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Ucraina: il quadro intricato del dopo-Yanukovich

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Dal novembre 2013 gli avvenimenti di piazza dell’Indipendenza a Kiev, e poi nel resto del paese, sono stati al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica mondiale. Diverse chiavi di lettura sono state usate per spiegare quanto sta accadendo nella parte più orientale dell’Europa. I manifestanti che protestavano al centro della capitale ucraina sono stati descritti a volte come combattenti per la democrazia e il futuro europeo del paese. Contemporaneamente, è stata evidenziata tra questi la presenza di gruppi di estrema destra, spesso protagonisti dei momenti più drammatici e violenti della rivolta, ed eletti a emblema della rinascita del nazionalismo estremista in Europa.

Sulla stessa falsariga piuttosto semplicistica, il conflitto è stato letto attraverso una chiave geopolitica che evidenzia i tentativi della Russia di tenere legati a sé gli stati che una volta facevano parte dell’ex URSS – contrapposta alla volontà dell’Unione Europea e soprattutto della NATO di allargare la propria sfera di influenza a Est. Questi aspetti sono importanti, ma un’analisi più attenta suggerisce che la realtà è più complicata.

Il destino dell’Ucraina, più che allo scontro politico tra europeisti, nazionalisti e filorussi (o almeno in eguale misura), è legato alla situazione dei suoi conti pubblici, che hanno condizionato le scelte dell’ex presidente Viktor Yanukovich – fino alla sua fuga in febbraio. Il paese è sull’orlo del default: la struttura economica è fragilissima, totalmente dipendente dalla Russia, in particolare per quanto riguarda gas e petrolio. Il gas è infatti uno dei beni sussidiati dal governo ucraino, che fa pagare ai suoi cittadini solo il 20% del prezzo di mercato, accollandosi la differenza. Ciò provoca un crescente indebitamento estero, giunto ai 140 miliardi di dollari. Inoltre, la mancanza di liquidità nel paese è dovuta al calo dell’export (-10% rispetto al 2012), mentre la produzione industriale continua a diminuire dal 2008, essendo basata principalmente su un’industria siderurgica sensibile al calo di domanda mondiale dell’acciaio.

L’Ucraina, per sostenere la stabilità della moneta locale e per calmierare al suo interno i prezzi del gas, ha fatto ricorso massicciamente alle riserve di valuta: queste sono state così dimezzate nel giro di due anni. Inoltre, il governo deve assolutamente trovare 17 miliardi entro il 2014, per far fronte ai pagamenti dei titoli di stato in scadenza, di una rata del prestito avuto nel 2008 dal Fondo monetario internazionale (FMI) e dei conti del gas. Prima delle rivolte il rendimento dei titoli del debito indicava l’Ucraina come terzo paese più rischioso al mondo dopo Venezuela e Argentina. L’agenzia di rating Standard & Poor’s aveva appena abbassato da B a B- il rating dell’Ucraina, giudicando poco probabile che Kiev potesse onorare i suoi obblighi finanziari.

Gli aiuti offerti dall’Europa e dal FMI erano vincolati all’adozione di una serie di liberalizzazioni e alla modernizzazione dell’apparato industriale, oltre che a maggiori garanzie democratiche. Nel pacchetto di richieste c’era poi una legge che consentisse ai detenuti di essere curati all’estero: doveva essere una possibile soluzione al caso della ex leader Yulia Tymoshenko, condannata a sette anni di carcere e fino a febbraio ricoverata in un ospedale di Charkiv. Durante le trattative parallele, Mosca aveva messo sul piatto una dilazione dei debiti delle forniture energetiche insieme alla promessa di tagliare il prezzo del gas, scendendo da 400 a 268,5 dollari per mille metri cubi (400 dollari era la cifra che la Russia aveva stabilito quando proprio la Tymoshenko era al potere). Inoltre Putin aveva annunciato l’intenzione di comprare titoli di Stato ucraini per un valore di 15 miliardi di dollari.

