La Moldova riconferma la sua identità europea – dopo un referendum sul filo
La Moldova ha fatto la sua scelta per l’identità europea in un referendum costituzionale deciso da poche migliaia di voti, che chiedeva ai cittadini se fossero favorevoli alla modifica della Costituzione nell’ottica dell’adesione all’Unione Europea. Nonostante l’esito positivo, la notte del 20 ottobre ha lasciato un retrogusto amaro tra i moldavi. Le prime proiezioni, che indicavano una netta prevalenza del “No”, hanno scosso l’opinione pubblica, contraddicendo i sondaggi che davano il “Sì” largamente in vantaggio. Con l’avanzare della notte e grazie soprattutto al conteggio dei voti della diaspora, ovvero i moldavi residenti all’estero, la situazione si è capovolta: i voti a favore hanno raggiunto il 50,35% (749mila voti a favore, 739mila contro), sancendo la vittoria del Sì. Tuttavia, il clima di incertezza persiste. Il voto ha messo in luce una società vulnerabile alle influenze esterne, in particolare russe, e una nazione meno coesa di quanto si sperasse.
Il ritratto di un paese post-sovietico
L’attuale presidente moldava, Maia Sandu, ha assunto la guida del Paese nel 2020 in un momento in cui la cittadinanza aveva smesso di sperare di liberarsi dalla condizione di stato catturato. Questo termine, coniato dal Fondo Monetario Internazionale, descrive una situazione in cui le élite dominanti manipolano le istituzioni statali a proprio favore, ostacolando le riforme necessarie e perpetuando un sistema di corruzione endemica. Il culmine di questa crisi di fiducia è stato rappresentato dal cosiddetto “furto del secolo”, un clamoroso scandalo finanziario che ha visto la sottrazione di oltre un miliardo di dollari dalle casse statali (pari a più del 12% del PIL nazionale nel momento della scoperta, nel 2014) da parte di oligarchi locali, lasciando il Paese in una condizione di profonda instabilità economica.
Sandu ha ereditato un Paese fortemente segnato da questo fenomeno, affrontando la sfida di ripristinare la fiducia nel governo e promuovere un autentico processo di cambiamento. In questo contesto, il suo principale obiettivo è stato quello di avviare una riforma del settore giudiziario, un passo cruciale per garantire l’indipendenza della magistratura e combattere la corruzione che ha afflitto il Paese per anni. Di conseguenza, la Strategia per l’indipendenza e l’integrità del settore giudiziario 2022-2025 mira a risolvere carenze sistemiche come la mancanza di fiducia nella giustizia e le lacune nel reclutamento dei giudici. Nonostante alcuni miglioramenti, i risultati rimangono limitati, e persistono ostacoli significativi in aree chiave come la valutazione e sanzione di giudici e procuratori, elementi fondamentali nella lotta alla corruzione. La resistenza interna continua a rappresentare un freno a questi sforzi, evidenziando la complessità di un cambiamento che appare ancora lontano dall’essere completato.
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Paradossalmente, proprio questa corruzione endemica rischia di minare le aspirazioni europee della Moldova, come si evince dai risultati serrati del referendum, e rappresenta un significativo ostacolo per Sandu in vista del ballottaggio previsto per il tre novembre. Insieme al referendum, infatti, si è votato per il primo turno delle elezioni presidenziali.
Il mercato dei voti: sistemi piramidali e interferenza russa
La sera del referendum, il Presidente dichiarò che “La Moldova ha affrontato oggi e negli ultimi mesi un attacco senza precedenti alla democrazia. Gruppi criminali, insieme a forze straniere ostili a noi, hanno attaccato il nostro Paese con decine di milioni di euro di propaganda, utilizzando i mezzi più miserabili per portare la nostra nazione verso una zona di instabilità. Abbiamo prove e informazioni che indicano come l’obiettivo del gruppo criminale fosse quello di comprare 300.000 voti. La portata della frode è senza precedenti.”
Le accuse sono supportate da un’inchiesta condotta da Ziarul de Gardă, il principale giornale di inchiesta moldavo, che ha svelato ulteriori dettagli sulle manovre illecite volte a influenzare il voto. Le indagini hanno rivelato l’esistenza di sistemi piramidali gestiti da Ilan Shor, noto politico e imprenditore moldavo coinvolto nel “furto del secolo”. Attualmente ricercato in Moldova e rifugiato a Mosca, Shor ha orchestrato la campagna per il suo partito attraverso il web, mantenendo la sua influenza politica nonostante le accuse di frode e corruzione.
