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Il fattore salafita nel mosaico egiziano

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Il primo dei sei turni elettorali per l’elezione del nuovo parlamento egiziano (iniziato il 28 novembre) ha registrato il parziale successo del neonato partito salafita AlNour, la Luce, guidato da  Emad Abdel Ghaffour. Nel suo primo e storico appuntamento con le urne, il movimento salafita si è aggiudicato il 25 % dei seggi in palio. Se da una parte ci si aspettava che il movimento islamista della Fratellanza Musulmana ottenesse almeno il 40% delle preferenze, l’ascesa dei  più estremisti “cugini” salafiti non solo ha sorpreso, ma ha anche rinvigorito i timori di quanti temono che l’Egitto possa avviarsi verso una deriva islamista che lo renda sempre più simile all’Iran o all’Arabia Saudita. Le organizzazioni non governative temono soprattutto per il futuro delle minoranze e delle donne. Queste ultime hanno paura non solo di vedersi imporre un certo codice di abbigliamento, ma anche di perdere alcuni diritti garantiti da leggi, come quella del divorzio, che cercano di  tutelare la loro condizione all’interno della società.  

Anche se si tende a descriverli come due movimenti dell’Islam politico alleati tra loro, storicamente la Fratellanza e i salafiti hanno avuto rapporti altalenanti pur condividendo le medesime radici. La Fratellanza é un movimento più pragmatico, meno rigoroso nell’interpretazione dei testi sacri e con maggior interesse alla politica rispetto ai salafti. Questi ultimi  si presentano come un’istanza alternativa e riformatrice che mira a salvare la società attuale dalla frammentazione e decadenza nella quale é scivolata.  La tradizione salafita è in effetti contraria alla stessa competizione politica democratica, ritenendo che la umma (comunitá) islamica non debba essere frammentata a causa di rivalità politiche. Inoltre, durante il regime di Mubarak i salafiti valutarono che la politica non fosse lo strumento più adeguato per realizzare le riforme necessarie a rinnovare la società: la scelta fu dunque di concentrarsi nell’attività di predicazione.

Ciononostante, dopo la caduta del raís i salafiti hanno visto nell’apertura del processo politico un’opportunità per realizzare i propri obiettivi. Questo cambio di atteggiamento ha attirato molte critiche di ipocrisia: il movimento ha abbandonato in fretta decenni di silenzio e accondiscendenza nei confronti del regime per diventare protagonista di una nuova scena politica che non ha contribuito a creare. I candidati hanno adottato un approccio populista, criticando il vecchio regime corrotto e ogni suo legame con le potenze occidentali. I salatiti sono però spesso descritti come un movimento foraggiato e sostenuto da un attore esterno, l’Arabia Saudita (che è patria del wahabismo, una corrente particolarmente conservatrice che predica il ritorno alla purezza e al rigore originale del primo Islam).

Anche se il successo elettorale salafita ha colto di sorpresa molti analisti, è utile ricordare che per anni questo gruppo ha vissuto comunque all’ombra del regime di Mubarak, che sperava nella competizione tra le diverse anime dell’Islam politico per sottrarre consenso ad entrambe. In particolare, la fitta rete di canali satellitari salafiti hanno operato per anni senza essere oscurati dal regime, che li considerava una spina nel fianco della Fratellanza: non è un caso che i salafiti abbiano ottenuto licenze televisive nel 2006, cioè un anno dopo le elezioni che avevano assegnato alla Fratellanza un quinto del parlamento egiziano (un successo senza precedenti per questo movimento islamista). Mubarak non si sentiva direttamente minacciato dalla diffusione di una visione puritana della religione che tralasciasse l’aspetto politico. Mentre  la Fratellanza continuava ad agire clandestinamente, i salafiti raggiungevano attraverso gli schermi televisivi milioni di egiziani che potevano sintonizzarsi liberalmente su canali come  Al- Nass o Al-Rahma per ascoltare i discorsi degli sheikh di riferimento.

Per molti versi, quindi, il successo dei salatiti nella prima tornata elettorale sembra essere l’ultimo regalo che il regime di Mubarak ha lasciato al suo popolo.