La Polonia in Europa: tra mulini a vento e sfide pressanti
Se dovessimo riassumere il 2021 della Polonia, questo potrebbe essere rappresentato da una distesa di mulini a vento. Se l’anno appena conclusosi è stato tra i più difficili per l’Europa, non di meno lo è stato per la Polonia, politicamente, socialmente e con una situazione pandemica tra le più ingestibili tra i paesi membri dell’UE, con solo il 56% della popolazione completamente vaccinata, trend simile agli altri stati membri dell’Europa centro-orientale.
Il 2022 non si preannuncia in discesa. Il partito di governo Diritto e Giustizia (Prawo i Sprawiedliwość) è barricato in una fortezza politica le cui fondamenta sono costruite su tre pilastri: scontro aperto con l’UE; continua politica di deterioramento delle relazioni con Mosca; indebolimento delle istituzioni democratiche e dello Stato di diritto. A cui si aggiunge il fattore che potrebbe rappresentare il game changer del 2022: la crescita economica, che nell’ultimo decennio ha fatto dell’economia polacca una locomotiva trainante all’interno dell’Unione, sta incontrando profondi ostacoli, inflazione in primis, con il picco dell’8,6% raggiunto nel dicembre 2021.
La variabile economica, combinata alla crisi di approvvigionamento del gas ed al congelamento dei fondi del Recovery Plan da parte di Bruxelles, potrebbe costituire per il governo polacco un decisivo fattore di instabilità politica interna e, conseguentemente, esterna, come già dimostrato dai recenti rimpasti di governo ed ai malumori interni alla coalizione di governo. Nello specifico, sono emersi contrasti tra il leader di partito Jarosław Kaczyński e il problematico ministro della Giustizia Zbigniew Ziobro, fautore della discussa riforma del sistema giudiziario e megafono e portavoce del cattolicesimo oltranzista.
Leggi anche: La conferma di Duda e l’ultima mutazione della Polonia
I rapporti con l’Unione Europea stanno oggi attraversando uno dei momenti più problematici dall’adesione della Polonia. Alle consistenti limitazioni dei diritti civili e delle donne, e agli attacchi alle fondamenta dello stato di diritto, si è recentemente aggiunto il caso LexTVN, un’azione considerata da molti a livello interno, e certamente a livello internazionale, come una minaccia alla libertà dei media. La misura governativa, finalizzata a revocare la concessione alla tv privata TVN, posseduta dal gruppo americano Discovery.Inc ed apertamente critica nei confronti del governo, è stata motivata dalla volontà di evitare che gruppi stranieri all’infuori dell’Area Economica Europea possano detenere quote maggioritarie nel mercato dei media. Una tale misura, se si considera la recente storia polacca e come la Polonia riuscì attraverso il movimento Solidarność a svolgere il ruolo di guida dall’uscita dell’era comunista, costituisce l’emblema dei preoccupanti sviluppi di politica interna.
Ed è proprio il caso LexTVN ad aver contribuito all’ulteriore deterioramento dei già tesi rapporti Varsavia-Washington. Le recenti relazioni tra Polonia e Stati Uniti, già durante la Presidenza Trump, hanno attraversato momenti di criticità, e costituito un elemento inedito se consideriamo il tradizionale ruolo di Washington di garante e sponsor di Varsavia: le frizioni sono state dovute alla mancata accettazione da parte di Varsavia del parziale disimpegno americano nel garantire la sicurezza europea in seno alla cornice NATO. Con la nomina dell’avvocato Mark Brzezinski, già Ambasciatore in Svezia e figlio del celebre Consigliere per la Sicurezza Zbigniew Brzezinski, ad Ambasciatore americano in Polonia, l’amministrazione Biden spera di riprendere in mano il dossier delle relazioni con la Varsavia.
Rimodulare in maniera costruttiva le relazioni Washington-Varsavia avrebbe un effetto immediato su un altro dossier di primaria importanza, la Russia. E l’escalation a cui stiamo assistendo rende tale costruttività urgente e necessaria quanto non mai. Le aspettative della Polonia riguardo ad un’azione americana più assertiva nei confronti di Putin, soprattutto su Ucraina e sicurezza dei confini orientali dell’UE, rischiano di rimanere disattese. Mosca rimane per Varsavia un vicino problematico, per motivi energetici, securitari e politici; e l’attuale scontro con il regime bielorusso di Lukashenko sulla gestione dei flussi migratori ai confini orientali dell’UE costituisce solamente l’ultimo esempio di come Varsavia consideri Mosca, e conseguentemente Minsk, un agente destabilizzatore dell’unità e degli equilibri europei.