In questo contesto, come emerso dall’indagine, il sistema piramidale assume la forma di uno schema di reclutamento che vede attivisti pagati per partecipare a manifestazioni o votare per un determinato candidato. Il sistema è organizzato in celle, con incentivi per coloro che riescono a reclutare il maggior numero di sostenitori possibile. Ogni livello della piramide ha la responsabilità di attirare nuovi partecipanti, creando così una rete estesa di individui legati da ricompense economiche e premi, contribuendo alla manipolazione dell’opinione pubblica e all’influenza indebita sul processo elettorale.
L’elemento chiave di questa inchiesta è stato il lavoro sotto copertura di una giornalista di Ziarul de Gardă, che per tre mesi ha partecipato alle attività organizzate dai sistemi piramidali di Shor. Durante questo periodo, la reporter ha preso parte a proteste, assistito a riunioni elettorali e distribuito volantini con contenuti falsi sull’Unione Europea e messaggi elogiativi sull’Unione Eurasiatica. La rivelazione più sconvolgente però riguarda l’apertura di un conto bancario in una banca russa, in sua assenza e utilizzando la copia di una carta d’identità falsa, creata dalla redazione del giornale. Dopo due mesi di “impiego”, la giornalista è stata pagata in rubli su questo conto, e per tutto il periodo di attività è stata contattata regolarmente da Mosca per essere ringraziata del suo contributo. Queste indagini non solo evidenziano l’estensione della propaganda elettore orchestrata da Mosca, ma anche la profonda influenza russa sulle dinamiche politiche moldave.
Sono state registrate irregolarità anche durante il giorno del voto, con segnalazioni di atti di intimidazione e manipolazione. Come riportato dalla BBC, sono emersi casi di acquisto di voti presso un seggio elettorale per i residenti della regione secessionista della Transnistria, sostenuta economicamente, politicamente e militarmente dalla Russia nella sua rivendicazione di indipendenza (ad oggi non riconosciuta dalla UE). Un produttore della BBC ha sentito una donna, dopo aver depositato la scheda nella scatola trasparente, chiedere a un osservatore elettorale dove avrebbe ricevuto il pagamento. Quando le è stato chiesto direttamente se le fosse stato offerto del denaro per votare, ha ammesso senza esitazione di essere stata pagata.
Le incoerenze non si fermano qui: molti degli attori politici che hanno lottato strenuamente contro il referendum per l’identità europea della Moldova hanno figli che si sono trasferiti nell’Unione Europea per studiare e lavorare. Un esempio emblematico è Alexandr Stoianoglo, l’ex procuratore generale e principale oppositore di Maia Sandu al ballottaggio, che ha apertamente boicottato il referendum ed è sostenuto da partiti pro-russi. Mentre il padre si opponeva alle aspirazioni europee del Paese, sua figlia condivideva sui social network una foto con Christine Lagarde, attuale presidente della Banca Centrale Europea, dove ha anche lavorato per un periodo.
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Quello che emerge è chiaro. Le forze anti-europee si sono schierate contro le aspirazioni occidentali della Moldova non per un allineamento ideologico con il principale Stato aggressore dell’Est, ma per timore di perdere la propria capacità di perpetuare un sistema di corruzione e accumulo illegittimo di ricchezze, a scapito del benessere delle future generazioni. Una motivazione che, più che riflettere un sincero impegno per il bene del Paese, rivela un cinismo profondo e un attaccamento egoistico al potere.
Tra vittoria e sfide strategiche
Il recente referendum ha rivelato una realtà complessa per la Moldova, caratterizzata da manipolazioni elettorali su vasta scala e contraddizioni ideologiche tra gli oppositori politici. La campagna di propaganda ha istillato timori infondati nella popolazione, alimentando paure collettive riguardo a potenziali espropri di terre, negazione dell’identità di genere e minacce alla famiglia tradizionale. Nonostante queste difficoltà, l’esito della consultazione rappresenta una significativa affermazione delle aspirazioni europee del Paese.
