I BRICS tra opportunismo russo e riassetti pragmatici
Al sedicesimo vertice dei BRICS, tenutosi nella città russa di Kazan a fine ottobre 2024, è stata ufficializzata l’adesione di quattro nuovi membri: Egitto, Emirati Arabi Uniti (EAU), Iran ed Etiopia. I BRICS, fondati nel 2009 da Brasile, Russia, India e Cina e ampliati nel 2010 con l’ingresso del Sudafrica, rappresentano – almeno in origine – un forum internazionale delle principali economie emergenti. Nonostante i successi e le difficoltà incontrati nel tempo, Pechino e Mosca stanno ora accelerando verso un’espansione che possa trasformare i BRICS in un contrappeso più incisivo all’ordine internazionale dominato dall’Occidente, con particolare riferimento agli Stati Uniti. Attualmente, il blocco copre circa il 30% della superficie terrestre, comprende il 45% della popolazione mondiale e contribuisce al 35% del PIL globale, consolidandosi come un attore impossibile da ignorare sulla scena mondiale.
Oltre ai leader dei Paesi membri, al vertice di Kazan hanno preso parte rappresentanti di oltre 30 nazioni e numerose organizzazioni internazionali. Tra i partecipanti figuravano il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan e il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres. La presenza di un numero così ampio di delegazioni assume un valore simbolico per il Cremlino, che vuole dimostrare di aver rotto l’isolamento internazionale conseguente all’invasione dell’Ucraina nel 2022.
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Tuttavia, questo vertice non rappresenta un sostegno politico esplicito a Putin: “Oggi, i BRICS non possono essere uno strumento per promuovere gli interessi della Russia nel contesto della crisi ucraina”, ha osservato la fondatrice del centro studi di politica russa Rpolitik, Tatiana Stanovaya. Anche se la Cina sta fornendo un sostegno economico essenziale alla Russia nella condotta della guerra, il blocco rimane ambiguo sulla questione ucraina. Da un lato, il Primo Ministro indiano Narendra Modi ha espresso chiaramente il desiderio di pace, mentre il Presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, che in passato ha riconosciuto la violazione del diritto internazionale da parte della Russia, intervenendo in videoconferenza da Brasilia ha esortato a scongiurare un’escalation e a intraprendere un percorso negoziale, sottolineando il rischio che il conflitto possa assumere una dimensione globale.
Ciò che unisce principalmente i Paesi BRICS è una frustrazione comune nei confronti delle istituzioni internazionali a guida occidentale, in particolare quelle economiche. Le sanzioni imposte negli ultimi anni a Russia e Cina – per ragioni e con modalità diverse – hanno alimentato il timore in molti Paesi del Sud Globale di diventare anch’essi vulnerabili agli strumenti di pressione finanziaria dell’Occidente. Per questo, i BRICS hanno istituito istituzioni economiche che si vogliono alternative rispetto a quelle nate con gli accordi di Bretton Woods del 1944, come la New Development Bank (NDB), supportata da un fondo strategico di riserva chiamato Contingent Reserve Arrangement (CRA).
La de-dollarizzazione è un obiettivo particolarmente importante per Mosca, che spera di sviluppare un sistema di pagamenti alternativo che colleghi tutti i membri BRICS. Secondo il Cremlino, l’esistenza di una rete di pagamenti separata e inclusiva di alcuni dei partner strategici degli Stati Uniti limiterebbe la capacità di Washington di isolare commercialmente la Russia. Tuttavia, Paesi come India e Brasile continuano a mantenere solidi rapporti finanziari con gli Stati Uniti e la NDB stessa opera ancora all’interno delle dinamiche economiche globali prevalenti. Dopo la seconda invasione dell’Ucraina, la NDB ha persino sospeso i suoi progetti in Russia.
Secondo numerosi critici, i BRICS mancano della coesione necessaria per fungere da contrappeso efficace all’Occidente. Sul piano economico, infatti, spicca la posizione dominante della Cina rispetto agli altri membri. Proprio a seguito dell’invasione dell’Ucraina, inoltre, l’influenza finanziaria di Pechino su Mosca è cresciuta ulteriormente. Brasile, Sudafrica e India mantengono intanto un approccio più equilibrato nei confronti di Stati Uniti ed Europa rispetto alla linea adottata da Russia e Cina. Nuova Delhi e Brasilia, piuttosto che opporsi frontalmente all’ordine globale occidentale, cercano di assumere un ruolo più influente nei processi decisionali, promuovendone una riforma dall’interno: “Dobbiamo stare attenti a non acquisire l’immagine di un’organizzazione che sta cercando di sostituire le istituzioni globali, invece di essere percepita come una che desidera riformarle”, ha sottolineato Modi durante una delle sessioni plenarie di Kazan.
