Vladimir Putin non ha annunciato grosse novità nel suo discorso per celebrare il 9 maggio. Nessuna dichiarazione di guerra, nessuna mobilitazione generale. Come al solito, però, ha parlato molto della storia della Russia. È partito infatti ricordando le batoste date al re polacco Sigismondo III, a Napoleone, e ovviamente a Hitler. Ciò ci ricorda che, per capire le scelte politiche russe di oggi, e immaginare quelle future, bisogna conoscere la storia. Meglio però andarci piano. È facile per esempio fare analogie tra Putin e Stalin, ma spesso ciò non genera altro che una breve botta di endorfine in chi giustamente si sente sconvolto dalle barbarie russe in Ucraina.
Vale però la pena di tornare alle parole di George Kennan, ideatore del containment, la grande strategia americana durante la Guerra fredda, diplomatico di carriera ma anche studioso di storia russa. Rileggendo recentemente il giustamente famoso Long Telegram, che Kennan scrisse nel febbraio 1946 quando era il numero due dell’Ambasciata americana a Mosca, sono rimasto colpito dal collegamento, molto chiaro e convincente, che Kennan fece tra la storia della Russia e il comportamento internazionale allora molto aggressivo dell’Unione Sovietica. La politica del Cremlino, secondo Kennan, ‘non era basata su un’analisi obiettiva della situazione oltre le frontiere della Russia’. Piuttosto, ’al fondo della nevrotica visione [russa] della politica internazionale c’è il tradizionale e istintivo senso russo d’insicurezza’. Quando la Russia entrava in contatto con altre ‘società più competenti, più potenti, e meglio organizzate’ montava il senso d’insicurezza dei leader russi. I quali temevano le conseguenze talora il popolo russo venisse a sapere com’era il mondo oltre le frontiere o se all’estero si venisse a conoscere la verità della Russia.
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L’analisi di Kennan ha retto bene nel tempo. Dopo 76 anni, il collegamento tra il grande arco della storia russa e la mentalità della leadership sovietica echeggia continuamente nelle dichiarazioni e nelle azioni di Putin e seguaci. Verso la fine della sua lunga vita (1904-2005) Kennan con ragione ci avvertiva che i leader russi, in preda al senso d’insicurezza, avrebbero considerato una minaccia l’espansione della NATO verso Est.
Personalmente sostengo che i leader russi abbiano scelto coscientemente di vedere le cose in questo modo. Non ho condiviso nel 1997 l’idea di Kennan che fosse necessario frenare l’allargamento dell’Alleanza atlantica, e ritengo che l’aggressione russa contra l’Ucraina dimostri che sia necessario proprio l’opposto. Ma era molto giusta l’insistenza di Kennan che, per capire il comportamento sovietico e russo, fosse necessario conoscere bene la storia.
Putin capisce benissimo quanto sia importante plasmare e poi utilizzare la narrativa storica. Egli tra l’altro sembra considerarsi in qualche modo uno storico, come evidenzia la sua diatriba pubblicata nel 2021 sulla presunta inesistenza di un popolo ucraino. Un’opera piena di grossolane distorsioni dei fatti, dove Putin gettava le fondamenta ‘intellettuali’ dell’aggressione contro l’Ucraina. Da tempo notiamo anche gli sforzi del regime putiniano per ravvivare e ripristinare la reputazione di Ivan il Terribile, il primo regnante a Mosca che si è assunto il titolo di tsar, che ha conservato dal 1547 fino alla morte nel 1584.
Fondatore dei servizi segreti russi, Ivan era l’archetipo del monarca dal pugno di ferro, che ha inaugurato anche l’impressionante e secolare espansione del territorio russo. Da sottolineare che in russo viene chiamato Ivan Groznyi – traducibile come ‘temibile’. Data l’odierna accezione predominante della parola ‘terribile’, forse sarebbe utile trovare un’altra traduzione. Ivan il Maestoso? Troppo positivo. Ivan che-incute-Timore? Molto precisa come traduzione, ma assai ingombrante.
Forse in italiano può aiutarci il paragone con Giulio II (1443-1513), papa guerriero, detto appunto ‘Il papa terribile’. Groznyi ci fa pensare a un monarca di questo tipo, che suscita paura mescolata a reverenza, a soggezione.
