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Il quadro elettorale dietro la vittoria di Donald Trump: l’economia innanzitutto

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L’interpretazione più semplice, magari semplicistica, del voto americano sta in una parola: l’economia. Non è certo l’unica, ma c’è un malessere che attraversa la società americana che torna spesso a galla e che non sparisce, ormai da decenni, anche quando tutti i fondamentali vanno bene. Troppe persone e famiglie vivono, come si usa dire spesso “a una piccola crisi dalla bancarotta” dove con piccola crisi si intende una malattia, un’auto il cui motore fonde, un guasto importante in casa.

 

“Sebbene il mondo si meravigli della capacità di sopportazione dei consumatori statunitensi, un numero crescente tra questi è costretto a lasciare la propria casa e ad accumulare debiti con le carte di credito. Il 40% con i redditi più bassi rappresenta il 20% dei consumi, mentre il 20% più ricco il 40%. Si tratta del divario più ampio mai registrato e probabilmente si allargherà ulteriormente… Le spese non essenziali stanno diventando un lusso per soli ricchi, così come pure l’ottimismo… Mentre le grandi imprese diventano più grandi, l’ansia attanaglia gli altri. La percentuale di piccole imprese che esprimono incertezza sull’economia e sul proprio futuro è insolitamente alta, e la loro fiducia è a livelli raramente visti se non nelle recessioni”. Queste tre frasi sono estrapolate da un articolo pubblicato da Ruchir Sharma sul Financial Times due giorni prima delle presidenziali USA e sono una buona spiegazione del risultato: per convincere le persone che le cose vadano bene l’economia deve funzionare per loro, non avere i fondamentali in ordine. Le due cose possono coincidere ma non negli Stati Uniti contemporanei, dove l’inflazione ha disarcionato di sella famiglie e individui già messi alla prova da una dinamica della distribuzione della ricchezza che non è nuova e che non è cambiata con le presidenze democratiche di Obama e Biden.

Il voto di protesta, più o meno radicale, non è una novità: con l’eccezione della riconferma di Barack Obama nel 2012, dal 2000 in poi gli USA non hanno mai votato per la continuità e lo stesso Obama perse tre milioni e mezzo di consensi tra un mandato e l’altro. Il 2024 è un altro di questi anni: la continuità, sebbene incarnata da una figura relativamente giovane – 59 anni per Kamala Harris contro i 78 di Donald Trump – che parlava di nuova leadership e di voltare pagina è stata un macigno.

Se guardiamo alla geografia elettorale possiamo senza dubbio dire che non c’è luogo o quasi in cui Kamala Harris abbia guadagnato voti rispetto al risultato di Joe Biden del 2020. Tutti gli Stati che risultavano in bilico sono andati a Trump con margini tendenzialmente più ampi di quelli delle medie dei sondaggi. Non c’è Midwest, Sud o West che contino, non ci sono Stati in crescita o in declino, c’è solo un’avanzata del Partito Repubblicano. Anzi, a voler essere più precisi, c’è un arretramento del Partito Democratico, che infatti oltre a perdere la Casa Bianca perde quasi tutti i seggi senatoriali che i sondaggi davano come contendibili o difendibili. Trump torna a dominare nei contesti rurali (+27%), recupera nella suburbia, mentre Harris guadagna qualcosa nelle città (+2% rispetto a Biden). Il divario tra l’America dei piccoli centri e delle contee rurali e quella delle metropoli, insomma, continua a crescere e riguarda gli stili di vita, la ricchezza, probabilmente l’idea stessa di cosa siano gli Stati Uniti. È bene sottolineare che questo divario è una novità relativa: fino a pochi decenni fa città e campagne votavano allo stesso modo.

Ma dove perdono i Democratici? Lo spostamento più clamoroso è certamente quello tra i maschi ispanici, tra i quali il consenso per Trump è aumentato di 18 punti percentuali rispetto a quattro anni fa. Biden aveva 23% di vantaggio, oggi è Trump ad averne 10. Non c’è invece stato quel calo di consensi tra gli uomini afroamericani, che pure i sondaggi segnalavano: +2% rispetto a 4 anni fa, con la potenziale preoccupazione per i democratici che già Biden aveva perso 9 punti rispetto a Hillary Clinton. Harris perde voti anche tra le donne ispaniche, passando dal +39% di Biden al +24%.

