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Cina e ambiente: dopo i tassi di crescita, la qualità

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Il tema delle strategie cinesi nell’ambito della sostenibilità deve essere affrontato seguendo percorsi molto complessi. Sarebbe un errore focalizzarsi solo sulle politiche ambientali poiché esse sono sì un tassello importante, ma in un programma più ampio e secondo una prospettiva proiettata di cinquant’anni nel futuro. La Cina nelle strategie geopolitiche sta applicando un concetto che in cinese si scrive con un carattere letto “píng” che potrebbe essere interpretato come “pacificazione attraverso l’appianamento delle differenze”.

Píng in cinese può anche essere tradotto come “tornare alla normalità dopo una brusca crescita”, ovvero ciò che è avvenuto negli anni dell’immenso sviluppo recente. La Cina divenne la fabbrica del mondo, rivoluzionando il paese. Ciò comportò una grave perdita di equilibrio causata dai danni ambientali. Ritornare all’equilibrio attraverso le sole politiche ambientali è impossibile ed è per questo che la Repubblica popolare ha iniziato operazioni di enorme scala per avere nuovamente acque pulite e cielo blu.

 

DAL MIRACOLO CINESE VERSO UN POSSIBILE MIRACOLO VERDE. I dati relativi ai danni ambientali in Cina sono stati oggetto di numerosi studi. Fino al 2008 la situazione era particolarmente difficile. Il settore agricolo era basato su pesticidi e gravato dall’inquinamento chimico. Altrettanto grave era il caso della produzione dell’energia, fino a quel momento basata al 70% sul carbone. Negli anni 2008-2018 la Cina aveva in progetto la costruzione di 500 nuove centrali elettriche basate su questo materiale, ma con tecnologie migliorate. Un enorme passo avanti avvenne nel 2008 con la campagna di conversione verso il metano nella produzione elettrica. Un altro caso è del 2016 con la creazione a Datong di una nuova centrale elettrica solare al posto di una importante centrale a carbone.

Fin dal 2011 era apparso chiaro il problema dell’inquinamento atmosferico indicato dal particolato pm 2,5 e dall’ozono. Nel 2012, iniziarono discussioni pubbliche nelle province di Sichuan, Jiangsu e Zhejiang. Già a partire dal 2013, pur non rinunciando alla crescita economica accelerata, la Cina pubblicò un ambizioso piano per una “rivoluzione energetica” contro il carbone. Nel 2015, il presidente Xi Jinping e l’allora presidente degli Stati Uniti Barack Obama fecero una dichiarazione congiunta sul cambiamento climatico. Per la prima volta la Cina prese un impegno internazionale per creare un calendario effettivo relativo al picco delle emissioni di CO2, poi sfociato nell’accordo di Parigi del 2015.

La lotta all’inquinamento atmosferico contro il pm 2,5 ha dato risultati concreti, salvando centinaia di migliaia di vite nel solo 2017, come affermato dalla National Academy of Sciences statunitense. Se nel 2013, secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, la concentrazione del microparticolato era quaranta volte maggiore del livello accettabile, negli anni 2013-2017 le condizioni sono andate migliorando: tra il 2017 e il 2018 Pechino ha ridotto del 10% il livello di inquinamento. Il 2018 fu un anno particolarmente importante perché la Cina riconfigurò i suoi ministeri, creando anche il ministero dell’Ecologia e dell’Ambiente e il ministero delle Risorse naturali. Nel marzo venne aggiunta alla costituzione cinese il concetto di “civiltà ecologica”.

Giornata da “allarme rosso” ambientale a Pechino nel 2015

 

Durante il XIII Piano Quinquennale il livello di concentrazione del pm 2,5 scese nelle città a livello di prefettura del 21,7%; la percentuale di acque di superficie con una qualità accettabile salì del 8,9%; le acque di superficie con una grado di inquinamento al di sotto del grado v è salito del 6,3% a partire dal 2016; sempre dal 2016 la Cina ha convertito 8,8 milioni di ettari da deserto a terra verde; la superficie di foreste è salita al 22,96%; la percentuale di autobus elettrici è incrementata dal 20% nel 2015 e al 60% nel 2020; con le azioni di protezione ecologica, 3 milioni di persone hanno visto aumentare il proprio reddito all’interno del programma “Poverty Alleviation”; sono state create 474 riserve naturali che coprono un area di 1,7 milioni di km2 e sono stati aperti dieci parchi naturali pilota; lungo il fiume Yangze 2.414 su 2.441 impianti illegali sono stati risanati[i].

