Un presidente «crypto-curious»: i rapporti tra l’amministrazione Trump e le criptovalute
Nel luglio 2019, Donald Trump cinguettava sul social X di non essere «un fan di Bitcoin e delle altre criptovalute» perché «basate sul nulla».
Sei anni più tardi, rientrato per la seconda volta nello Studio Ovale, ha firmato un ordine esecutivo che istituisce una “Strategic Bitcoin Reserve” e un “Digital Asset Stockpile”. Queste riserve non prevedono acquisti, ma saranno capitalizzate con i Bitcoin confiscati nell’ambito di procedimenti civili o penali. Un passo che conferma come le criptovalute siano ormai parte integrante della strategia economica e politica del governo degli Stati Uniti.
Cos’è successo nel frattempo?
Le figurine NFT del presidente
Tra il 2022 e il 2023, Donald Trump ha iniziato a prendere le distanze dalla sua vecchia narrativa anti-crypto. A convincerlo probabilmente è il successo delle sue Trump Digital Trading Cards, una collezione di NFT (certificati digitali che rappresentano la proprietà di oggetti digitali, come immagini, video o musica) messa in vendita nel dicembre 2022 al prezzo di 99 dollari ciascuna. Le carte, raffiguranti Trump in versione cowboy, astronauta o supereroe, sono diventate oggetti da collezione per fan e sostenitori. Offrendo gli NFT (Non-Fungible Token) di sé stesso alle masse, Trump ha raccolto oltre un milione di dollari in pochi giorni. Questo lo ha spinto a vendere ulteriori collezioni negli anni.
Dallo scetticismo alle micro-donazioni in satoshi
A supporto della sua campagna elettorale, Trump si è affidato a piattaforme come OpenNode e Anedot, specializzate nelle donazioni digitali. Risultato? Più di 4 milioni di dollari in criptovalute raccolti entro la primavera 2024. Una cifra che dimostra come le crypto possano integrarsi efficacemente nella macchina elettorale, attirando micro-donazioni da una base di sostenitori giovani e digitalmente attivi.
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Nel gennaio 2025, Donald Trump compie un ulteriore passo: lancia un meme coin personale sulla blockchain di Solana, chiamata $TRUMP. I meme coin sono criptovalute nate inizialmente come parodie delle criptovalute più tradizionali. Social media e piattaforme di condivisione di contenuti giocano un ruolo fondamentale nella loro diffusione; gli stessi meme diventano strumenti di speculazione e marketing.
Trump diventa così il primo presidente americano ad avere un suo token e il primo candidato presidenziale a raccogliere donazioni elettorali in criptovalute, sfruttando il protocollo Lightning Network per velocizzare le transazioni.
Il meme coin della first lady e le cripto di famiglia
Nel frattempo, Melania Trump non è rimasta a guardare. Nel dicembre 2021 ha lanciato il suo primo NFT, intitolato “Melania’s Vision”.
A gennaio 2025, debutta invece con il meme-coin $MELANIA, basato anch’esso sulla blockchain di Solana. Se quello di Trump ha un chiaro scopo politico, il progetto di Melania appare più personale, ma conferma un dato: le criptovalute sono entrate stabilmente nel quotidiano della famiglia Trump.
Bitcoin Reserve e Digital Asset Stockpile: il Fort Knox digitale
Il 6 marzo 2025, Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo che istituisce la “Strategic Bitcoin Reserve” e il “Digital Asset Stockpile“, per creare una riserva statunitense di Bitcoin sequestrati da procedimenti civili o penali. David Sacks (consigliere speciale per l’intelligenza artificiale e le criptovalute) ha definito la riserva una sorta di “Fort Knox digitale”, riferendosi al luogo fisico dove sono depositate le riserve auree degli Stati Uniti.
Le riserve non comportano acquisti diretti di Bitcoin sul mercato, ma solo la gestione e la capitalizzazione dei Bitcoin sequestrati. Questo passo risponde a un’esigenza di tutela contro il crescente uso delle criptovalute, sia a livello nazionale, sia a livello internazionale. Il governo Trump ha fatto sapere che la creazione di queste riserve sarà “budget neutral“, ovvero non ci saranno oneri finanziari per i contribuenti e il governo americano non acquisterà Bitcoin sul mercato.
