La politica interna francese in movimento
I prossimi mesi vedranno dei cambiamenti fondamentali nel panorama politico francese. La République irreprochable (repubblica irreprensibile) promessa da Nicolas Sarkozy durante la campagna elettorale del 2007 attraversa – oltre a una crisi economica di cui si continua a non scorgere la fine – una crisi morale che sta profondamente minando il rapporto di fiducia tra i cittadini e i loro rappresentanti politici. Le primarie del 9 ottobre, indette per scegliere il candidato del Partito Socialista alle elezioni presidenziali di maggio 2012, potrebbero sancire il nome del prossimo presidente della repubblica.
Negli ultimi due anni la capacità di leadership e il consenso di cui godeva Nicolas Sarkozy si sono seriamente indeboliti. L’emersione di una serie di scandali e alcune indagini della magistratura hanno colpito direttamente l’entourage del presidente. I collaboratori più stretti dell’inquilino dell’Eliseo devono affrontare l’accusa di aver gestito finanziamenti illegali per le proprie campagne elettorali e di aver utilizzato abusivamente la polizia per impedire fughe di notizie e per spiare giornalisti ritenuti fastidiosi.
Tuttavia, la giustizia non riesce agevolmente a portare a termine le inchieste e ad aprire i dibattimenti, grazie a una dipendenza eccessiva dei tribunali rispetto al potere esecutivo: una situazione che ha spinto gli osservatori più critici a paragonare l’élite politica francese a quella italiana o russa e che ha portato una parte consistente dell’opinione pubblica a ritenere che i propri governanti godano di privilegi di casta.
Ma, seppure saldi ai posti di governo, i membri del cosiddetto clan Sarkozy saranno ufficialmente inutilizzabili per la campagna elettorale, che il presidente uscente dovrà fronteggiare da una posizione politicamente tutt’altro che agevole. Innanzitutto, le nomine ad alcune delle più alte cariche dello stato sono avvenute sulla base di rapporti di fiducia personali, cosa che ha indebolito il partito di Sarkozy – l’UMP controlla ormai solo una delle ventidue regioni della Francia metropolitana, l’Alsazia – e ha convinto alcuni dei suoi colonnelli più intraprendenti che una sconfitta nel 2012 è necessaria per trovare la forza di cambiare la leadership e guardare con maggiore fiducia alle scadenze elettorali successive. Gli stessi media più vicini al governo parlano della fine di un ciclo.
Inoltre, il bilancio dei cinque anni di presidenza non è dei più brillanti: nonostante l’attivismo sullo scenario internazionale, soprattutto nell’ambito della crisi libica e di quella dell’euro, Sarkozy non ha risultati tangibili da presentare a un elettorato deluso. Il progetto politico ha perso forza, dopo che l’iniziale apertura a sinistra si è rivelata illusoria mentre le crepe formatesi a destra (l’ex primo ministro UMP Dominique de Villepin sarà a sua volta candidato all’Eliseo) sono invece piuttosto concrete. Il debito pubblico è tra i più alti dell’eurozona (86,2% del Pil a giugno 2011) e le banche francesi sono pericolosamente esposte sul fronte mediterraneo.
Sembra godere di salute migliore il Partito Socialista, che ha appena conquistato il Senato, i cui membri sono eletti dai rappresentanti degli enti locali, e che era in mano ai partiti di centrodestra fin dal 1958. Ispirandosi al Partito Democratico italiano, il PS ha deciso di scegliere il suo presidenziabile attraverso elezioni primarie aperte a candidati ed elettori esterni al partito, diversamente da quanto avvenuto nel 2008 per la scelta del segretario (primarie riservate agli iscritti e vinte di misura da Martine Aubry, seguite da una lunga scia di polemiche).
Tra coloro che si sfideranno domenica 9 ottobre (e la successiva, in caso di ballottaggio), dopo l’uscita di scena dell’ex favorito Dominique Strauss-Kahn, sono in tre ad avere qualche speranza di vittoria. Si tratta di Ségolène Royal (già sconfitta da Sarkozy nel 2007), ma soprattutto di Martine Aubry (attuale segretario del partito e autrice della riforma che ha introdotto in Francia la settimana di lavoro di 35 ore), e di François Hollande (già segretario del PS per dieci anni).
Riesce difficile stimare un probabile vincitore di queste elezioni primarie, proprio perchè i non appartenenti al Partito Socialista che vi parteciperanno saranno tra il 30 e il 50% di tutti i votanti. Da questo punto di vista, se Martine Aubry dovrebbe riscuotere un buon successo tra gli iscritti e la sinistra tradizionale, grazie al controllo sulla macchina del partito e a un programma più socialdemocratico, il profilo di Hollande sembra meglio attrezzato per intercettare gli esterni, i delusi e i più stanchi del duello Aubry-Royal che ha caratterizzato il PS negli ultimi anni.
L’ex segretario ha condotto fin qui la campagna più innovativa e “obamiana”, in termini di aggressività comunicativa e apertura ai giovani – una tra le categorie più scontente per la cattiva situazione economica, visto che la disoccupazione giovanile è in Francia al 23,3% (come metro di paragone, l’Italia è al 27,7% e la Germania all’8,9%, secondo i dati dell’agosto 2011). Una visione dell’economia più liberale rispetto alla sua avversaria permetterebbe a Holland di conquistare anche elettori più indecisi o meno ideologizzati.
I sondaggi assicurano la vittoria sia ad Aubry che a Hollande in un eventuale ballottaggio con Sarkozy per la presidenza. Ma non è così facile. Intanto perchè gli scandali emersi nell’ultimo periodo non hanno risparmiato il PS, e alcuni importanti esponenti del partito sono sotto inchiesta per corruzione.
Poi perchè la straordinaria vittoria alle elezioni regionali è scaturita anche da un tasso di astensione superiore al 50%: elettori di centrodestra che potrebbero tornare al voto per le presidenziali dell’anno prossimo. Del resto, Sarkozy non ha ancora iniziato la sua campagna; cinque anni fa dispose di oltre venti milioni di euro, una cifra fuori dalla portata degli altri.
Infine, l’elevato tasso di sfiducia nella classe politica – e i candidati socialisti provengono tutti dall’apparato – potrebbe favorire i candidati “minori”, come Marine Le Pen del Fronte Nazionale, accreditata stabilmente del 20% delle intenzioni di voto. Gli elettori della Le Pen potrebbero scegliere Sarkozy al ballottaggio, o provocare una dispersione dei voti verso i candidati più a sinistra, col rischio di far indietreggiare troppo il cavallo socialista al primo turno. Insomma, la corsa per l’Eliseo sarà lunga e per niente scontata.