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La strana estate di Barack Obama

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L’accordo sul tetto del debito americano riflette una situazione molto contraddittoria nel rapporto tra il Presidente e i suoi potenziali elettori nel 2012. Non c’è dubbio che nei momenti più difficili del negoziato per evitare la paralisi governativa Obama ha manifestato una carenza di leadership diretta, lasciando di fatto che il Congresso facesse il lavoro duro. Tuttavia, il Presidente si è collocato in una posizione mediana rispetto all’opinione pubblica, che in maggioranza ritiene prioritario un ulteriore stimolo economico (anche se questo dovesse implicare un moderato aumento delle tasse), invece che un taglio delle spese per contenere il debito come fine in sé. Va notato che questo è assai diverso da quanto era accaduto per la riforma sanitaria, introdotta con molta fatica contro il parere della maggioranza degli americani. Ora il Presidente può essere accusato di timidezza e del solito stile un po’ freddo e accademico; ma è probabilmente in sintonia con una larga fetta di opinione pubblica.

E c’è di più: i sondaggi rivelano che, a seguito della vicenda del “debt ceiling”, le opinioni negative sul Congresso hanno raggiunto un livello senza precedenti, oltre l’80%. Ciò apre, potenzialmente, un ampio spazio politico per il Presidente, in particolare se è vero che le posizioni dei due grandi partiti risultano al tempo stesso ideologiche e ciniche (cioè dettate dalla volontà di posizionarsi a scopi elettorali). Insomma, i leader del Congresso sembrano aver esercitato solo il minimo di buon senso necessario ad evitare un disastro, ma non più di questo: la loro scelta potrebbe quindi danneggiarli in blocco, invece di dare a una parte un vantaggio marginale sull’altra.

C’è poi la persistente carenza di personaggi di grande spicco da contrapporre al presidente in carica; è certamente presto per dare giudizi netti, ma anche da questa prospettiva Obama non appare sotto assedio politico. Quantomeno, non ancora.

Tutti si aspettano che gli attacchi più duri all’amministrazione verranno dai dati economici, a cominciare dalla disoccupazione che non vuole scendere sotto il 9% ufficiale. Per la rielezione nel 2012 è quasi imperativo che si registri almeno un trend di discesa da quella cifra, se non una rapida riduzione. D’altra parte, proprio partendo da un picco così alto non si può escludere un colpo di fortuna, giusto in tempo per favorire Obama nel corso del prossimo anno.

Se guardiamo poi al versante della politica estera, comunque sotto la luce dei vincoli di bilancio e delle priorità economiche interne, perfino l’espressione non troppo felice di “leading from behind” è coerente con l’atteggiamento di moltissimi elettori americani. Non sarà forse una ricetta vincente per molti temi di grande politica internazionale, ma è un modo per segnalare a tutti (fuori e dentro i confini degli Stati Uniti) che una fase di scelte molto selettive è iniziata. E ricordiamoci che Obama non deve certo conquistare i Tea Party per ottenere il secondo mandato: deve occupare il centro dello spettro politico.

La grande nave americana si può guidare con stili diversi al timone, purchè si dimostri agli elettori di avere maggiore buon senso e istinto dei propri possibili avversari. Obama potrebbe ancora risultare migliore delle alternative, come dimostra questa strana estate.