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Biden, il “Quad” indo-pacifico e la diplomazia costruttiva

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 In Europa si è forse sottovalutato un incontro in modalità virtuale/digitale tra quattro Capi di Stato e di governo, tenutosi il 12 marzo: quello tra i leader di Stati Uniti, India, Giappone, Australia. E’ il cosiddetto Quadrilateral Security Dialogue (o Quad), inaugurato nel 2007 e ora per la prima volta attivato al livello di vertice. Il formato era stato utilizzato anche dall’amministrazione Trump, ma soltanto come uno strumento apertamente anticinese, mentre fallivano i tentativi di impostare l’intera relazione bilaterale con Pechino sulla “diplomazia transattiva” e su un rapporto personale con Xi Jinping.

I leader dei paesi Quad in videochiamata il 12 marzo

 

L’approccio di Biden è in effetti assai diverso – pur avendo ben presente la sfida cinese, sia militare nel Pacifico sia economico-tecnologica su scala globale – perché non parte dall’assunto di uno scontro diretto con Pechino e invece si concentra sulle priorità americane che gli alleati e i partner possono condividere. Non a caso, l’intervento di apertura del Presidente americano si è concentrato sulle questioni climatiche. L’altro tema centrale delle discussioni del 12 marzo è stato quello dei vaccini anti-Covid, con l’impegno (magari più simbolico che preciso) di fornire ai Paesi ASEAN un miliardo di dosi entro la fine del 2022. E’ qui, potremmo dire, che la strategia incontra la pandemia: i 10 membri dell’ASEAN sono economie promettenti e dinamiche, anche se non tutte ad alto reddito, e si trovano in qualche modo strette fra le ambizioni cinesi e i legami consolidati con gli Stati Uniti.

In altre parole, Washington cerca ora di costruire un consenso attorno a obiettivi costruttivi invece di farsi guidare dall’ossessione del momento secondo l’approccio à la Trump – l’insopportabile deficit commerciale, l’eccesso di export tedesco, le ambizioni iraniane in Medio Oriente, i minacciosi migranti dal Messico, perfino i disonesti alleati in ambito NATO. E’ in tale diversa ottica che si può interpretare la riattivazione del formato Quad, che peraltro ha il suo baricentro geopolitico nel settore indo-pacifico (e non in Asia orientale) cioè proprio nell’area in cui potrebbero decidersi gli equilibri mondiali del XXI secolo – se si guarda ad esempio alle rotte commerciali Est-Ovest e al potenziale economico dell’India.

Un secondo aspetto che emerge da questo specifico utilizzo del Quad è il legame organico tra questioni interne agli USA e rapporti di forza internazionali: l’amministrazione Biden lo ha spiegato fin dalle sue primissime uscite ufficiali, quando il Presidente, il Segretario di Stato Antony Blinken e il National Security Adviser Jake Sullivan hanno precisato che la potenza americana poggia in ultima analisi sulla sua efficienza e vitalità economica, sociale e istituzionale. In sostanza, la Realpolitik non deve far dimenticare il fattore democratico-liberale (se si vuole, anche sul piano ideale): è il modello americano ad essere in competizione con quello cinese, e non basta sbandierare lo slogan “America First” per rendere il Paese più efficiente o più coerente con le sue migliori tradizioni. E proprio Sullivan ha ben riassunto il potenziale attivo della cooperazione tra i quattro Paesi – cioè non soltanto la loro capacità e volontà di contrastare le ambizioni cinesi con la forza – quando ha ricordato che il super-piano vaccinale per l’ASEAN è realistico grazie a una combinazione formidabile: “Indian manufacturing, US technology, Japanese and American financing and Australian logistics capability“.

In questa ottica si può allora meglio comprendere il senso dell’incontro virtuale di metà marzo. Il Presidente Biden è arrivato all’appuntamento con un capitale politico importante: il suo tasso di gradimento presso gli elettori americani per la gestione della pandemia è attorno al 60% (grazie alla campagna vaccinale e al pacchetto di stimolo di 1,9 trilioni di dollari), cioè un livello che il suo predecessore non poteva neppure sognare. E in un sistema democratico-liberale di mercato questi dati hanno un reale impatto sulla forza politica di un leader anche quando si presenta ai tavoli internazionali. Se gli Stati Uniti si avviano a tassi di crescita superiori a quelli cinesi (come ha recentemente previsto l’OCSE) e non sono intanto più dilaniati da un’incessante guerra istituzionale interna a ritmo di tweet, è chiaro che la proiezione internazionale del Paese può poggiare sull’intera gamma di risorse di una superpotenza – di tipo hard ma anche soft.

Certo, esiste un’innegabile dimensione militare e di sicurezza in senso più ampio nell’attuale confronto-scontro con la Repubblica Popolare Cinese, ma proprio la capacità di fare leva su forme variegate di potere potrebbe essere la vera arma in più a disposizione di Washington. Un articolo del 10 marzo su Foreign Policy (tra i cui autori compare l’ex-Ministro alla Difesa di Trump, James Mattis) identifica quattro fondamentali settori in cui il Quad potrebbe fare la differenza: la difesa delle rotte marittime, la sicurezza delle supply-chain, la cooperazione tecnologica, la diplomazia asiatica (grazie a legami diretti e profondi che non sempre Washington ha coltivato). Si tratta davvero di una grande potenza di fuoco strategica, ben oltre gli aspetti militari o, sul lato opposto dello spettro, quelli puramente simbolici.

Lo stesso governo cinese deve aver compreso l’entità del problema, e infatti ha – com’era del resto facilmente prevedibile – definito il Quad la manifestazione di una “velenosa” mentalità da guerra fredda. Eppure, l’approccio costruttivo di questa prima intesa di principio “a quattro” può innescare una dinamica su cui ancora poco si è ragionato: la competizione con la Cina è anche uno stimolo a fare meglio, a mobilitare la creatività delle liberal-democrazie di mercato, a usare le alleanze e le coalizioni internazionali come strumento di innovazione (e non solo come una sorta di linea Maginot del XXI secolo).

Entro fine marzo la strategia complessiva di Washington avrà contorni ancora più chiari, dopo la visita del Segretario di Stato Blinken a Tokyo e Seul, dove sarà accompagnato dal Segretario alla Difesa Lloyd Austin. L’atteggiamento americano sembra comunque restare aperto – parallelamente – a esplorare un dialogo selettivo con Pechino, come mostra la circostanza che è previsto a stretto giro anche un incontro con le controparti cinesi.

Si sta insomma testando il potenziale di un’ampia diplomazia costruttiva, ed è ovviamente opportuno che l’Europa sia attivamente presente in questi sforzi multilaterali, con obiettivi comuni, chiari e realistici.