 

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Osservando questo spostamento già visibile nei sondaggi pre-elettorali si è spesso detto che era il discorso “machista” trumpiano e, sul fronte opposto, l’eccessiva attenzione data alle questioni riguardanti i diritti civili (la cultura woke). Può darsi che si tratti di una spiegazione, almeno parziale. Se però guardiamo ai dati sull’economia possiamo trovare una spiegazione diversa: tra ottobre 2022 e ottobre 2024 la percentuale più alta di persone interrogate da Gallup che ritiene che il paese stia andando nella giusta direzione è 26% ed è relativa al mese scorso. Negli exit poll troviamo invece il dato che risponde alla fatidica domanda posta da Ronald Reagan agli elettori: “State meglio o peggio di 4 anni fa?”.

Nel 2020, solo un quinto degli elettori affermava che la situazione fosse peggiore; stavolta è quasi la metà degli elettori ad affermare lo stesso. Tra costoro Trump ha il 63% di vantaggio. Nonostante la pandemia, nel 2020 gli elettori erano divisi a metà sull’andamento, un dato che si giustifica probabilmente con un sostegno partigiano a Trump e alla sua presidenza da parte del suo elettorato. Nel 2024, due terzi degli elettori erano scontenti di come andasse l’economia: ossia i Repubblicani e una porzione notevole di Democratici.

Il risultato tra gli ispanici e anche il lieve calo tra gli afroamericani si può quindi anche leggere come un ulteriore problema del Partito Democratico con il voto della working class e della lower middle class. Si tratta di un problema colossale per un partito che vuole presentarsi come il difensore del mondo del lavoro e difensore delle minoranze che, tranne la asiatica, occupano in media una posizione più bassa nella scala sociale. Con numeri così, avere come candidata in piena continuità con gli anni appena trascorsi che alla domanda “cosa avresti fatto di diverso rispetto a Biden” risponde “Non mi viene in mente nulla” non è qualcosa che uno stratega elettorale consiglierebbe.

Il divario tra donne e uomini rimane sostanzialmente invariato con dati che peggiorano per i Democratici che perdono donne rispetto a Joe Biden e Hillary Clinton e uomini rispetto al solo Biden. Non c’è quindi stata nessuna onda femminile: l’aver puntato tanto sull’aborto perché la cosa aveva funzionato nel 2022 è stata una scelta che non ha pagato. Allo stesso modo, l’aver puntato sul machismo a tratti brutale di Trump non è stata una scelta felice. Il potenziale elettorato democratico del 2024, se si escludono piccoli passi avanti tra gli over 65 e tra i maschi e le femmine con istruzione superiore, non si è mobilitato, non è corso alle urne per fermare il pericolo Trump declinato in ogni sua forma (il pericolo dazi, il rischio democratico, le espulsioni di massa).

I giovani hanno ancora preferito i Democratici, ma se Clinton aveva +19% su Trump e Biden +24%, Harris ha solo il 13%. A questo proposito vale invece segnalare il dato relativo ai nuovi elettori. Tra chi votava per la prima volta, che non vuol dire i giovani ma anche le persone che sceglievano di votare anche se prima non lo avevano fatto, Trump ha 9 punti di vantaggio su Harris. La mobilitazione, insomma, sembra essere avvenuta sul fronte repubblicano.

Se si esaminano attentamente gli exit poll e si confrontano con quelli del 2020, si nota una discreta stabilità. Nel 2020, Trump ha vinto il voto dei bianchi con il 58-41%. Martedì ha vinto di meno, 55-43. Tra le donne bianche, Kamala Harris ha fatto un po’ meglio di Joe Biden: Trump ha vinto tra le donne bianche 55-44 su Biden e 52-47 su Harris. Il risultato tra gli uomini bianchi non è stato statisticamente diverso: Trump ha vinto 61-38 su Biden e 59-39 su Harris. Per quanto si parli di defezioni tra i neri, gli exit poll dicono il contrario. Biden ha vinto in questa categoria per 79-19 e con Harris è andata 78-20. Ha vinto anche tra gli indipendenti, anche se di qualche punto in meno rispetto a Biden.

Solo un gruppo di elettori si è distinto. Biden ha conquistato i latinos per 65-32. Harris li ha conquistati solo per 53-45. Il cambiamento più grande di tutti riguarda gli uomini latinoamericani: Biden li ha conquistati per 59-36, mentre questa volta Trump ha battuto Harris per 54-44.

Nel 2020, solo un quinto degli elettori affermava che la situazione era peggiore rispetto a quattro anni prima. Quest’anno, quasi la metà degli elettori afferma di stare peggio rispetto a quattro anni fa. Trump li ha conquistati in modo schiacciante. La chiave migliore per spiegare il risultato del voto sta probabilmente in questo dato.