Onorevole Schäffler, il Bundestag ha pubblicato un documento, secondo il quale la Grecia avrebbe tutte le carte in regola per ricevere aiuti. Contemporaneamente la Cancelleria sta lavorando ad un piano di salvataggio. Che ne pensa?
Vorrei dire anzitutto che l’analisi saltata fuori in questi giorni non vale nemmeno la carta sulla quale è stata stampata. Anche io ho dato incarico di svolgere ricerche e l’esito molto chiaro è che qualsiasi aiuto fiscale concesso ad Atene colliderebbe con i Trattati comunitari; la Germania non ha perciò nessuna possibilità, né a livello europeo, né unilateralmente, di prestare aiuto alla Grecia. Se il Bundestag dovesse comunque manifestare l’intenzione di dare il via libera ad una simile operazione, bisognerà individuare gli strumenti giuridici atti ad impedire che una violazione tanto palese dei Trattati possa consumarsi.
Mi sta dicendo che l’FDP non darà il suo contributo ad un bailout?
Tra gli esperti economici del partito c’è in linea di massima questo accordo. Io spero che l’FDP tenga duro. Certo, in una coalizione bisogna talvolta trovare compromessi. A me dà però speranza il fatto che i Trattati sono così chiari da rendere impossibile ogni sorta di aiuto.
La signora Merkel pare ormai decisa ad andare avanti. A suo avviso gli interessi delle banche tedesche vengono prima di ogni altra cosa. D’altra parte se la Grecia andasse a fondo, si immagina cosa succederebbe al sistema bancario in Germania?
Le banche tedesche hanno speculato su un intervento dello Stato. Svolgendo i loro affari, le banche corrono sempre dei rischi e devono assumerseli. Nessun paese e nessun investitore al mondo investe al momento in titoli di Stato greci, senza conoscere il rischio che sta correndo. Lo Stato greco prezza attualmente questo rischio con interessi molto più elevati rispetto ai titoli di Stato tedeschi …
…Quindi lei non trova affatto auspicabile che in caso di insolvenza greca, le banche tedesche più esposte siano paracadutate?
Esatto. Chi investe e corre un rischio ne risponde. Così funziona un’economia di mercato. Se si tratta di istituti di credito “sistemici” il problema per lo Stato è naturalmente presente, ma i circa 40 miliardi che le banche tedesche hanno investito in titoli del debito pubblico greci non li considero un caso “sistemico”.
Lei sa meglio di me, essendo stato nella commissione di inchiesta che ha indagato le cause del tracollo, come HRE sia una banca estremamente esposta in Grecia e per giunta già nelle mani della Federazione. Per non parlare delle Landesbanken. Un salvataggio della Grecia potrebbe diventare paradossalmente meno dispendioso rispetto ad una ricapitalizzazione con denaro pubblico.
A livello contabile potrà anche essere vero, ma per l’Euro sarebbe la fine, perché si darebbe per così dire il nulla osta alla mentalità della “birra gratis per tutti”. Coloro che hanno speculato su un salvataggio della Grecia, verrebbero ricompensati e tra loro anche le banche tedesche. La stessa cosa accadrebbe poi anche con gli altri Stati considerati a rischio. L’Euro a quel punto, per via dell’inflazione creatasi a suon di bailout e per la scarsa credibilità di cui godrebbe, andrebbe al collasso.
Allo stato attuale pare comunque estremamente improbabile che la Grecia riesca a salvarsi da sola. Basta dare uno sguardo alle misure approntate dal governo di Papandreou per accorgersi che ad oggi mancano i presupposti…
Più che i presupposti, mi pare che manchi la volontà. Negli Stati Uniti la California ha la volontà di salvarsi da sola. In Europa si prenda il caso dell’Irlanda. Dublino ha messo in atto un’opera di risanamento radicale, recuperando velocemente la fiducia dei mercati. Questa fiducia la Grecia non riesce a guadagnarsela, proprio perché nessuno crede che ad Atene si stia facendo davvero sul serio, ma soltanto che si stia aspettando il salvataggio. E questo è il problema. Il denaro proveniente da fuori sarebbe il bicchiere di vino in più che si dà all’ubriaco.
Esclude quindi anche un intervento del Fondo Monetario Internazionale?
Credo che l’intervento del FMI non rappresenti in assoluto una buona soluzione, ma l’esperienza del Fondo può dare qualche prospettiva di successo. In ogni caso sarebbe l’unico strumento giuridicamente appropriato, visto che a livello europeo la via è –come detto- sbarrata a priori.
Lei ha scritto recentemente un articolo in cui proponeva l’espulsione della Grecia dall’euro. Non teme un effetto-domino?
Al momento gli investitori sono convinti che la Grecia verrà salvata e per questo speculano e si arricchiscono. Se noi eliminiamo questa eventualità e diamo gli strumenti alla Grecia per salvarsi da sola, se del caso uscendo dall’Euro e svalutando la propria moneta, gli speculatori andrebbero incontro ad un rischio molto più elevato di quello attuale. A quel punto l’esempio della Grecia servirebbe da lezione anche per gli altri paesi in bilico.
L’ex Ministro delle Finanze italiano Tommaso Padoa-Schioppa ha di recente scritto che il problema dell’euro non dipende tanto dall’allentamento del “patto di stabilità”, ma dal fatto che è una moneta senza Stato (a differenza del dollaro). Di qui la necessità di un’integrazione europea più marcata. Lei condivide la necessità di limitare ulteriormente la sovranità degli Stati membri in materia fiscale e di mercato del lavoro?
No, credo che si tratti di un’opzione molto pericolosa. In Europa la desiderano in molti, io no. E questo per il semplice motivo che i paesi membri dell’euro espanderebbero a livello europeo la politica dell’indebitamento. Per questa ragione dico no a tasse europee che cementino questa nuova unione e dico no a un coordinamento di stampo keynesiano della politica economica direttamente da Bruxelles. Già la politica monetaria è diventata un mezzo per fare politica economica e i risultati li abbiamo visti. Non vi aggiungerei anche il tassello fiscale.
Allora, ce lo dice o no se la Grecia verrà salvata?
Spero di no…ma temo proprio di sì. E a quel punto in Germania si svilupperà una discussione molto difficile sull’Euro e sul Patto di stabilità.