Yanukovich si è mosso in questo difficile scenario in maniera ambigua, ostentando fino all’ultimo una calma equidistanza tra i suoi vicini, nel tentativo di alzare la posta. Va ricordato che, pur senza mai mettere in discussione l’alleanza con la Russia, Yanukovich è stato comunque il presidente che ha rafforzato maggiorante le relazioni con l’UE. Tuttavia la fragilità della sua azione politica è venuta alla luce nel momento in cui sono iniziate le prime proteste: la repressione brutale che è stata decisa ha portato a una radicalizzazione, e i manifestanti sono stati uniti sulla richiesta di dimissioni del governo, più che sull’europeismo.

Con la radicalizzazione della protesta, al fianco dei vecchi attori della politica ucraina sono emersi nuovi protagonisti: formazioni extraparlamentari di estrema destra come Pravi Secktor, Settore Destro, e Spilna Prava, Causa Comune. Disciplinate e organizzate in modo paramilitare, hanno preso il controllo fisico della piazza e hanno sostenuto la parte più dura degli scontri con le forze di sicurezza, assurgendo anche al ruolo di servizio d’ordine di Maidan. Oggi, alcuni dei loro componenti siedono nei banchi del nuovo governo, mentre altri avviano promettenti carriere politiche.

Il leader di Pravi Sektor, Dmytro Yarosh, è stato nominato vicesegretario del Consiglio per la sicurezza e la difesa nazionale. Il suo partito ha mantenuto un atteggiamento critico nei confronti del nuovo governo di Arsenij Jacenjuk, e ha chiesto di mettere fuori legge il Partito comunista e il Partito delle regioni dell’ex presidente Yanukovich. Yarosh ha dichiarato di essere favorevole alla firma di un accordo di associazione con l’Unione Europea, ma il suo movimento è contrario all’ingresso nell’UE, che considera un pericolo per la morale e la religione cristiana.

Al fianco di Vitali Klitschko (ex pugile professionista che dal 2010 alla guida di UDA, formazione politica liberale di centro destra), e di Yatseniuk (ex ministro degli Esteri e alla guida di Patria durante la detenzione della Tymoshenko), sulla scena politica si è affermato Oleh Tyahnybok, leader del partito ultranazionalista Svoboda. Fino al 2004 il nome del partito era “Partito Nazionale e Sociale dell’Ucraina” e il suo simbolo era il “dente di lupo”, una figura utilizzata dalle unità militari della Germania nazista. Alle elezioni politiche nazionali del 2012 ha conquistato trentasette parlamentari (10,4% dei voti), divenendo il quarto partito ucraino; il primo però in Galizia, regione dove il nazionalismo ucraino è più radicato.

Il suo programma prevede l’abolizione dell’aborto, la messa al bando dei partiti comunisti, il diritto di possedere armi, l’indicazione sui passaporti dell’appartenenza etnica e religiosa, la creazione di un arsenale nucleare e l’adesione alla NATO. Il primo gennaio di quest’anno, 15mila militanti di Svoboda hanno promosso a Lviv una fiaccolata per ricordare Stepan Bandera, capo dell’Esercito insurrezionale ucraino e responsabile durante la seconda guerra mondiale della deportazione di decine di migliaia di ebrei, zingari, comunisti e polacchi nei lager nazisti. Svoboda ha ottenuto posizioni importanti nel nuovo governo guidato da Jacenjuk: il ministero dell’Agricoltura e quello delle Risorse naturali, oltre al segretario del Comitato di sicurezza nazionale che sovrintende al ministero della Difesa.

Il movimento di Maidan è tuttavia composto da anime differenti con diverse aspirazioni: il successo di Svoboda e la comparsa di formazioni di estrema destra mostrano l’incapacità della classe politica ucraina di saper guidare le proteste. Rispetto alla Rivoluzione arancione del 2004 l’opposizione, adesso al governo, è apparsa frammentata e non è stata in grado di esprimere un leader carismatico capace di catalizzare il dissenso verso la precedente maggioranza.

La prossima tappa della vicenda ucraina saranno (a meno di nuovi eventi traumatici) le elezioni presidenziali di maggio. Data la frammentazione partitica, il favorito sembra essere Petro Poroshenko, uno degli uomini più ricchi del paese, conosciuto in patria come “il re del cioccolato”: è padrone della Roshen, primo produttore dolciario del paese. Durante le proteste è apparso più volte in piazza Maidan dichiarando di sostenere la rivolta e senza cadere nella trappola di accettare incontri o accordi con Yanukovich, scelte che hanno fatto aumentare il suo indice di gradimento.