Terra arabile in Cina e nel mondo (in %)

 

La quantità di terra agricola è aumentata dagli anni Sessanta al 2016, raggiungendo il 52,2% del territorio. La quantità di terra arabile dagli anni Sessanta a oggi ha avuto un andamento altalenante attestandosi nel 2016 al 12,7% della superficie totale. L’area forestale nel 2016 è stata calcolata in 2.098.635 km2 per una percentuale di 22,3 del territorio nazionale contro il 16,5% del 1990.

Aree boschive in Cina e nel mondo (in % sul totale della superficie)

 

È stato pubblicato nel 2016 dalla Banca mondiale un documento relativo alla sostenibilità nel settore finanziario cinese. Sono descritte le azioni dalla People’s Bank of China e dalla State Environmental Protection Agency che fin dal 1995 hanno creato degli strumenti per la protezione ambientale nell’ambito dell’efficienza energetica, nella protezione degli ecosistemi fragili, nella gestione del rischio, nell’ambito dei prestiti e in operazioni bancarie. Da allora sono state implementate le politiche ambientali e di responsabilità sociale delle imprese. Questo ha generato il “green credit” rivolto ai governi locali con molte attività concrete.

Dopo gli abusi, l’ambiente è difficile da sanare, in Cina come altrove. Le condizioni ambientali del paese sono al di sotto delle aspettative pubbliche. A ottobre 2020, il viceministro dell’Ecologia Zhao Yingmin ha detto che c’è ancora molta strada da fare anche se tanti obiettivi sono stati raggiunti. Tuttavia esistono obiettivi chiari. Nel novembre del 2020 Xi Jinping ha stabilito il picco delle emissioni entro il 2030 per poi raggiungere il carbon neutral nel 2060 come parte degli impegni della Cina nell’accordo di Parigi[ii].

 

IL XIV PIANO QUINQUENNALE E LE DIRETTIVE DI XI. Le strategie cinesi in ambito ambientale devono essere inserite in un panorama assai più complesso. La Cina, pur nel suo immenso sviluppo tecnologico e scientifico, non abbandona mai la tradizione. Nel Libro dei Mutamenti, esiste un passo che può essere interpretato così: prima della proiezione al di fuori occorre consolidare l’interno. Un paese inquinato è un paese debole. Quel che è stato fatto è importante, ma è solo l’inizio di un lungo percorso temporale e di vasta portata geopolitica.

Fondamentale è la lettura del XIV Piano Quinquennale (2021-2025). Il documento tocca la questione ambientale in molti dei suoi articoli anche se, come logico, senza dettagli precisi. Si parla così di un’agricoltura moderna e di una profonda riforma delle zone rurali; delle industrie ad alta tecnologia, il che significa anche la lotta all’inquinamento industriale; di ottimizzazione dell’approvvigionamento energetico per l’industria; di un sano sviluppo dell’urbanizzazione. Importante è l’attenzione data alla costruzione di una società rispettosa delle risorse e dell’ambiente, si fa riferimento all’economia circolare, alla protezione e ripristino dell’ecologia naturale, rafforzamento nella gestione delle risorse, all’utilizzo razionale delle risorse marine. I Piani quinquennali sono molto potenti nell’ambito cinese. Il fatto che ben dieci dei 47 capitoli siano riferiti all’ambiente è importantissimo per capire le future mosse del paese.

Non solo. In Cina è molto diffuso il testo del presidente Xi Jinping intitolato Governare la Cina. Esso racchiude molti suoi discorsi e scritti divisi per temi. Nel primo volume vi sono quattro paragrafi dedicati ai temi legati all’energia e all’ambiente, e ve ne sono sei in ciascuno dei successivi due volumi.

A valle di questi documenti di indirizzo generale sono poi prodotti tutti gli strumenti di fattibilità, estremamente tecnici e pratici. In Cina, il tema della sostenibilità non è solo tecnico o ambientale, ma è di ben più ampio raggio, includendo produzione, industria, risorse, società e la questione rurale, allargandosi a divenire una strategia geopolitica. La Repubblica popolare sta spostando molte delle sue catene produttive all’estero, esportando molti dei suoi prodotti.

Secondo alcuni osservatori[iii], la Belt and Road Initiative ha anche questo compito, oltre a facilitare gli scambi commerciali e a conquistare la prima posizione nelle dinamiche globali nei settori chiave individuati nel piano strategico “Made in China 2025”. (L’intenzione è di allontanarsi dall’essere la “fabbrica del mondo” – un produttore di beni a basso costo – e quindi a migliorare le capacità produttive ad alta intensità tecnologica.) La richiesta della leadership cinese è di avere garanzie delle catene di approvvigionamento e aumentare l’autosufficienza nell’agricoltura, nell’energia, nella tecnologia e nell’industria, anche su invito diretto del presidente Xi.

