciali tra USA e UE dovranno facilitare ed incentivare iniziative legate al riciclo, ricondizionamento, riparazione e riutilizzo dei prodotti. A tal fine, lo sviluppo di nuovi standard sul contenuto riciclato di beni, come plastica e apparecchi elettronici, dovrà rientrare nella lista delle aree di cooperazione prioritaria del gruppo di lavoro I (Technology Standards). Promuovere processi di riciclaggio innovativi ed efficaci per materie prime strategiche contribuisce anche a diminuire le dipendenze da fonti di approvvigionamento esterne.

Vulnerabilità comuni sono state inoltre identificate, dal gruppo di lavoro III (Secure Supply Chains), per beni necessari alla transizione energetica quali terre rare e pannelli solari. Non è un caso che questi ultimi siano spesso prodotti in condizioni di lavoro pessime che spesso includono pratiche di lavoro forzato, come accade ad esempio nello Xinjiang cinese. Ulteriore coordinamento sarà quindi necessario per assicurare che le catene del valore globali siano robuste, sostenibili e prive di sfruttamento. Washington e Bruxelles rappresentano due dei mercati più estesi al mondo. La dimensione globale delle loro economie permette loro di esercitare un’influenza considerevole sia su attori privati che su paesi terzi per spingerli ad adottare gli standard di due diligence necessari ad assicurare il rispetto dei diritti umani e la salvaguardia dell’ambiente.

Sradicare il lavoro forzato e garantire che i beni importati in Unione Europea siano sostenibili rimangono due sfide cruciali. A tal riguardo, le conclusioni dell’ultimo incontro del TTC suggeriscono la creazione di un dialogo tripartito su commercio e lavoro (Trade and Labour Dialogue) che coinvolgerà sindacati e aziende, Commissione Europea e governo americano. La coordinazione nello sviluppo e nell’implementazione di strumenti volti ad incrementare la trasparenza delle catene del valore è difatti indispensabile se USA e UE vogliono sfruttare a pieno il proprio market power.

Inoltre, coordinare gli sforzi normativi volti a vietare l’immissione sul mercato europeo e americano di prodotti fabbricati senza rispettare i diritti dei lavoratori contribuirebbe non solo ad assicurare una transizione sostenibile a tutti gli effetti, ma anche a proteggere l’industria europea da pratiche di commercio sleali condotte da soggetti concorrenti come la Cina.

Standard comuni dovranno essere sviluppati anche riguardo alla metodologia per il calcolo dell’impronta ambientale dei prodotti (carbon footprint) all’interno del gruppo di lavoro II (Climate and Clean Tech). Questi saranno necessari specialmente per assicurarsi che il meccanismo europeo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) venga implementato efficacemente senza creare barriere non tariffarie. Il CBAM propone, secondo la versione della Commissione Europea attualmente al vaglio dei due co-legislatori (Consiglio dell’UE e Parlamento), d’imporre, a partire dal 2026, una tassa sulle importazioni calcolata in base all’impatto che la produzione di un bene ha in termini di emissioni di CO2[1]. Ciò implica lo sviluppo di un sistema di calcolo delle emissioni legate ai prodotti che rientrano nell’ambito di applicazione del CBAM (quali cemento, fertilizzanti, alluminio, ferro e acciaio)[2]. Se si vogliono evitare potenziali tenzioni commerciali, Stati Uniti e Unione Europea dovranno cooperare sui dettagli tecnici riguardanti questo sistema di calcolo e, potenzialmente, su un meccanismo comune di adeguamento del carbonio alle frontiere.

Ulteriori sforzi, attualmente ancora a uno stato embrionale, riguardano lo sviluppo di criteri condivisi per veicoli elettrici e green public procurement. Per quest’ultimo, nulla di tangibile è scaturito dall’ultimo TTC, le cui conclusioni si limitano a indicare la necessità di lavorare per una comune concezione del green public procurement con l’obiettivo di raggiungere un “consenso comune.”

 

Lo sguardo sul futuro

Il prossimo TTC si terrà negli Stati Uniti prima della fine 2022. Non è facile predire come e quanto il contesto geopolitico muterà ulteriormente. Tuttavia, è possibile affermare con relativa certezza che le sfide e le tendenze avviate ben prima dell’inaugurazione del Consiglio sono destinate a rimanere al vertice dell’agenda politica europea e americana nei prossimi mesi.

Unione Europea e Stati Uniti dovranno dimostrarsi capaci di preservare il futuro del libero commercio con uno sguardo alla sostenibilità. Le catene del valore e gli scambi commerciali dovranno contribuire alla lotta al cambiamento climatico e alla transizione dell’industria europea. Ciò non deve tradursi in misure protezionistiche e incentivi alla deglobalizzazione. Il lavoro del TTC deve quindi rimanere inclusivo e non isolare i paesi terzi, specialmente quelli meno sviluppati, che rischiano di cadere nelle braccia di Pechino e di Mosca.

 

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Costruire un’economia verde e assicurarsi che il commercio globale contribuisca alla lotta contro il cambiamento climatico dovrà coinvolgere tutti gli stakeholders. Il dialogo su Commercio e Lavoro (Trade and Labour Dialogue) sarà fondamentale per garantire un impatto concreto e positivo per attori privati e lavoratori.

In attesa del prossimo summit, il lavoro del TTC dovrà inoltre passare dal semplice agenda setting alla realizzazione di azioni concrete. Questo vale soprattutto per iniziative legate alla transizione energetica la quale, a seguito dell’aggressione Russa, dovrà realizzarsi in tempi ancora più brevi di quelli anticipati.

Infine, Il TTC deve mantenere la flessibilità necessaria per adattarsi ai mutamenti del contesto geopolitico senza però perdere di vista sostenibilità e clima. Il Consiglio deve quindi rimanere ‘future-proof’ e capace di rispondere sia a sfide congiunturali, legate a un contesto geopolitico sempre più polarizzato e frammentato, sia a problemi sistemici come cambiamento climatico e decarbonizzazione.

 

 


NOTE

[1] La data di entrata in vigore del “Carbon Border Adjustment Mechanism” è ancora in discussione sia in Parlamento che in Consiglio. La commissione Ambiente del Parlamento propone un periodo di transizione tra il 2023 e il 2024, con entrata effettiva in vigore per il 2025. La date di entrata in vigore del CBAM è però strettamente legata al calendario per l’eliminazione graduale delle quote d’emissione gratuite del sistema ETS (il sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’UE) attualmente al centro di un aspro dibattito in Parlamento. Il Gruppo dei socialisti, che con i Verdi propone un più rapido ‘phase-in’ del CBAM e ‘phase-out’ delle quote gratuite  si oppone ai Popolari del PPE che insieme ai liberali di Renew propone una timeline decisamente più dilatata che vedrebbe il CBAM entrare in vigore nel 2026 ma con le quote gratuite ancora in circolazione fino al 2034.

[2] Stati Uniti e Unione Europea stanno già lavorando alla definizione di standard comuni per determinare la ‘CO2 incorporata’ in acciaio e allumino con la creazione di uno specifico gruppo di lavoro istituito attraverso l’accordo globale per l’acciaio e l’alluminio sostenibili siglato nell’ottobre del 2021. Per maggiori informazioni vedi: Joint EU-US Statement on a Global Arrangement on Sustainable Steel and Aluminium, Ottobre 2021; https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/IP_21_5724