Italia e Francia: convergenza sulla sovranità tecnologica?
Dal 2011, le relazioni tra Italia e Francia sono state caratterizzate da un ciclo negativo, che si è poi intensificato negli ultimi due anni, provocando una serie di tensioni nella prima metà di quest’anno. Le elezioni europee del 2019 e il successivo cambio di coalizione in Italia hanno modificato il quadro politico, segnato da una contrapposizione esacerbata, consentendo una ripresa del dialogo. È in questo fragile contesto che vanno ricercate una serie di convergenze.
La presidenza di Emmanuel Macron ha spesso sottolineato il tema della sovranità. Fin dalla campagna per le presidenziali del 2017, la sovranità europea è stata presentata come una dimensione idonea per gestire le principali questioni politiche e tecnologiche, trovare uno sbocco all’esigenza di “riprendere il controllo” e contrastare le visioni sovraniste nazionalistiche.
Questa volontà politica di sovranità è stata in seguito espressa in diversi ambiti, come quello della politica fiscale, con l’imposizione di una “tassa sui servizi digitali” (chiamata “tax GAFA”: una sigla che designa le quattro imprese più potenti nel settore dell’economia digitale Google, Apple, Facebook e Amazon), un progetto che non ha trovato realizzazione a livello europeo, ma è stato recepito nella legislazione francese. Va notato, tuttavia, che le posizioni francesi e quelle italiane erano convergenti a questo riguardo.
Più di recente, Emmanuel Macron ha prospettato la necessità di un “piano per la sovranità” europea. Un’idea che ha ispirato non solo la scelta di Thierry Breton come commissario europeo, ma anche la decisione di affidargli un ampio portafoglio.
Nel passato recente, la Francia appariva spesso isolata quando esortava l’Europa a pensare in grande: l’idea di “Europa potenza”, espressa durante la presidenza di Jacques Chirac, può apparire come l’archetipo di queste posizioni basate su una percezione nazionale che poi non hanno trovato un consenso europeo.
Per quanto riguarda la “sovranità europea”, si deve notare che le posizioni di vari governi nazionali si sono avvicinate a quella della Francia. Questo vale in particolare per la posizione della Germania che, dopo le rivelazioni del caso Snowden, valuta con più cautela i rapporti con gli Stati Uniti e ritiene necessario aumentare la sovranità nel campo della tecnologia dell’informazione. Angela Merkel ha recentemente insistito sulla “sovranità digitale” sottolineando la dipendenza delle imprese tedesche dalle piattaforme digitali statunitensi. Ma l’iniziativa tedesca del cloud autonomo europeo GAIA X stenta a mobilitare i francesi.
Proposte troppo apertamente autonomiste di Parigi nel campo della difesa, come la “sovranità strategica” dell’Europa o il rifiuto della NATO, non sono condivise dai partner europei. Va tuttavia osservato che nel campo tecnologico si registrano sempre più ampie ricerche di convergenza, come ad esempio l’iniziativa JEDI (“Joint European Disruptive Initiative”), un manifesto programmatico per lo sviluppo di una capacità di gestione di programmi tecnologici innovativi secondo il modello della DARPA (Defense Advanced Research Project Agency, l’agenzia di ricerche americana sulle tecnologie più avanzate per la difesa che fa capo al Pentagono), sostenuto da un forte consenso franco-tedesco, che include anche rappresentanti di aziende e organizzazioni di ricerca italiane.
Questo termine di riferimento ci consente di osservare la volontà di mobilitazione riguardo a queste tematiche della tecnologia e della sovranità, in tre paesi le cui industrie tecnologiche appaiono, a più di un titolo, come strategiche.
Lo scopo di queste riflessioni sulla necessità di sviluppare programmi di “sovranità europea” in campo tecnologico è anche quello di creare un effetto a cascata a livello europeo, ovvero di aprire possibilità di finanziamento non vincolate dal rispetto dei parametri o dai limiti di bilancio degli Stati membri. Ma queste politiche non si possono ridurre solo a questo. La dimensione europea è per diversi aspetti rilevante se non necessaria: non solo nel senso della necessità di una massa critica di investimenti e competenze tecnologiche, ma anche della capacità dell’Europa di creare uno spazio di regolamentazione dei dati, contrassegnato dai progressi concernenti il Regolamento Generale per la Protezione dei Dati (GDPR) o il Cybersecurity Act.
