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Il sistema Germania di fronte alla sfida dell’euro

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Le risoluzioni del vertice del Consiglio Europeo del 9 dicembre, unite alle decisioni prese dal consiglio direttivo della BCE nella giornata precedente, hanno riscosso un vasto apprezzamento presso l´establishment economico tedesco. I principali quotidiani finanziari del paese, Handelsblatt e Financial Times Deutschland in testa, hanno sottolineato il ruolo chiave assunto dalla Germania della signora Merkel per il raggiungimento dell´accordo, stigmatizzando la scelta del primo ministro britannico David Cameron di chiamarsi fuori dal piano di riforma delle istituzioni comunitarie.

La soddisfazione tedesca si deve al fatto che per Berlino la crisi in atto è soprattutto una crisi fiscale, dovuta a conti pubblici fuori posto nei paesi mediterranei. Se questa è la diagnosi, è logico dedurre che per la signora Merkel e il suo Ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble (CDU) bastino maggiori poteri per la Commissione Europea, “freni ai debiti pubblici” nelle costituzioni nazionali e sanzioni semi-automatiche a correggere gli errori del passato.

Di questo avviso è, tra gli altri, anche il professor Leszek Balcerowicz, politico ed economista polacco che il 7 dicembre scorso ha tenuto una lectio magistralis presso il Ministero delle Finanze a Berlino. Secondo l´artefice del passaggio di Varsavia dalla pianificazione al libero mercato, il problema dell´architettura europea non sta nel “one size fits all”, ovvero nel tasso di interesse identico per diciassette economie diverse. Balcerowicz si è al contrario detto convinto che l´austerity prescritta dal Cancelliere sia il mezzo più appropriato per dare nuova linfa alle regole violate del Patto di Stabilità e Crescita (PSC). Un ripensamento tedesco sulla necessità dei paesi periferici di fare i “compiti a casa” non è quindi ipotizzabile. Così come non è realistico pensare che i tedeschi possano mitigare le oscillazioni degli spread sui mercati o rinunciare alla briglia stretta per i fondi di stabilizzazione. Diversamente, l´impalcatura su cui si regge la diagnosi teutonica della crisi crollerebbe.

Il punto debole dell´analisi tedesca riguarda quindi il breve periodo. Se anche la riforma dei Trattati fosse la via giusta da seguire, non è chiaro quale sia la strategia di Berlino per gestire l’emergenza in atto. La sensazione è che l´esecutivo giallo-nero tra liberali e democristiani stia usando una tattica assai rischiosa, sul filo del disfacimento dell´Eurozona. Da un lato, ha infatti lasciato mano libera alla BCE per i suoi acquisti sul mercato secondario e contemporaneamente ha aumentato la dotazione del fondo di stabilizzazione EFSF fino ad anticipare l´entrata in vigore del nuovo veicolo (ESM); dall´altro ha però lasciato agire la pressione dei mercati sui paesi in difficoltà. Tale tattica ha suscitato opposte reazioni sia nella maggioranza, sia nell´opposizione. Mentre dalle file dei socialdemocratici e degli ecologisti si chiede di rinforzare le risorse dei meccanismi di stabilizzazione, sgravando dai rischi la BCE, dalle file della maggioranza i più convinti assertori del libero mercato si interrogano sugli effetti che comporta questa dipendenza dagli aiuti. Sia che si pensi che la crisi abbia origini fiscali, sia che si creda che essa affondi le radici in uno squilibrio della bilancia dei pagamenti, meccanismi come l´EFSF o come l´ESM sollevano parecchi dubbi in termini di “azzardo morale” o di perpetuazione dei deficit commerciali. Essi rischiano infatti di avere effetti controproducenti rispetto ai piani di risparmio, in parte improntati proprio alla riduzione degli squilibri.

Il deputato libertario Frank Schäffler (FDP) ha cercato di convincere la base del suo partito che aggiungere debiti a debiti non era la soluzione adeguata per rispondere alla crisi, proponendo al contrario corposi haircut e l´uscita dall´Eurozona per gli Stati che non fossero in grado di convincere i mercati. Il suo referendum tra i tesserati liberali è però fallito, raggiungendo soltanto il 44% dei consensi contro il 54% ottenuto da chi sostiene il corso della Cancelliera. Con il patto europeo siglato il 9 dicembre scorso, la posizione liberale esce tuttavia ulteriormente ridimensionata e non rafforzata. Come abbiamo scritto a febbraio su Aspenia online, era stata proprio l´FDP, su suggerimento del noto economista Hans-Werner Sinn, ad imporre alla Cancelliera la partecipazione automatica dei privati alla ristrutturazione dei debiti sovrani (PSI). Stando a quel documento, le cosiddette “clausole di azione collettiva” (CAC) avrebbero dovuto valere per tutte le emissioni di titoli di Stato. Con il nuovo accordo, invece, la partecipazione dei creditori privati alle eventuali ristrutturazioni del debito andrà valutata di volta in volta, seguendo così quella che è la prassi dell´FMI. Sostenendo che la Grecia rimarrà un caso isolato, la signora Merkel ha inferto un nuovo colpo ai già acciaccati alleati di coalizione.