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I dilemmi delle forniture energetiche all’Europa: un consorzio per salvare Nabucco?

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La corsa fra i principali attori internazionali per l’approvvigionamento di risorse energetiche, associata alla crescente importanza del gas nel mix energetico europeo e al persistere delle tensioni russo-ucraine, rappresenta una seria minaccia per gli approvvigionamenti dell’UE. Il fenomeno è evidente dalla fine degli anni ’90. Il sostanziale fallimento delle politiche energetiche di diversificazione e le difficoltà nella realizzazione dei nuovi gasdotti, su tutti il Nabucco,  ha portato l’Unione europea a studiare la possibilità di sostenere la costituzione di un consorzio di imprese europee, il Caspian Gas Development Corporation (CDC), per l’acquisto del gas dalla regione del Mar Caspio. Si tratta di riserve che si stima ammontino a 3,3% delle riserve mondiali di gas.

 Più della metà del gas consumato all’interno dell’UE proviene da paesi terzi: la Russia fornisce il 40% delle importazioni, mentre l’Algeria il 30%.  Tuttavia in questi paesi la produzione negli ultimi anni ha iniziato a incontrare dei problemi dovuti alla scarsità di investimenti nella ricerca di nuovi siti e alla manutenzione delle attuali infrastrutture di estrazione e trasporto. La situazione è particolarmente grave per la Russia, dove il cresente peso del gas nel mix energetico nazionale ha costretto Gazprom a siglare importanti contratti per la fornitura di gas con i Paesi del centroasiatici (i cosiddetti “Stan”) per poter onorare gli impegni presi con le compagnie europee. Tuttavia, negli ultimi due anni anche il governo cinese ha siglato con gli “Stan” consistenti accordi per la fornitura di gas; questo crea serie difficoltà per la realizzazione del gasdotto Nabucco, il progetto infrastrutturale ritenuto strategico dalle UE. Nabucco, sostenuto anche finanziariamente da Bruxelles, dovrebbe collegare l’Austria alla Turchia e permettere dal 2015 il trasporto di 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno nell’UE, arrivando fino a 30 miliardi entro il 2020. Di fatto, l’attivismo russo e cinese, oltre alla concorrenza del progetto South Stream (che permetterà il trasporto diretto di gas dalla Russia all’Italia attraverso le acque territoriali Turche) ha ridotto drasticamente le potenzialità del progetto.

E’ alla luce di tale situazione che la Commissione europea sta ora considerando la possibilità di promuovere la realizzazione del consorzio di compagnie europee (il CDC) per l’acquisto del gas estratto nel Caspio o da produttori indipendenti russi. In questo modo l’Unione avrebbe accesso a una maggiore quantità di gas, diversificando al contempo le fonti di approvvigionamento e rilanciando le prospettive di Nabucco. L’orientamento prevalente in seno alla Commissione è quello di non permettere alle società che sono parte del CDC di avere partecipazioni nelle pipelines in fase di realizzazione; ciò per evitare possibili comportamenti discriminatori nell’allocazione della capacità di trasporto dei gasdotti verso le società concorrenti di quelle partecipanti al consorzio. Tuttavia le società del CDC potranno utilizzare tali infrastrutture per il trasporto del gas acquistato nel Caspio.

L’amministrazione Obama ha finora tenuto, ufficialmente, una posizione di positiva neutralità  verso il progetto, preoccupata com’è non solo dell’uso politico delle forniture di gas verso l’UE e della situazione georgiana, ma anche dell’attivismo russo-cinese in Asia centrale. Infatti la diplomazia americana non potrebbe che beneficiare dalla possibile costituzione del consorzio, il quale oltre ad aumentare la sicurezza energetica dell’UE rilancerebbe anche il suo ruolo  e potenzialmante contenere la presenza russa e cinese. Lo sviluppo del consorzio potrebbe anche aiutare la realizzazione del Transcaspian pipeline, il gasdotto sottomarino che collegherebbe il Turkmenistan e il Kazakhstan all’Azerbajian, permettendo cosi’ il trasporto del gas del Caspio direttamente in Europa evitando il tragitto attraverso Iran e Russia. Proprio l’opposizione di questi due paesi, associato all’assenza di un accordo fra tutti gli stati del Mar Caspio sulla suddivisione delle acque territoriali e l’utilizzo delle risorse situate al suo interno, ha bloccato finora la realizzazione di tale infrastruttura, da sempre sostenuta dalle elité filo-americane dell’area interessate a limitare al massimo l’influenza di Teheran e Mosca.

A favore del consorzio é anche la Turchia, la quale ha siglato l’accordo intergovernativo per la realizzazione del Nabucco solo dopo essere stata rassicurata dalla Commissione circa la possibilità di ricevere una parte del gas acquistato dal consorzio. L’esecutivo di Erdogan, a fronte di una crescente domanda interna di gas, mira a sviluppare il paese come uno snodo regionale per il transito del gas, ed è per questo molto attiva nella realizzazione di infrastrutture di interconnessione.

La realizzazione del consorzio presenta, ad oggi, notevoli problematiche. Anzitutto molti analisti ritengono che i quantitativi di gas che si potrebbero acquistare non siano sufficienti a convincere i paesi centroasiatici a stipulare nuovi contratti con le compagnie europee piuttosto che con gli attuali patner cinesi e russi. Non va dimenticato che Gazprom esporta attualmente oltre l’80% del gas kazako, uzbeko e turkmeno. Per tale ragione la Commissione europea ha iniziato a valutare la possibilità che il consorzio importi il gas dall’Iran, ma gli scarsi investimenti nelle infrastrutture di estrazione e trasporto operati nel paese negli ultimi vent’anni pongono seri dubbi su tale opzione.

A questi problemi si aggiunge ovviamente l’irritazione russa e algerina, che considerano la costituzione del consorzio come una manovra per diminuire rispettivamente il ruolo di Gazprom e Sonatrach, compagnie energetiche nazionali, nel mercato europeo. Le due società, che hanno in scadenza a fine 2010 – inizio 2011 un elevato numero di contratti per la fornitura di gas all’Europa e necessitano di grandi capitali per finanziare lo sviluppo di nuovi giacimenti e la manutenzione delle infrastrutture di trasporto ormai obsolete.

Contrari al progetto sono, del resto, anche i principali gruppi energetici attivi nell’area, timorosi che la presenza di un unico acquirente, piuttosto che di una pluralità, potrebbe accrescere il potere contrattuale degli acquirenti e ridurre il prezzo del gas. In base a tale ragionamento, diverse società potrebbero scegliere di esportare verso i paesi mediorientali o del subcontinente indiano, dove la domanda è comunque forte.

La costituzione del consorzio rilancerebbe un certo dirigismo europeo nel campo energetico, ma potrebbe certamente avere positive ricadute sul peso anche geopolitico della UE in una vasta regione. Al contempo, ci sono molti motivi di cautela: proprio le molte implicazioni geopolitiche del progetto; la debolezza dell’UE come attore aggregato in politica estera; la necessità di raggiungere una notevole massa critica di gas da importare per persuadere gli “Stan” sviluppare nuovi siti. Nel complesso, la UE dovrà continuare a muoversi con gradualità e attenzione.