Il simbolico ritorno in campo di Ivan il Terribile non ci dovrebbe sorprendere. Cinque anni fa, ben prima che Putin invadesse l’Ucraina, la città russa Orël ha inaugurato proprio una statua di quello tsar. In quell’occasione, il governatore regionale lodò Ivan il Terribile come fonte d’ispirazione per i soldati dell’Armata Rossa durante la Seconda guerra mondiale. E poi pensò bene a lodare anche l’attuale capo della Russia, ‘il più grande e potente Presidente Putin, che ha costretto il resto del mondo a rispettare la Russia, proprio come fece Ivan il Terribile… con la benedizione di Dio’.
L’analogia tra Vladimir e Ivan regge infatti piuttosto bene se andiamo a leggere come Ivan stesso spiegò la sua filosofia di governo. Tra gli oppositori dello tsar c’era il principe Andrei Kurbskii, che era stato tra l’altro beniamino di Ivan. Nel 1564, però, Kurbskii defezionò, mettendosi al servizio di Sigismondo II Augusto, re di Polonia e Lituania, grande rivale dello tsar. In questo modo, Kurbskii ebbe modo di sopravvivere, scrivendo poi ad Ivan una serie di lettere ricche di critiche molto taglienti. Alle quali Ivan si degnò di rispondere
Le tesi principali di Ivan erano tre. Innanzitutto, uno tsar doveva essere per antonomasia un autocrate (in russo samoderzhets, che è una traduzione molto diretta). L’autocrazia in Russia era assolutamente necessaria, legittima, e santificata. L’autocrazia era indispensabile alla difesa e alla crescita dello Stato russo. Assenza dell’autocrate significava debolezza
Secondo, l’autocrazia era necessaria a livello interno, per poter applicare la giustizia. Lo tsar sosteneva che fosse necessario ‘salvare attraverso la paura’ applicando ‘le punizioni più severe e crudeli’. Ricordò l’impiego del terrore da parte di suoi ‘colleghi’ come il Re Davide o l’Imperatore Costantino. (In effetti, ‘tsar’ deriva da ‘Cesare’ nel senso di ‘imperatore’.) Secondo Ivan, uno tsar ‘non è tsar’ se non è pronto ad agire con crudeltà.
Infine, egli metteva la responsabilità per i propri atti di terrore, di crudeltà, fermamente sulle spalle delle vittime. Ivan si trovava costretto a tali atti proprio dai tradimenti peccaminosi di Kurbskii e quelli come lui. Se, da un lato, Ivan abbracciava il diritto divino del monarca, si dichiarava anche un essere umano come tutti, con le sue debolezze.
Sentiamo ancora dire che la Russia ha una sua essenza che richiede necessariamente un governo autoritario, se non proprio autocratico, fondato sulla cristianità ortodossa. Ciò renderebbe insensato il tentativo di applicare alla Russia gli standard occidentali. Basta leggere le terrificanti farneticazioni di Alexander Dugin, detto ‘il cervello di Putin’. Per quanto riguarda Ivan il Terribile, lo storico americano di origini russe Michael Cherniavsky sostenne nel suo bell’articolo ‘Ivan the Terrible as Renaissance Prince’ (Ivan il Terribile, principe rinascimentale) che lo tsar fosse sostanzialmente un uomo del proprio tempo, paragonabile ad altri regnanti ‘terribili’ come Enrico VIII d’Inghilterra o Filippo II di Spagna. Tra gli esempi italiani, Cherniavsky menzionava non soltanto il già citato papa Giulio II, ma anche il predecessore Alessandro VI, altro papa guerriero, il figlio di questo, Cesare Borgia, e pure Sigismondo Malatesta di Rimini. Detto tutto ciò, oggi siamo a quasi 440 anni dalla morte di Ivan il Terribile. Abbiamo il diritto di aspettarci qualche progresso per quanto riguarda modelli positivi di leadership e di buon governo.
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Putin invece ha lo sguardo fermamente fissato sul passato, e su come utilizzarlo per i propri scopi attuali. Lo storico Stephen Kotkin della Princeton University ci ricorda infatti quanto il regime russo si affidi a ‘racconti della grandezza della Russia [e] di nemici in casa e all’estero’. Servono racconti che possano ‘risuonare presso il popolo’. Mentre guardiamo in diretta l’aggressione russa in Ucraina, si stanno sicuramente scrivendo i racconti di ‘Vladimir il Terribile’.