Stablecoin: il “dollaro programmabile”
Un giorno dopo la firma dell’ordine esecutivo, il 7 marzo 2025, Trump ha ospitato il primo crypto summit della Casa Bianca, riunendo leader del settore e funzionari governativi per discutere le politiche future in ambito crypto. Durante il summit, Donald Trump ha annunciato l’intenzione di presentare una proposta legislativa sulle stablecoin entro agosto 2025.
Una stablecoin è una criptovaluta il cui valore è ancorato al prezzo di un altro asset – da cui il termine “stable” (stabile), ed è progettata per ridurre la volatilità tipica delle criptovalute. Si stima che, durante il 2025, le stablecoin potrebbero vedere una crescita esplosiva grazie all’adozione da parte di Paesi del Golfo, come Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.
L’obiettivo di Trump con questa proposta legislativa è duplice: da un lato cerca di mantenere la supremazia globale del dollaro statunitense, facendo sì che diventi la valuta di riferimento anche nel mondo digitale, dall’altro lato mira a contrastare lo yuan digitale, nel tentativo di arginare la crescente influenza tecnologica ed economica di Pechino.
Se la proposta legislativa sulle stablecoin dovesse passare con successo, gli Stati Uniti potrebbero consolidare ulteriormente la loro influenza nelle transazioni internazionali, facendo del dollaro una risorsa ancora più fondamentale per l’economia globale.
Trump, il debito pubblico e la cura crypto
Un tempo scettico, oggi Donald Trump ha integrato le criptovalute nella sua strategia economica. Non per un’improvvisa passione tecnologica, ma per calcolo politico.
Il vero obiettivo dell’amministrazione è più ambizioso e meno visibile: ridurre il debito pubblico americano e rafforzare la supremazia globale del dollaro statunitense. Un po’ come nel caso dei cosiddetti “dazi reciproci” – strumentali al rifinanziamento della quota a breve termine del debito pubblico americano, che ormai supera i 36 trilioni di dollari – anche le crypto diventano leva di negoziazione. Le criptovalute, in quest’ottica, sono strumenti funzionali e scalabili.
Il caso Tether
Un caso emblematico è quello di Tether. Formalmente società privata con sede offshore, Tether Limited è oggi uno dei maggiori acquirenti mondiali di Treasury americani.
I principali utilizzatori di Tether – la stablecoin ancorata al dollaro – non sono investitori statunitensi, ma cittadini dei Paesi emergenti, spesso in fuga dall’inflazione. Usare Tether significa, di fatto, comprare dollari. Ogni USDT in circolazione è una piccola forma di domanda monetaria per il dollaro USA, e ogni dollaro raccolto da Tether finisce in titoli di Stato statunitensi. Il risultato? Un finanziamento parallelo del debito americano da parte del Sud globale, senza che la Fed muova un dito.
Keep America Great with Bitcoin
È in questo contesto che vanno lette iniziative come la Strategic Bitcoin Reserve e la proposta di regolamentazione sulle stablecoin: non un’apertura ideologica al mondo crypto, ma un piano ben strutturato per incanalare l’interesse globale per le valute digitali verso gli asset statunitensi. Il fine è geopolitico, non estetico: attrarre flussi di capitale, sostenere la domanda di dollari e consolidare la centralità finanziaria degli Stati Uniti.
In definitiva, per Trump il crypto-mondo non è il fine, ma un mezzo per rafforzare la posizione fiscale e monetaria degli USA. Una leva ibrida, che parla ai mercati, ma serve alla geopolitica.
Dollaro digitale come arma di soft power
Nonostante i suoi modi stravaganti ed eccentrici, non dobbiamo essere prevenuti. È molto utile capire la mentalità di Trump, perché ci sorprendiamo ancora di cose che sono perfettamente in linea con il carattere del personaggio.
Come spesso accade nella sua visione, le apparenze ingannano: dietro la retorica populista e gli NFT da collezione, si cela una strategia monetaria sofisticata, in cui anche le crypto diventano parte del toolkit della superpotenza americana. Make America Great Again.