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Al contempo, invece di perseguire obiettivi comuni, alcuni attori principali sembrano più inclini a sfruttare i BRICS per promuovere le proprie priorità strategiche. Per esempio, India e Cina sono in forte competizione per assumere una posizione di leadership (senza dimenticare che Nuova Delhi, attraverso la sua partecipazione al QUAD a guida USA, mira chiaramente a contenere l’influenza di Pechino nell’Indo-Pacifico). Anche l’espansione del blocco è un tema divisivo: mentre Cina e Russia sostengono l’allargamento, Brasile e India restano prudenti, preoccupati che un aumento dei membri possa ridurre la loro influenza, pur con Nuova Delhi talvolta disposta a compromessi per preservare il suo ruolo nel Sud Globale. Paradossalmente, questo processo di espansione potrebbe creare nuove difficoltà per la Russia. La decisione di Javier Milei di ritirare la candidatura dell’Argentina, il ripensamento del Presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev sull’ingresso nel gruppo, e il rinvio dell’adesione ufficiale da parte dell’Arabia Saudita senza ulteriori spiegazioni, hanno introdotto notevole incertezza nel processo di ampliamento dei BRICS.
In merito all’ambizione di ridurre il primato del dollaro, i BRICS devono affrontare sfide sostanziali. Per affermarsi come alternativa reale al dollaro, sarebbe necessaria una valuta BRICS stabile e ampiamente accettata, una condizione che attualmente nessuno dei membri può garantire. Il dollaro continua a dominare il commercio globale – oltre l’80% delle transazioni internazionali è ancora fatturato in questa valuta – e costituisce quasi il 60% delle riserve delle banche centrali mondiali. Inoltre, la recente vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali rappresenta un ulteriore ostacolo per la Russia nei suoi sforzi di promuovere la de-dollarizzazione globale: “Dirò: Se lasciate il dollaro, non farete affari con gli Stati Uniti”, ha affermato il President-elect in molti dei suoi comizi elettorali.
Un altro punto critico per il leader del Cremlino è la questione del colonialismo. In diverse occasioni Putin ha accusato l’Occidente di comportarsi come una forza colonizzatrice nel tentativo di imporre un proprio ordine con la forza: queste affermazioni risultano drammaticamente contraddittorie, poiché la stessa Russia adotta spesso politiche imperialiste e dominanti nelle regioni vicine, incarnando, di fatto, atteggiamenti che assomigliano a quelli che denuncia.
Rimane il fatto che la partecipazione di numerosi leader al vertice di Kazan segnala una possibile espansione futura dei BRICS. Oltre a Paesi con posizioni dichiaratamente critiche verso l’Occidente, come Cuba e Venezuela, tra i candidati ci sono anche nazioni come Colombia, Malesia, Vietnam, Nigeria e Senegal. L’interesse di questi Paesi, che non adottano una linea apertamente antioccidentale, per l’adesione ai BRICS riflette una crescente tendenza a evitare schieramenti netti, preferendo invece diversificare le proprie strategie economiche e diplomatiche. In tale ottica, è arrivato il momento per i Paesi occidentali di intensificare il dialogo quantomeno con alcuni membri dei BRICS e valutare assieme a loro possibili riforme dei maggiori fori multilaterali, che effettivamente sono tuttora guidati o dominati dalle grandi potenze del passato.
Vi sono certamente temi cruciali per lo sviluppo e la crescita sostenibile del Sud Globale su cui gli interessi possono convergere: combattere la criminalità e la corruzione, facilitare la transizione energetica e assicurare lo scambio di tecnologie avanzate. È inoltre importante che i Paesi occidentali spieghino con maggiore chiarezza come e perché certe sanzioni rispondano a gravi violazioni del diritto internazionale, impegnandosi ad applicarle in modo coerente e universale, non solo contro i propri avversari. In sostanza, è tempo di riconoscere alcune delle rivendicazioni avanzate dai BRICS, a partire dal necessario riequilibrio degli assetti globali in favore di un assetto multilaterale più inclusivo.