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La sfida di WikiLeaks per Obama

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Il presidente Obama aveva molti problemi anche prima dello scandalo WikiLeaks, che ora lo costringe ancor più sulla difensiva dopo il duro colpo subito nelle elezioni di midterm. La sua difficoltà ulteriore sta nel doversi difendere anche dall’accusa di aver proseguito alcune delle politiche di G.W. Bush nella gestione della politica estera – in particolare, di aver usato la segretezza come scudo per non rispondere del tutto all’opinione pubblica. In effetti quello di WikiLeaks è anzitutto un attacco all’establishment americano nel suo complesso, visto che mette in cattiva luce una serie di diffuse e consolidate prassi diplomatiche. E non è neppure un attacco ai soli Stati Uniti, come risulta evidente proprio dalla reciprocità degli scambi di informazioni e opinioni che tutti volevano mantenere riservati. Resta però il fatto che il grado di esposizione internazionale dell’America è talmente superiore a quello di qualunque altro paese da mettere il governo americano sotto accusa diretta; nell’immediato, a soffrirne è l’amministrazione in carica.

Insomma, Obama è ora politicamente vulnerabile sui temi della sicurezza nazionale, ma dal versante opposto rispetto a quanto ci si poteva aspettare: non perché troppo soft nella tutela proattiva degli interessi nazionali (la tipica accusa mossa a quasi tutti i presidenti democratici), ma perché vittima della classica tentazione corruttrice del potere. Come era già emerso in relazione alla questione (tuttora in parte irrisolta) dei detenuti di Guantanamo, l’amministrazione ha tutto da perdere da una persistente polemica con i gruppi per i diritti civili e i media sul delicato rapporto tra garanzie delle libertà individuali e tutela della sicurezza nazionale. La situazione creata da WikiLeaks – che, si deve ribadire, mette in un qualche imbarazzo diversi leader – è potenzialmente devastante per un presidente che ha scommesso tutto sul ruolo costruttivo del governo, basato sulla trasparenza e su un rapporto di fiducia con i cittadini. A maggior ragione visto che, in politica estera, la piena rottura nei confronti dell’eredità di Bush si è rivelata difficile per Obama, soprattutto con la guerra afgana che è presto diventata la “sua” guerra.

Un uomo politico che ha fatto dell’uso dei media uno strumento cruciale per la sua rapida ascesa fino alla presidenza deve ora muoversi lungo una linea sottile: quella che separa il rispetto della libertà di informare e la divulgazione irresponsabile di dettagli che devono restare riservati. Non si tratterà di fare una scelta di comunicazione, ma di comunicare (e spiegare) una vera scelta strategica.