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Il dinamismo del Cristianesimo in veste africana

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L’Africa riveste un ruolo fondamentale nel Cristianesimo contemporaneo, dal momento che ospita circa un quarto della popolazione cristiana mondiale e – secondo alcune fonti – è recentemente diventata il primo continente per popolazione assoluta di cristiani, con oltre 600 milioni di persone. Una tendenza in crescita, che contrasta con quelle di altre parti del mondo, dove il Cristianesimo è invece sempre più ridimensionato dalla secolarizzazione.

L’odierna popolazione cristiana dell’Africa è il risultato di lunghi e complessi processi di diffusione ed evangelizzazione. Il primo di questi risale all’epoca dell’Impero Romano, di cui rimane oggi la Chiesa Ortodossa etiope (con quasi 50 milioni di aderenti) e altre realtà minoritarie come la Chiesa Copta in Egitto (con circa 5 milioni di fedeli secondo le cifre ufficiali del governo, ma fino al triplo secondo altre fonti). La seconda grande ondata di penetrazione cristiana nel continente ha poi luogo a partire dal sedicesimo secolo, in sinergia con l’espansione coloniale europea: essa si sviluppa largamente a spese delle religioni tradizionali indigene, con cui tuttavia si realizzano diffusi fenomeni di ibridazione.

Infine, il panorama del Cristianesimo africano è ulteriormente mutato con la diffusione dal ventesimo secolo del movimento pentecostale e carismatico, che oggi conta oltre cento milioni di aderenti nel continente.

Vescovi africani riuniti in simposio a Roma

 

Crescita demografica e rapporti di forza

Il peso dell’Africa all’interno del Cristianesimo è tuttavia ancora maggiore se si considerano le dinamiche di crescita, che potrebbero portare, secondo il Pew Research Center, la popolazione cristiana dell’Africa sub-sahariana a raddoppiare entro il 2050, fino a contare oltre un miliardo e cento milioni di persone.

Un incremento che sposterà considerevolmente i rapporti di forza all’interno del mondo cristiano: mentre oggi la percentuale della popolazione globale di cristiani che vive in Africa è sostanzialmente simile a quella sia dell’Europa sia dell’America Latina, all’inizio della seconda metà di questo secolo i Cristiani africani potrebbero avvicinarsi al 40% del totale, nonché a superare la somma delle percentuali degli altri due continenti.

A quel punto, cinque dei dieci paesi mondiali con la maggiore popolazione di cristiani si troveranno in Africa: Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Tanzania, Etiopia e Uganda. Questi dati sono ancora più significativi se si considera il livello di impegno e di identificazione dei fedeli: infatti, il 75% dei cristiani dell’Africa sub-sahariana dichiara che la religione è molto importante nella sua vita, a fronte invece di una realtà in altre parti del mondo, a cominciare dall’Europa e dal Nord America, che vede sempre di più un’adesione prevalentemente nominale.

La situazione appare invece più complessa se guardiamo alle ragioni di questo incremento, che sembrano dipendere in gran parte dai tassi di natalità, piuttosto che da una spinta espansiva.

Una messa nella cattedrale di Lomé, in Togo

 

Scomponendo i dati, questo è particolarmente vero per il Cattolicesimo, che mostra un problema di tenuta rispetto – a seconda dei casi – alle denominazioni protestanti carismatiche e pentecostali e/o all’Islam. Un problema che è mostrato chiaramente dai dati percentuali: in Paesi come il Kenya, ad esempio, si rileva una caduta delle percentuali dei cattolici a fronte di una crescita dei protestanti e dei musulmani; oppure, in altri casi, una sostanziale stabilità cattolica a fronte di un’elevata crescita delle altre fedi.

Questi cambiamenti si rifletteranno sensibilmente negli equilibri interni al Cristianesimo, i cui fedeli fino all’inizio del ‘900 erano per due terzi europei. Da un lato, lo spostamento del principale nucleo di fedeli dal nord del Mediterraneo al sud del Sahara avrà un impatto considerevole a livello di rapporti geopolitici e di politiche delle istituzioni religiose: in particolare per la Chiesa cattolica, che vedrà il collegio cardinalizio mutare in profondità la propria composizione. Da questo punto di vista, la probabilità che altri papi provenienti dal “sud del mondo” occupino il Soglio di Pietro dopo Papa Francesco è molto alta.

 

Verso un cristianesimo sub-sahariano?

La crescente componente africana del Cristianesimo potrebbe svolgere un ruolo rilevante anche in termini di orientamento delle confessioni cristiane su una serie di problemi. In primo luogo sui temi relativi alla morale e alla sessualità, in quanto la cristianità africana si trova in aree in gran parte caratterizzate da un atteggiamento conservatore.

Si pensi, ad esempio, alla questione dei diritti LGBT+, riguardo alla quale l’apertura della maggior parte dei paesi dell’Europa occidentale e del Nord America contrasta con la situazione dell’Africa, dove i rapporti omosessuali sono ancora per lo più illegali, e prevedono spesso pene carcerarie. E’ noto in particolare il caso di una legge approvata in Uganda nel 2013, e poi annullata dalla Corte Costituzionale del paese, che prevedeva l’ergastolo – e in una prima versione del testo la pena di morte – per gli omosessuali. Su altre questioni, invece, l’influenza africana potrebbe andare in senso opposto: è il caso della regola del celibato del clero, che incontra crescenti opposizioni nel continente, dove le culture tradizionali vedono nella famiglia e nell’avere figli un valore fondamentale: un fattore che potrebbe avere giocato un ruolo della recente parziale apertura del Vaticano sulla questione.

Il fatto che molti dei cristiani della regione risiedano in aree caratterizzate da problemi di convivenza con l’Islam – e in alcuni casi, come in Nigeria e in altri paesi dell’Africa centrale, dall’attività di movimenti violenti di matrice jihadista come Boko Haram – potrebbe anche influenzare l’atteggiamento globale delle confessioni cristiane rispetto al dialogo interreligioso e in particolare i rapporti con il mondo musulmano.

Sotto il profilo socio-economico, un ruolo non secondario potrebbe essere giocato dalle generali condizioni di sottosviluppo dei cristiani africani. Da un lato potrebbe crescere l’interesse per le questioni legate alla povertà, allo sviluppo e al rispetto dell’ambiente. Dall’altro, in particolare all’interno del mondo protestante, ad un ulteriore proliferare del cosiddetto prosperity Gospel, il Vangelo della ricchezza, con una visione del mondo che collega strettamente religione e ricerca della prosperità materiale.

Infine, dal punto di vista del culto, lo stile di celebrazione potrebbe essere a sua volta influenzato dal Cristianesimo africano. In particolare nella versione pentecostale, ma anche in parte in quella cattolica le significative ibridazioni con le religioni tradizionali si sono tradotte nella diffusione di fenomeni come stati di trance e possessioni e, in generale, in uno stile di culto molto diverso da quello europeo e nord americano.

Nel complesso, quindi, la crescita assoluta e percentuale del Cristianesimo africano rispetto alle altre aree del mondo potrebbe generare significativi processi di cambiamento nell’ambito delle confessioni cristiane – soprattutto in una grande istituzione transnazionale come la Chiesa cattolica – e, potenzialmente, anche essere fonte di tensioni con le gerarchie religiose consolidate in Europa e in Nord America.