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Biden-Macron: come il fronte occidentale può reggere

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 Chi ha portato chi sulla sua linea? Nella Conferenza stampa del 1° dicembre alla Casa Bianca, Joe Biden ha detto di essere pronto a parlare con Vladimir Putin ma solo se il Capo del Cremlino dimostrerà un interesse vero e concreto a negoziare. E dopo essersi consultato con gli alleati della NATO. In modo un po’ obliquo, il capo della Casa Bianca ha accolto così una posizione espressa varie volte da Emmanuel Macron, secondo cui la guerra in Ucraina non potrà essere risolta solo sul campo di battaglia ma avrà anche bisogno di uno sforzo negoziale. Vedremo se, come, quando, Vladimir Putin reagirà: come sappiamo, per il leader del Cremlino contano solo i rapporti con gli Stati Uniti.

 

Se poi leggiamo il comunicato congiunto fra Biden e Macron, emesso a termine dell’incontro fra i due Presidenti alla Casa Bianca, il lungo paragrafo sull’Ucraina contiene una condanna nettissima della guerra illegale di aggressione della Russia, dell’annessione di territori in violazione del diritto internazionale, degli attacchi alle infrastrutture civili ucraine, dei crimini di guerra compiuti da Mosca.

Questo è l’altro lato dell’approccio concordato fra il giovane presidente europeo e il vecchio presidente americano. Che ha un’appendice ulteriore: Stati Uniti e Francia annunciano la loro intenzione di coordinare insieme agli alleati gli sforzi di assistenza militari e civili all’Ucraina, convocando fra l’altro una conferenza internazionale che si terrà a Parigi il 13 dicembre. Sia chiaro: è una Conferenza dei donatori, che dovrà servire a sostenere in modo più efficace gli aiuti alla parte aggredita, l’Ucraina. Ma è un risultato diplomatico notevole per Emmanuel Macron, che tornerà dalla sua visita di Stato negli Stati Uniti – la prima visita di Stato della presidenza Biden – con un ruolo di co-protagonista nella conduzione della tragica guerra che si combatte sul fianco Est dell’Europa.

Due ragioni spiegano questa convergenza in parte inattesa. La prima è che Francia e Stati Uniti, al di là di tutte le dispute storiche e recenti, sono entrambi vocati a una visione “universalista” del mondo. In modo diverso, con un impatto geopolitico di scala molto differente, ma comunque una visione universalista. Questo dato – l’istinto che conta in politica estera – spiega perché Francia e Stati Uniti sono destinati a scontrarsi e a incontrarsi. Fino all’esito attuale: il Macron che nel 2019 parlava di “morte celebrale” della NATO, oggi, dopo lo shock dell’aggressione russa all’Ucraina, vede nell’Alleanza atlantica un baluardo delle democrazie occidentali e dei loro valori. Poi certo possiamo risalire a Tocqueville e al suo elogio della democrazia americana.

Si aggiunge, e questa è la seconda ragione, il gradimento di Joe Biden. Potrà non piacere a una parte degli europei. Ma dal punto di vista di Washington, Macron è ciò che di meglio l’Europa di oggi può offrire: Londra si è tagliata fuori dall’UE con Brexit; il Cancelliere tedesco Olaf Scholz guida una coalizione divisa e tende a flirtare con la Cina, mentre il “modello” industriale tedesco ha già perso, con il gas russo, uno dei suoi ingredienti essenziali. La posizione ferreamente atlantista di Giorgia Meloni ha tranquillizzato la Casa Bianca, dopo l’uscita di scena di Mario Draghi; ma passerà qualche tempo prima della visita di rito negli Stati Uniti.

L’Unione Europea del dopo-Ucraina ha equilibri interni spostati verso Est: ma per quanto il peso della Polonia sia diventato molto più rilevante, è chiaro che un paese come la Francia – con armi nucleari, membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e con una visione globale che include il teatro indo-pacifico – avrà sempre la precedenza. E quindi benvenuto a Macron, con la sua aspirazione a guidare un’Europa che appare in realtà alquanto priva di guida. Specie dopo elezioni di mid-term che potrebbero portare il Congresso americano a diventare più freddo in materia di sostegni all’Ucraina. Il tempo conta anche per Washington, che vede nella competizione con la Cina, prima che con la Russia, la vera e propria sfida esistenziale.

Per la Francia che aspira alla “autonomia strategica” dell’Europa, essere alleati di Washington non significa necessariamente essere allineati. In particolare, l’economia tende a dividere l’Atlantico e la guerra ha effetti asimmetrici, molto più rilevanti per l’Europa a causa della crisi energetica. Se si aggiunge il costo del gas liquefatto americano e se si aggiungono i sussidi contenuti nell’Inflation Reduction Act di Biden – in appoggio a una transizione energetica “Made in America” – l’effetto è uno spiazzamento di parte delle imprese europee. Ed il rischio è un conflitto economico, proprio in una fase cruciale per la tenuta politica occidentale sull’Ucraina.

Macron e Biden hanno cercato di smussare il contrasto; è probabile che l’Europa chiederà alla Casa Bianca esenzioni paragonabili a quelle concesse a Messico e Canada. Ma conta soprattutto il messaggio: l’alleanza occidentale, per reggere, ha bisogno di un collante economico e non solo di sicurezza.

 

 


*Una versione di questo articolo è stata pubblicata su Repubblica del 2 dicembre 2022.