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Tecnologie digitali per una nuova cultura alimentare

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L’evoluzione della tecnologia digitale degli ultimi venti anni ha riportato la scienza a riflettere sugli effetti che l’uso costante degli strumenti artificiali può provocare sulle pratiche e sulla cognizione umana. È chiaro che le nuove tecnologie stanno cambiando rapidamente i nostri stili di vita, soprattutto per quanto riguarda i modi in cui produciamo, acquisiamo e condividiamo le informazioni. Questo effetto è sempre più evidente anche nel mondo della nutrizione, considerato il crescente numero di oggetti, di servizi e sistemi digitali legati al cibo, con cui l’uomo interagisce quasi quotidianamente.

Essendo decisamente aumentate le opportunità di progettazione, i ricercatori cercano di capire, in particolare, se sia possibile utilizzare le tecnologie digitali per aiutare le persone ad avere comportamenti più sani e sostenibili, anche in ambito alimentare e gastronomico. Se questo fosse possibile, nel futuro prossimo potremmo avere una generazione di “nativi sostenibili”, ovvero individui che nascono e crescono in un mondo in cui hanno a disposizione strumenti disegnati per supportare pratiche alimentari e di consumo corrette – per la salute individuale e per la sostenibilità collettiva.

A questa domanda di ricerca vuole rispondere il food design, un nuovo settore di studi e applicazioni pratiche che attraverso le metodologie del design thinking, e facendo leva appunto sui criteri della salute e della sostenibilità intende sviluppare nuove culture alimentari. Si tratta di un approccio people-centered, che tiene pienamente conto delle abitudini personali e al contempo di alcuni obiettivi complessivi.

Le innovazioni tecnologiche digitali e di rete si sono già inserite a tutti i livelli della filiera agro-alimentare. A livello macro, hanno contribuito a mettere in rete entità singole e spesso distanti, incidendo sui “sistemi cibo” e provocando importanti cambiamenti socioculturali, politici, e ambientali. Le ICTs (Information Communication Technologies) stanno assumendo un ruolo sempre più importante per risolvere i problemi dell’accessibilità al cibo e della food security. Ad esempio i sistemi mobili, che con le reti wireless aiutano a fornire le informazioni giuste al momento giusto agli agricoltori per poter utilizzare l’acqua disponibile in modo più efficiente e ridurre al minimo gli sprechi. Attraverso lo sviluppo di tecnologie innovative che intervengono in diverse fasi della produzione, distribuzione e trasformazione del cibo, si sta delineando uno scenario integrato di sistemi per la prevenzione dei rischi, il monitoraggio e la diagnosi rapida di contaminanti chimici e biologici o di altre sostanze indesiderate. Le tecnologie digitali si sono dunque inserite nel sistema agricolo quanto in quello industriale, al fine di garantire sempre meglio la food safety.

In agricoltura, le tecnologie digitali sono state introdotte, non in contrapposizione alle metodologie tradizionali, ma spesso come complementari e a supporto di queste. Ad esempio i droni digitali caricano a bordo sensori di diverso tipo, videocamere, GPS e possono essere utilizzati per controllare problemi di irrigazione, infestazioni parassitarie, monitorare il raccolto, le malattie delle piante, etc. Attraverso le “reti del cibo”, si sono sviluppate anche nuove forme d’inclusione sociale, con la conseguente costruzione di comunità più collaborative e proattive verso soluzioni concrete per il futuro (vedi il caso delle smart cities). 

A livello micro le tecnologie digitali incidono anche sulle scelte del consumatore finale. Il cibo, considerato sempre meno come bene materiale, viene inserito in quella che è spesso definita come l’economia dell’esperienza. Un cibo tracciato è monitorabile, e può rendere l’esperienza d’acquisto più sicura, così come la scelta di prodotto più consapevole e personalizzata. Un’informazione allargata sui tipi di produzione più sostenibile, sullo spreco alimentare, e sulle questioni relative alla salute e alla malnutrizione, accresce la consapevolezza pubblica su temi di importanza sia locale che globale. L’eater da semplice fruitore è diventato sempre più un produttore attivo di informazione: grazie alle ICT sono cambiati i processi di conoscenza e i social media hanno permesso una maggiore interazione anche diretta tra gli utenti.