Il piano per la “sovranità tecnologica” appare quindi come uno degli strumenti principali per le politiche europee del futuro e potrebbe contribuire a strutturare le relazioni bilaterali tra Francia e Italia.
L’attuale quadro di cooperazione e le sfide del controllo della tecnologia
Va ricordato che nel contesto franco-italiano, alcuni settori ad alta tecnologia definiscono già un quadro per la cooperazione. È questo il caso del settore spaziale con le joint-ventures tra Thales e Alenia Space, ma anche con numerosi programmi in comune come Arianespace, ESA e CE. Lo stesso accade anche nel settore dei semiconduttori con il gruppo ST Microelectronics che mantiene una forma di controllo francese e italiano sul suo capitale anche se questa società oggi sembra molto più paneuropea e globale.
Italia e Francia affrontano oggi problematiche simili. Per esempio, va notato che recentemente il ministro della Difesa francese ha firmato con Airbus, Ariane Group, Dassault, MBDA, Naval Group, Nexter, Safran e Thales un accordo globale sula cybersecurity che mira a rinsaldare la cooperazione tra pubblico e privato in materia di difesa cibernetica e che di fatto rafforza un perimetro nazionale di sicurezza informatica. Il 19 settembre scorso, il governo italiano ha adottato un decreto legge che va anch’esso in questo senso. Le dichiarazioni di Fincantieri sulle ipotesi di fusione con Leonardo hanno lasciato trasparire la preoccupazione per la protezione del settore dei sistemi informatici in possesso di queste due società, ovvero la volontà di mantenere e preservare i dispositivi elettronici e informatici, obiettivo che è al centro delle riflessioni di entrambi gruppi. Questi esempi illustrano al tempo stesso il parallelismo tra Francia e Italia, ma anche il rischio che il modo di intendere queste tutele da parte dei singoli paesi possa rafforzare le barriere nazionali se non è accompagnato da adeguati meccanismi europei.
Come nel contesto dei rapporti tra Francia e Germania in cui alcuni gruppi, quali Airbus o Atos, appaiono come ponti tecnologici tra i due paesi, anche nel caso di quelli tra Francia e Italia vediamo che le joint-ventures nel settore spaziale o in quello navale manifestano una volontà di integrazione che mal si adatta a ulteriori barriere nel contesto di un perimetro di sicurezza informatica nazionale.
Va ricordato inoltre che nel contesto francese e italiano si osservano dei parallelismi nella struttura delle società tecnologiche, da lungo tempo legate alla difesa, che rimangono sotto il controllo pubblico. Questa concezione di un capitalismo di Stato che regola i principali gruppi industriali ritenuti strategici è una specificità: può essere un fattore di cooperazione se un accordo politico consente una conciliazione delle rispettive tutele all’interno di una stessa visione strategica, ma costituisce un ostacolo non appena sorgono blocchi intergovernativi.
La questione della corrispondenza, della fiducia e dell’apertura reciproca dei perimetri di sicurezza, che implica anche il rafforzamento di un perimetro comune, è al centro degli scenari di cooperazione europea e deve pertanto essere affrontata in via prioritaria nel contesto franco-italiano. Questa è anche una condizione necessaria affinché gli investimenti nello sviluppo tecnologico previsti dalla Commissione europea possano davvero far sentire i loro effetti.
Anche in questo caso, non si parte da zero. Per esempio, nel settore strategico delle informazioni provenienti dalle tecnologie satellitari di osservazione della terra, riscontriamo una storia pluridecennale di accordi governativi bilaterali e partecipazioni congiunte a programmi europei. La profonda esperienza a questo riguardo fornisce le basi per pensare oggi ai requisiti per lo sviluppo e il controllo della tecnologia e delle informazioni correlate.
