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Il background del backlash

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  • In questa tornata elettorale, i democratici perdono 60 seggi alla Camera dei Rappresentanti e 6 al Senato (una manciata di seggi sono, ad oggi, ancora in via di attribuzione). Per la Camera si tratta del piĂą grande backlash di medio termine del dopoguerra (nel 1948, però, i democratici conquistarono 75 seggi nella tornata presidenziale che elesse Harry Truman).
  • Per la terza volta in quattro anni il partito “in carica” perde il controllo dell’istituzione che guida. Nel midterm del 2006 i repubblicani cedettero il passo ai democratici; nel 2008 avvenne lo stesso per la Presidenza; oggi la Camera dei Rappresentanti torna nelle mani del GOP.
  • Il governo “diviso” di questo ultimo quarantennio ha visto prevalere per la maggior parte del tempo i repubblicani alla Presidenza e i democratici al Congresso. I repubblicani sono stati maggioranza della Camera solo nel periodo 1994-2006; i democratici hanno controllato la Presidenza solo per quattordici anni (Carter, Clinton, Obama). Queste oscillazioni repentine sono una novitĂ  di questo decennio.
  • I repubblicani hanno conquistato i seggi di 22 freshmen democratici (deputati al primo mandato) e conquistato altrettanti appartenenti a congressmen di lungo corso, in carica almeno dal 2002.
  • Sono ben 28 i cosiddetti Blue Dogs (i democratici “conservatori”) non rieletti; il loro caucus della Camera (la corrente della Blue Dog Coalition) passa così da 54 membri a 26. Due importanti leader del gruppo – Stephanie Herset Sandlin e Baron Hill – non sono stati riconfermati.
  • Il caucus del Tea Party sarĂ  composto da 39 deputati, 32 dei quali hanno conquistato seggi detenuti dai democratici.
  • Dei 34 aspiranti deputati repubblicani che hanno goduto dell’endorsement ufficiale di Sarah Palin, solo 15 ce l’hanno fatta.
  • Sono stati 8 i candidati milionari che hanno speso – di tasca propria – piĂą di tre milioni e mezzo di dollari; solo uno è stato eletto (Ron Johnson, che ha sconfitto il Senatore democratico Russ Feingold in Wisconsin). Meg Whitman, candidata repubblicana al governatorato della California, ha speso in totale 143 milioni, il 10% del suo patrimonio personale. Ha perso di 13 punti percentuali: ogni voto ricevuto le è costato 47 dollari, contro i 6,34 dollari del suo avversario, Jerry Brown.
  • Al contrario, hanno avuto successo gli sforzi di coordinamento e razionalizzazione dei sistemi di raccolta fondi. Una trentina di organizzazioni non profit che si sono associate nel cosiddetto “Weaver Terrace Group” – tra le quali ad esempio l’American Crossroads – hanno gestito e smistato 187 milioni di dollari, contro i circa 90 dei loro omologhi democratici.
  • Secondo gli exit poll del Pew Research Center, la percentuale di elettori che si autodefinisce conservatrice è aumentata dal 32% al 41% (prendendo a riferimento il midterm del 2006).
  • Secondo la CNN, gli elettori bianchi (nel 2010, il 78% dell’intero elettorato) hanno preferito i repubblicani nel 60% dei casi; tra le minoranze il partito democratico continua a raccogliere la maggioranza dei consensi, anche se esse rappresentavano il 26% dell’elettorato nel 2008, contro il 22% del 2010 (il calo percentuale piĂą consistente degli ultimi 20 anni).
  • Al contrario delle elezioni presidenziali del 2008, le donne bianche avrebbero votato in netta maggioranza per il GOP (nel 58% dei casi).
  • Nelle intenzioni di voto dei lavoratori bianchi con un basso grado di scolarizzazione, il distacco tra partito repubblicano e democratico sarebbe stato del 22% (ovviamente a favore del GOP); era dell’11% nel 2008 e del 9% nel 2006.
  • A restare decisamente all’interno del campo democratico – oltre che le minoranze – sarebbero i giovani sotto i 29 anni. Essi, però, rappresenterebbero solo l’11% dell’intero elettorato, contro il 23% degli over 65 (la percentuale dell’11% è di poco inferiore alla media della partecipazione al voto dei giovani nelle elezioni di midterm). Nel 2008 gli under 29 corrispondevano al 18% del totale. In termini assoluti, due anni fa andarono a votare circa 14 milioni di under 29 che oggi sono rimasti a casa.
  • Tra gli over 65, il partito repubblicano è premiato con il voto 6 volte su 10; inoltre, era dal 1992 che essi non rappresentavano una percentuale così consistente dell’intero elettorato.
  • Nelle elezioni di midterm gli astenuti sono il primo partito, con circa il 60% dei consensi.
  • Secondo l’analisi del Pew, le categorie piĂą inclini a votare democratico sarebbero proprio quelle che hanno registrato i maggiori tassi di astensionismo: giovani, minoranze, redditi bassi (e con un basso grado di scolarizzazione). Quasi la metĂ  del totale dei non votanti appartiene a famiglie che non raggiungono i 30 mila dollari annui di reddito. Si tratta della fascia nella quale i democratici ottengono i consensi maggiori – il 56% – contro il 40% circa di chi guadagna piĂą di 100 mila dollari annui (assai piĂą incline a partecipare al voto).