È cambiato il rapporto tra consumatore, produttori e distributori, ma è cambiato anche il rapporto tra uomo e il proprio corpo, i sensi e lo spazio. In cucina, ad esempio, si esaltano i pattern sensoriali dell’uomo producendo esperienze sempre più immersive e coinvolgenti. Cambiano i foodscapes dell’uomo e aumentano le esperienze-ponte, in grado di far dialogare il mondo digitale con quello analogico, all’interno di un unico continuum. Nascono nuovi strumenti per fare la spesa, i carrelli digitali e le applicazioni per smartphones, e sono comparse anche innovative soluzioni di autoproduzione (food 3D printer).

Le recenti ricerche condotte nel campo del food design cercano di rispondere a una domanda di fondo: se, inserendo le tecnologie digitali nell’esperienza di fruizione del cibo, le nostre abitudini alimentari (anche quelle più radicate) potrebbero evolvere, indirizzandoci verso comportamenti più salutari e sostenibili. Uno strumento può cambiare il nostro modo di mangiare solo se è in grado di cambiare il valore che noi attribuiamo al cibo. Il food designer lo sa bene, e quindi parte col ricercare gli scenari in cui l’uomo crea un rapporto positivo con il cibo. Applicando le metodologie del design thinking non solo analizza gli scenari d’uso, ma riconosce i modelli per la costruzione di idee che siano emotivamente significative e funzionali per gli individui.

Ad esempio, progettare sistemi-cibo intelligenti per le città significa studiare le abitudini individuali e le relazioni delle persone che la vivono. Se la tendenza della popolazione urbana è quella di comprare cibo di minore qualità e spesso non sano, ma già pronto e facilmente trasportabile, significa che quel cibo incarna in sé i valori di praticità (non serve saper cucinare), mobilità e velocità. La capacità del food designer è quella di trasferire quei valori positivi per l’uomo in un sistema intelligente, in grado di esaltarli. Quello che può nascere è quindi un’idea creativa: una piattaforma online che raggruppa gli abitanti di un quartiere. I rapporti di vicinanza possono diventare micro-reti per l’approvvigionamento di piatti freschi cucinati a mano e fatti in casa. Chi ha la possibilità di cucinare, mette in vendita alcune extra porzioni del proprio pranzo, cena, o altro (dolci). Attraverso il social media l’utente si mette in contatto con il vicino, sceglie tra le opportunità del giorno (e anche tra cucine diverse), ordina in base alle porzioni a disposizione e ritira di persona. Un’applicazione di questo genere, non solo fornisce ogni giorno cibo pronto, fresco e preparato in casa, ma potrebbe contribuire a rafforzare il senso di comunità del quartiere, incentivando anche la trasmissione di tradizioni, fornendo nuove opportunità di lavoro, dando la possibilità a persone che non hanno tempo di cucinare e/o non ne sono capaci, di mangiare a casa più spesso. Una tecnologia quindi non solo esalta certi valori, ma è in grado anche di aggiungerne di nuovi – in questo caso, valori fortemente collegati ad una sostenibilità, anche sociale, del cibo.

Spesso gli scenari più interessanti su cui lavorare per un food designer sono quelli degli ambienti più critici: ad esempio quelli ospedalieri e delle mense, dei bar e dei ristoranti, dove il consumatore spesso vive situazioni di necessità e non di scelta (come ad esempio mangiare da solo durante la pausa pranzo). Luoghi come questi possono essere dei buoni punti di lancio per introdurre delle innovazioni: ad esempio, cambiare il modo di mangiare negli ospedali, andando a modificare lo spazio, o alterare le modalità della pausa pranzo, eliminando e/o costruendo nuove socialità, possono diventare terreni fertili per la progettazione di tecnologie digitali.

Le tecnologie non sono mai neutre, e il loro impatto sui valori viene tenuto in considerazione nel processo di design, sin dall’inizio. L’approccio del food design, potrà senza dubbio contribuire ad integrare i valori delle persone alle possibilità delle tecnologie digitali, individuando comportamenti emergenti e progettando su questi “esperienze cibo” più sane e sostenibili.

Le culture alimentari di domani avranno bisogno di sempre nuove tecnologie, flessibili e diverse, cosi come avranno bisogno dei metodi di design e di ricerca per poterle progettare in modo sostenibile.