Leggi anche: Russia-Europe: crisis with no end in sight
Quale ruolo potrebbe e dovrebbe svolgere l’UE in tale contesto? La pandemia ha dato prova di una notevole – ma forse non sufficientemente percepita – flessibilità comunitaria nell’adattarsi alle crisi e alle sfide. Il Next Generation EU costituisce un’evoluzione del processo di integrazione europea senza precedenti e non darne merito a Bruxelles sarebbe un grande errore di valutazione. Come sarebbe tuttavia un grande errore non riconoscere i passi falsi commessi da Bruxelles nel 2021 in termini di gestione dei dossier interni all’UE, quello polacco incluso. Il passaggio di consegne post-Merkel in Germania e la difficile fase politica che sta attraversando il presidente francese Emmanuel Macron non hanno sicuramente aiutato l’Unione a mantenere la barra dritta su temi non puramente economici e sanitari, come appunto la difesa dello Stato di diritto e dei principi ed istituzioni democratiche, terreni su cui la Polonia, insieme all’Ungheria, si muove da tempo in maniera provocatoria. E’ auspicabile che il 2022 riservi un cambio di rotta.
Il nuovo governo tedesco ha inserito la difesa dei valori e dei principi dello Stato di diritto nelle prime 10 righe del capitolo dedicato alla responsabilità tedesca nei confronti dell’Europa del programma della coalizione; la Presidenza francese dell’UE (gennaio-giugno 2022), malgrado una condivisione di priorità energetiche con Varsavia, non ha alcun interesse a mediare circa il congelamento dei fondi europei destinati a Varsavia in nome delle relazioni franco-polacche e preferirebbe una distensione delle relazioni con Mosca all’attuale posizione di Varsavia. A questo si aggiungono le dinamiche interne al gruppo di Visegrád su cui Varsavia ha negli ultimi anni fatto molto affidamento come fronte di aperto scontro con Bruxelles. Le elezioni ungheresi previste per il prossimo 3 aprile, qualsiasi sia il risultato, avranno un forte impatto politico sulla figura di Viktor Orbán e sul partito Fidesz, e come conseguenza, sul suo ruolo all’interno di Visegrád. L’atteggiamento del gruppo, peraltro, è attualmente in una fase di ridefinizione delle priorità, su spinta di Slovacchia e Repubblica Ceca sempre più orientate verso Bruxelles.
Il Premier polacco Morawiecki ha recentemente affermato che la Russia sta testando quanto possa spingersi nello sfidare l’Europa. Guardando al 2021 delle relazioni Polonia-UE, è evidente quanto anche Varsavia abbia tentato la strada della provocazione politica, agendo da troublemaker politico e perfino facendo balenare l’opzione Polexit. La questione dei fondi europei del PNRR, che destina teoricamente alla Polonia 24 miliardi in prestiti, rappresenterà nel 2022 l’ennesimo banco di prova del ruolo che la Polonia intende avere all’interno dell’UE.
Sembra tuttora plausibile che Varsavia possa decidere di proseguire con l’attuale posizionamento critico vis-à-vis Bruxelles. A questo si aggiunge il clima politico di campagna elettorale alquanto anticipato, malgrado le elezioni siano previste per l’autunno 2023: vi è un graduale e costante rafforzamento del partito di opposizione Piattaforma Civica (Platforma Obywatelska) guidato dall’ex Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, e un’opinione pubblica in aperto e coraggioso scontro con la politica interna del governo, soprattutto sulla gestione pandemica e la difesa dei diritti civili.
Il clima politico è ulteriormente inasprito dalla recente rivelazione circa l’uso da parte del governo polacco del software israeliano Pegasus e le accuse mosse dall’opposizione circa lo spionaggio di alcuni responsabili chiave della campagna elettorale di Piattaforma Civica in occasione delle elezioni politiche del 2019.
Considerati gli importanti cambiamenti politici che potrebbero aver luogo nell’UE nel 2022 e le sfide geopolitiche che attendono Bruxelles in termini dell’implementazione di obiettivi climatici, della sfida tecnologica e della crisi di approvvigionamento energetico, qualora decida di proseguire con questa ostinazione politica, la Polonia rischia di trovarsi politicamente isolata e obbligata ad orientarsi verso la ricerca di nuovi mulini a vento contro cui combattere in attesa di trovare l’isola su cui governare.