 

LA NUOVA RIVOLUZIONE È AVVIATA. In molti paesi asiatici, tra cui la Cina, per cultura e tradizione le indicazioni dall’alto sono rispettate, in primis per il dovuto ossequio ai leader come rappresentanti delle istituzioni. Questo è positivo quando l’intera nazione è impegnata in uno sviluppo virtuoso come la “rivoluzione verde”. Le indicazioni del governo relative alle politiche ambientali sono accolte dai governi locali, dalle imprese e anche dai singoli cittadini, sì come un’indicazione forte, ma soprattutto come un’opportunità. Quando Xi ha parlato all’United Nations General Assembly nel settembre 2020, annunciando la green revolution, ha fatto capire che la Cina intende essere il motore trainante in questo cambiamento, ma ha anche sottolineato come i vantaggi saranno aperti a chiunque, chiamando il mondo intero a una “ripresa verde dell’economia mondiale nell’era post-Covid”.

Secondo Zhang Jianyu, del Fondo per la Difesa ambientale in Cina, ogni piano d’azione per la riduzione delle emissioni di gas serra deve essere incorporato nelle strategie dei vari settori economici nelle diverse regioni. Esistono tuttavia degli strumenti potenti visto che il ministero organizzerà delle ispezioni nei governi locali per evitare violazioni e migliorare i risultati[iv].

Il 12 dicembre 2020, Xi Jinping ha indicato che la Cina aumenterà del 25% l’uso delle risorse energetiche non fossili come fonte di energia primaria. Verranno inoltre installati generatori di energia eolica e solare per più di 1,2 miliardi di kilowatt entro il 2030. Questo punto è molto interessante perché tale indicazione non è solo tecnica ma strategica. Le fonti eolica e solare sono vantaggiose nelle regioni occidentali della Cina, le quali hanno tradizionalmente un’economia più debole se confrontate con le zone costiere. L’incremento della produzione energetica in queste aree geografiche non solo risponderà all’esigenza di una Cina basata su energie rinnovabili, ma ne aumenterà la ricchezza.

A monte esiste una necessità tecnica: provvedere alla realizzazione di una griglia per la distribuzione efficiente dell’elettricità e un nuovo tipo di batterie per l’immagazzinamento. Moltissimo è stato fatto in Cina nelle smart grid e nelle batterie ad alta efficienza. Ancora una volta il tutto rientra in un piano di dimensioni maggiori, definito come renewable plus. Esso integra lo sviluppo di energia pulita con agricoltura, con il ripristino del sistema ecologico naturale, con la lotta alla povertà in zone disagiate e con la produzione di idrogeno nelle aree dove tali impianti verranno collocati[v].

Tutto ciò è confermato dal fatto che dal 2015 nello Shanxi 163 miniere di carbone sono state chiuse e sono stati eliminati 146 milioni di tonnellate di produzione annuale di carbone. Nel solo 2020 sono state chiuse 57 miniere e tagliati oltre 30 milioni di tonnellate di carbone; dal 2016 al 2019 la provincia ha ridotto di quasi 116 milioni di tonnellate gli eccessi di produzione.

Minatori di carbone nello Shanxi

 

La strategia intende anche incrementare la produzione visto che l’efficienza di fabbriche è molto migliorata. Nei primi 11 mesi del 2020 la quantità di carbone prodotto è comunque salita a 962 milioni di tonnellate rispetto agli 816 milioni del 2016 perché la riconversione verso le energie rinnovabili è in fieri. Non si tratta solo della chiusura delle miniere o diminuzione degli impianti di produzione energetica, ma di una strategia globale. Questo è testimoniato dalla Chinese Academy of Sciences la quale ha annunciato il 25 dicembre 2020 la creazione di un centro di ricerca per la carbon neutrality. Nella medesima direzione è da considerarsi la richiesta da parte dei legislatori cinesi di più leggi e misure istituzionali per stimolare la transizione della Cina verso un modello di sviluppo sostenibile.

 

IL SISTEMA STA FUNZIONANDO. La qualità di aria, suolo e acque stanno migliorando. I dati pervenuti al novembre 2020 mostrano che l’88% dei giorni ha avuto una qualità dell’aria buona in 337 grandi città, con un aumento del 5,4% annuo. Le acque di superficie hanno raggiunto per l’82% il “livello tre” o superiore su una scala a cinque livelli, con un aumento di 5,6% rispetto all’anno precedente[vi]. La Cina ha anche pubblicato le linee guida “zero rifiuti solidi” per ridurre al minimo le discariche in undici città e cinque distretti, nei settori minerario, agricolo, turistico, istruzione e familiare. Inoltre, la Cina proibirà l’importazione di rifiuti solidi dall’estero a partire dal 2021, in passato fonte di grande business, ma ora incompatibile con le attuali politiche. Infine, sono stati avviati vari interventi sul fronte del packaging, visto l’immenso volume di scarti generato dal numero impressionante di consegne a domicilio.