La questione dell’elaborazione e del controllo delle informazioni è veramente un problema cruciale per il nostro secolo, che sta imponendo una ridefinizione delle relazioni internazionali, mentre le relazioni con paesi come Stati Uniti, Russia o Cina dipendono tutte dalla tecnologia. La portata di questi cambiamenti è tale che le politiche relative alla tecnologia dell’informazione investono oggi la definizione e il significato stesso dei regimi politici, e quindi per quanto riguarda Francia e Italia mettono in gioco la questione della democrazia e della sua evoluzione. Gli Stati membri dell’Unione Europea hanno sviluppato una cultura democratica comune, frutto delle convergenze tra i diversi sistemi. Ma la questione del mantenimento, della sopravvivenza o dello sviluppo dello Stato di diritto nell’era digitale richiede una trasformazione politica che deve evitare le divergenze tra di essi. Ed è anche in questa prospettiva che vanno ridefinite le relazioni tra Italia e Francia, senza mai perdere di vista l’importanza delle convergenze bilaterali nel quadro europeo.
La questione di un trattato bilaterale e del suo contenuto
In questo contesto di reciproca preoccupazione per lo sviluppo delle tecnologie e delle industrie strategiche, sembra quindi opportuno rafforzare gli strumenti di gestione politica delle relazioni bilaterali, per fornire il supporto necessario alla ricerca di soluzioni condivise nel contesto europeo come pure al monitoraggio dei gruppi industriali controllati dallo stato.
Francia e Italia possono quindi trarre ispirazione dall’esempio dei rapporti franco-tedeschi per stabilire un trattato bilaterale. Ma la sequenza storica contemporanea è diversa dagli inizi degli anni ’60, ovvero dal contesto che ha prodotto il Trattato dell’Eliseo. Le relazioni tra Francia e Italia registrano passaggi delicati che difficilmente si possono conciliare con slanci troppo enfatici, come l’evocazione di un rapporto storico e culturale privilegiato, che giustificherebbe “di per sé” una cooperazione bilaterale. L’aspetto tecnico di questo trattato e l’eliminazione dei riferimenti storici e culturali costituiscono una delle condizioni di accettabilità di un simile testo da parte di un ampio ventaglio di forze politiche che devono includere l’intero spettro parlamentare, a Roma come a Parigi.
Si tratta piuttosto di definire dei meccanismi di consultazione bilaterale, ovvero una una serie di iniziative tecniche di governo che dovrebbero favorire la propensione al dialogo e al confronto, nel quadro di regolari incontri periodici annuali. Le questioni relative alla sovranità tecnologica dimostrano che i vantaggi che le autorità di controllo delle partecipazioni statali, ma anche delle politiche industriali, potrebbero trarre da riunioni ministeriali programmate, sarebbero considerevoli. Ciò vale ovviamente anche per tutte le questioni economiche che offrono opportunità di sviluppo sul piano europeo, poiché le posizioni di Francia e Italia sul bilancio dell’Unione sembrano conciliabili.
Nel contesto di queste consultazioni bilaterali programmate e sistematiche, va ricordato infine che alcuni dei meccanismi che hanno caratterizzato le relazioni franco-tedesche hanno dimostrato la loro utilità:
– la presenza di ministri italiani nei consigli dei ministri francesi su base periodica e viceversa rappresenterebbe una garanzia molto utile per una migliore comprensione e per favorire lo sviluppo di reti bilaterali.
– gli scambi di alti funzionari, ovvero la programmazione di un periodo di mobilità nell’altro paese nel corso delle carriere degli alti dirigenti delle amministrazioni centrali, durante il quale, ad esempio, un dirigente del ministero del Tesoro italiano si ritrova a Parigi per difendere gli interessi francesi, e viceversa, si è dimostrato un meccanismo importante nel quadro dei rapporti franco-tedeschi, perché consente una migliore fluidità tra le amministrazioni di ciascun paese.
La storia delle relazioni franco-tedesche indica quanto sia importante l’istituzionalizzazione del rapporto e dimostra che la comprensione fra paesi diversi, oggi gravemente carente tra Francia e Italia, si sviluppa in profondità grazie alla costanza. Le convergenze possono essere sviluppate e rese esplicite in seguito, ma queste politiche vanno eventualmente perseguite in una seconda fase, come conseguenze, e non dovrebbero figurare in cima a un Trattato, poiché questo creerebbe un’obbligazione di risultato e aspettative che avrebbero effetti dannosi sul consenso politico e la continuità delle relazioni avviate.
Testo presentato al II Aspen Forum Italia/Francia – Roma, 28-29 Novembre 2019
Versione francese: Position paper_FR