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Digital Opinion Leader: un futuro sintetico

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Tra i fenomeni dell’industria digitale più rilevanti c’è quello degli influencer: umani e sintetici (come vedremo tra poco) che influenzano il pubblico, tramite diffusione di contenuti audio e/o video via piattaforme sociali.

In Cina lo scenario degli influencer è molto più articolato rispetto all’Occidente: a fianco degli influencer di tipo occidentale (Key Opinion Leader, stile Ferragnez) ci sono anche influencer “accettati” dal sistema politico sociale cinese, comunemente conosciuti come COL (Cultural Opinion Leader). I COL sono figure nate e cresciute all’interno dell’establishment culturale e sociale cinese. Pechino infatti sta moderando il fenomeno dell’esplosione e dell’esibizione della ricchezza di pochi soggetti, cosa mal vista dall’opinione pubblica di un Paese alle prese con la pandemia e la frenata della crescita; in questo scenario rientrano il COL come soggetti apprezzati dal governo.

Una influencer approvata dal governo cinese

 

A fianco di queste due categorie “umane” cinesi esiste un fenomeno estremamente innovativo, nato poco prima del Covid: i DOL (Digital Opinion Leader). I DOL sono avatar digitali: persone virtuali, non esistenti nella realtà. Di solito sono creati, almeno in Cina, dalle aziende Big tech nazionali. L’aspetto rilevante di questi DOL è che obbediscono alle regole sociali di chi li ha creati. I DOL cinesi sono frutto delle aziende Big tech nazionali che han compreso, e sposato, l’importanza della visione di Xi in merito alla moderazione sociale. Si comprende come DOL e COL siano realtà distinte, ma funzionali a mostrare le virtù di una crescita economico sociale equilibrata al popolo cinese. A questi due gruppi si contrappongono i KOL (nazionali o internazionali) che, promuovendo un tipo di lusso inarrivabile per la maggioranza dei cittadini cinesi, sono invisi al governo e a una parte della comune popolazione che li prende di mira sui social, col benestare del Partito. Sempre più spesso, in Cina, KOL sono indagati per azioni illegali quali stupri, evasione fiscale, eccetera.

L’attuale scenario degli influencer digitali in Cina è già complesso di suo. Tuttavia il futuro dei DOL, in Cina e nel resto del mondo, è ancora più sfidante da prevedere.

“I DOL, virtual influencer o CGI (computer generated imagery), stanno cambiando le regole del gioco.” Mi spiega Gianluca Perrelli di Buzzoole. “Nei paesi asiatici, i virtual influencer hanno trovato la loro collocazione su WeChat e via via stanno estendendo la loro presenza in diversi mondi virtuali nell’ambito del metaverso, come l‘app coreana Zepeto che sta spopolando in tutto il mondo e su cui anche gli influencer in carne ed ossa hanno iniziato creare i propri “avatar” diventando anche influencer virtuali.

Gartner prevede che entro il 2025, il 30% dei budget di marketing degli influencer sarà assegnato agli influencer virtuali. I brand più evoluti hanno già sperimentato contenuti brandizzati con virtual human e tratto molteplici benefici. Inoltre, l’utilizzo di virtual influencer consente di lavorare con facilità in diversi ambiti digitali, non solo sui social media, ma anche nei videogiochi e nel metaverso. Infine, i virtual human assicurano la brand safety, essendo completamente controllabili e monitorabili nei minimi dettagli dai grandi marchi. Buzzoole ci ha creduto da subito, lanciando un progetto meta human con la virtual influencer Zaira, ad oggi tra le più note in Italia.”

Se gli aspetti tecnologici sono chiari risulta più sfidante capire le dinamiche legate alle proprietà intellettuali dei DOL, oltre a quelle dei COL e dei KOL.

“In linea di principio i DOL sono prodotti digitali, software in buona sostanza, proprietà di coloro che li hanno creati.” Mi spiega Simona Cazzaniga managing partner dello Studio Legale Sutti. “Tuttavia le leggi che governano questo settore sono ancora in divenire: non tanto nel merito, ma per le fattispecie giuridiche applicabili, ma sotto il profilo processuale ed esecutivo.

In Occidente, abbiamo una normativa di riferimento specifica ben strutturata: la gestione dei diritti IP, e relativi proventi economici da attività derivate dai DOL (e analoghe figure), sono ancora oggetto di studio, specialmente in ambito esecutivo/sanzionatorio e soprattutto fiscale.

Il rischio che si può palesare è che i proprietari dei DOL, che li hanno creati e/o li amministrano, possano fare leva su stratagemmi fiscali e normativi per eludere la tassazione (un fenomeno già incontrato per le Big-Tech), anche attraverso la scelta di fissare la sede legale e/o l’ubicazione del server in aree dove la legislazione legata ai contenuti che questi DOL possono veicolare, sia piuttosto flebile.”

Lo scenario dei DOL, oggi complesso, è destinato a complicarsi ulteriormente con “l’invecchiamento” degli attuali KOL e COL. È plausibile pensare che gli influencer in carne ossa, oggi giovani, possano decidere in futuro, di creare un avatar digitale (un DOL originato da un essere vivente), per mantenere il contatto con il loro pubblico giovane (più facilmente influenzabile). Il fenomeno, nella sua globalità, è destinato ad accrescersi nei prossimi anni. Con l’aumento di DOL avremo un aumento di furti d’identità, e il relativo sfruttamento di DOL per operazione di vendite flash, rischia di divenire uno scenario alquanto complesso da normare e, soprattutto, difficile da definire per proteggere i DOL e i loro diritti/IP.