Come ha sottolineato l’europarlamentare Siegfried Mureșan, membro del Gruppo del Partito popolare europeo e presidente della Delegazione alla commissione parlamentare di associazione UE-Moldova, “nonostante la propaganda e le pressioni della Russia, il popolo ha trovato la forza di scegliere l’Europa”. Anche Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, ha elogiato il successo di Maia Sandu, twittando che “ce l’ha fatta di nuovo”, evidenziando la capacità della leadership moldava di mantenere il Paese sulla rotta europea.
Tuttavia, il referendum ha rivelato anche crepe significative nella strategia politica e nella comunicazione del governo. Non tutte le regioni che hanno sostenuto Maia Sandu alle elezioni presidenziali hanno votato a favore del “Sì”, evidenziando un’insufficienza nella capacità del suo partito di comunicare in modo chiaro e persuasivo il significato del referendum e di connettersi con le preoccupazioni della popolazione. Questo divario sottolinea la necessità di un approccio più incisivo per contrastare le paure infondate diffuse dagli oppositori. Le lacune emerse, sia a livello istituzionale che di intelligence, oltre che alle inadeguatezze del sistema giudiziario nel punire i trasgressori identificati, riflettono una preparazione insufficiente rispetto all’importanza strategica del referendum.
Un altro tema centrale emerso è quello della coesione sociale e del ruolo attivo dei cittadini. Tradizionalmente, il popolo moldavo è noto per la sua tolleranza verso le minoranze e le diverse opinioni politiche. Tuttavia, il contesto attuale richiede un cambiamento di atteggiamento: è fondamentale che la popolazione inizi a essere più incisiva nell’esprimere le proprie opinioni e nel confrontarsi apertamente.
I cittadini moldavi residenti nella Repubblica sono stati bombardati di propaganda e disinformazione che li avvertiva che in caso di vittoria del Sì “arriverà la NATO, la guerra, prenderanno le loro chiese e le loro terre, gli sarà proibito di parlare la propria lingua, che gli verrà negata l’identità o che i bambini saranno trasformati in gay alla nascita”, come dichiarato dalla direttrice di Ziarul de Gardă di Chișinău.
Inoltre, tra coloro che hanno votato “No,” si trovano non solo individui meno istruiti e più suscettibili alla paura, ma anche una parte dell’elettorato che si oppone al PAS, il partito di governo che sostiene Maia Sandu, a causa di una insoddisfazione verso gli sforzi politici dei governatori. Infine, ci sono coloro che si sono schierati contro il referendum perché appartenenti a cerchie di corrotti o a individui con problemi di integrità.
Questo panorama complesso evidenzia la necessità di un maggiore coinvolgimento civico e di una risposta collettiva contro la disinformazione per promuovere un dialogo costruttivo e inclusivo nella società moldava. La nuova consapevolezza e partecipazione devono manifestarsi con urgenza, soprattutto nei giorni che precedono il ballottaggio presidenziale del tre novembre. Solo attraverso una mobilitazione collettiva, accompagnata da un governo e da un’intelligence più preparati e incisivi, la Moldova potrà affrontare con successo le sfide interne ed esterne e proseguire con determinazione il suo percorso verso l’integrazione europea.
Un ballottaggio incerto
Il primo turno presidenziale vede Maia Sandu in testa con oltre il 42% dei voti. Il ballottaggio, previsto per il 3 novembre, la vedrà affrontare Alexandr Stoianoglo, candidato sostenuto dai partiti pro-russi.
Il secondo turno si prospetta difficile per Sandu, con candidati e partiti pro-russi che rappresentano il 50% dell’elettorato. Le autorità dovranno dimostrare un’azione senza precedenti, rispondendo alle numerose denunce di propaganda elettorale e garantendo trasparenza e spiegazioni chiare sulle misure adottate per affrontare i casi di frode e sulle strategie per prevenire abusi durante il secondo turno.
In definitiva, l’esito del referendum non deve essere considerato una vittoria assoluta nel cammino europeo della Moldova. È necessaria non solo una Costituzione aggiornata, ma anche una classe politica coesa e allineata. Per questo la prossima consultazione sarà cruciale nel decidere il futuro del Paese, che dimostrerà se Maia Sandu, capace di navigare le tempeste geopolitiche e di guadagnare vantaggi significativi, riuscirà a proseguire il percorso intrapreso verso l’integrazione europea.