La Cina intende incrementare di 1,4 miliardi m3 di foresta nei prossimi cinque anni, sufficienti per assorbire 2,6 miliardi m3 di anidride carbonica, aumentando la superficie di foreste dal 23,4% del 2020 al 24,1% entro il 2025, raggiungendo i 19 miliardi m3. Il piano avviato nel 2017 promuove l’imboschimento su larga scala, con un monitoraggio basato su big data[vii].

Riforestazione nella provincia di Shandong

 

Le aree urbane sono il tema più problematico. Poiché la Cina ha l’intenzione di raggiungere Zero Carbon Emissions prima del 2060, una particolare attenzione deve essere posta al settore delle costruzioni. Circa il 70-80% delle emissioni di co2 sono da imputarsi alle aree urbane. Le proposte che sono state fatte riguardano il tema degli edifici energeticamente efficienti, l’uso di energie pulite per il trasporto e l’uso di big data per la costruzione di città intelligenti.

È evidente che la Cina intende divenire un leader nella questione ecologica, passo necessario a livello planetario come testimoniano i dati sulla crisi ambientale. Parte della motivazione è che le tecnologie sostenibili, collegate con quelle “smart”, sono un gran bel business. Secondo il rapporto “Doing Business 2020” della Banca mondiale, la Repubblica popolare cinese ha radicalmente trasformato il suo modello di business negli ultimi due anni, avendo scalato 47 posizioni (dalla 78a alla 31a) nel ranking globale, cioè più velocemente rispetto alla gran parte delle 190 economie valutate. Il Fondo monetario internazionale prevede che i settori dell’economia cinese in maggiore crescita saranno “smart” e “high end”, come tecnologie informatiche, biotecnologie, nuove risorse energetiche, nuovi materiali, veicoli spinti da nuove forme di energia (previsti nel 2035 metà dei veicoli elettrici o ibridi), aviazione, tecnologie marittime, ma anche infrastrutture come 5g (e oltre), Industrial Internet of Things, big data, miglioramento delle strutture logistiche, competitività dell’agricoltura, con una particolare attenzione allo sviluppo delle provincie locali[viii].

C’è poi la proiezione esterna del paese, con i suoi risvolti geopolitici. Se vi sono molte perplessità in diversi paesi occidentali sulla Belt and Road Initiative, in realtà le cose stanno andando avanti. All’interno del BRI Green Development Institute, è stato creato un think tank per BRI Green Development Coalition a Pechino. Tra i compiti troviamo la creazione di linee guida per le imprese collegate alla protezione ambientale, la promozione nella ricerca sullo sviluppo verde, il cambiamento climatico, la protezione della biodiversità e la green economy. Questo coinvolge 150 partner di 43 nazioni.

Appare chiaro come il tema della “Cina verde” significa qualcosa di più ampio. È una strategia di carattere globale. Se non è possibile affermare che “il gioco è fatto”, occorre almeno dire “il gioco è iniziato”, e la Cina ha l’intenzione di divenire un leader globale nelle questioni verdi.

 

 


Note:

[i] “After five years, a more beautiful China”, China Daily, 10 novembre 2020.

[ii] Dorcas Wong, “What to Expect in China’s 14th Five Year Plan? Decoding the Fifth Plenum Communiqué”, China Briefing, 12 novembre 2020.

[iii] “China’s 14th Five Year Plan: A First Look”, us Congressional Research Service, 5 gennaio 2021.

[iv] Hou Liqiang, “Regional carbon goals expected”, China Daily, 4 gennaio 2021.

[v] I vari dati citati nei due paragrafi precedenti vengono da Hou Liqiang, “Nation prioritizes improving energy mix”, China Daily, 4 gennaio 2021.

[vi] Li Hongyang, “Energy transformation the key to green goal”, China Daily, 23 dicembre 2020.

[vii] “China to introduce ‘forest chief’ scheme nationwide, Xinhua, 13 gennaio 2021.

[viii] David Ng, China’s 14th Five Year Plan will be a game changer, ThinkChina, 22 dicembre 2020.

 

 


L’articolo è tratto dal numero 92 di Aspenia