“Nel mondo digitale che abbiamo conosciuto fino ad oggi i contenuti sono stati facilmente duplicabili”, mi spiega Perrelli. “Sui social media, ad esempio, i trasgressori hanno avuto vita facile anche se pensiamo alla natura stessa delle piattaforme, in termini di semplicità nel riuscire a replicare i contenuti e la velocità con cui è stato possibile pubblicarli, quindi lo sfruttamento di merce/identità non autentica.

Le piattaforme possono ridurre i rischi introducendo meccanismi di protezione e tutela dei creator e rimozione di contenuti e account falsi, ma non è possibile garantire l’invulnerabilità dell’ID e dell’IP. Sarà proprio la gestione dei rischi a fare la differenza nel prossimo futuro ibridato con la tecnologia blockchain. I creator (KOL e COL) reali e digitali avranno un proprio clone virtuale certificato (appunto dalla blockchain) e pertanto ci sarà bisogno di una maggiore attenzione, oltre all’aspetto legale, anche ai meccanismi di protezione e tutela da parte delle piattaforme. Si dovrà lavorare sulla trasparenza degli “smart contract” legati all’acquisto di beni digitali, come gli NFT, che dovranno certificare l’autenticità e chiarire bene quali saranno i diritti sul bene digitale quando viene trasferito dal creator originale (venditore) al follower o al nuovo possessore (ricevente/compratore). Nel metaverso basato sulla blockchain, ad esempio, chi acquisterà un bene digitale (una casa, un abito, un avatar…) dovrà sapere chiaramente se all’atto della transazione ne diventerà proprietario, se potrà utilizzarlo come preferisce e se potrà tutelarsi in casi di clonazione e sfruttamento improprio del bene da terzi.

Senza una maggiore tutela e un’informazione chiara, i DOL sarebbero più esposti al rischio di danni economici e d’immagine, e con loro anche le aziende con cui collaborano”, conclude Perrelli.

Gli aspetti tecnologici sono ancora in divenire; a queste sfide si aggiungono quelle del panorama legale in cui opereranno gli influencer in futuro.

“Allo stato attuale il furto d’identità digitale è un fenomeno che ricade di competenza delle autorità di polizia (in Italia la Polizia Postale in primis, ma non solo) il furto di un identità digitale è assimilabile per diritto a quello del furto di dati di identità classici quali quelli sanitari, carte di credito etc.”, mi spiega Cazzaniga. “L’ipotesi che un’identità digitale, DOL, possa divenire oggetto di azioni di promozione di servizi o prodotti illegali è un fenomeno crescente, assimilabile alle deep fake che sono state generate, in via sperimentale, negli ultimi anni. Esiste il plausibile rischio che in futuro un DOL possa essere copiato e usato per fare propaganda politica o addirittura terroristica. Esiste anche lo scenario in cui una azienda decida di acquistare per una vendita flash una copia del DOL, magari modificandone solo alcuni elementi, in modo che non sia prettamente una violazione del IP o Copy, e tuttavia il DOL cosi rigenerato sia praticamente identico o altamente confondibile con quello originale.

In questo contesto ritengo essenziale far ricadere in primis dette iniziative (DOL, o gli avatar di COL e KOL etc.) in fattispecie di matrice promo-pubblicitarie con finalità commerciali, escogitate per promuovere la vendita di prodotti e servizi.  E qui va ricordato che, per esempio, l’attività degli influencer viene puntualmente regolata dalla Digital Chart promulgata dallo IAP (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria) dal 2016.

Ricordiamo che nel caso italiano non solo lo IAP, ma anche il codice del Consumo (e analoghe normative vigenti in moltissimi Paesi), precisano che, per pubblicità, deve intendersi qualsiasi forma di messaggio che sia diffuso in qualsiasi modo  allo scopo di promuovere la vendita di beni o servizi. Tutto ciò che è idoneo ad indurre un consumatore all’acquisto (dette definizioni le troviamo più o meno parimenti formulate nel Codice del Consumo, nelle regole dell’AGCM e da norme di matrice europea). Nel merito le varie normative ben potrebbero far fronte ad eventuali illegittimi metodi comunicazionali “businnes oriented”.

Il potere effettivo dello IAP non va sottovalutato: nel 1963 aderì la RAI, le principali case editrici, la stampa, le aziende che gestivano la cartellonistica, poi radio libere o TV private e commerciali inclusa Mediaset, eccetera.

Nell’estate del 2022 anche Google Italia ha aderito allo IAP e ha formalmente riconosciuto le norme applicate: qualsivoglia decisione dello IAP verrà quindi considerata in automatico “buona e giusta” da Google che per l’effetto provvederà ad oscurare le pagine internet  in forza di dette decisioni di “censura” ad iniziative promo-pubblicitarie non ritenute lecite rispetto ai principi del Codice della Comunicazione Commerciale dello IAP.

Il maggior problema che la tecnologia ci presenta consiste nella rapidità con cui un IP asset possa cambiare proprietà (inclusa la possibilità di frazionamento pressoché istantaneo del “bene” IP in discussione), quindi e per l’effetto anche l’autorità giurisdizionale e territoriale competente oltre che alla legge applicabile.