Nel recente dibattito, scientifico e non, sul concetto di smart city e sulla necessità di rendere tali le nostre città, si è finora trascurato un aspetto che, invece, risulta fondamentale a un’analisi più attenta: l’impossibilità di discutere di smart city senza discutere di “resilienza urbana”. Per resilienza si intende l’insieme delle caratteristiche che rendono le città capaci di adattarsi ad agenti esterni più o meno prevedibili: tsunami, terremoti, alluvioni, difficoltà di approvvigionamento delle risorse energetiche, crescita demografica, immigrazione, per citarne alcuni.
Per fare un esempio, pensiamo a una città ideale che abbia completato il suo processo di smartness, una città intelligente, che risparmi energia, i cui servizi siano di facile accesso per tutte le categorie di cittadini. Se, in un contesto del genere, a causa di un agente esterno venisse a mancare l’elettricità, l’essere smart non risparmierebbe alla città disagi e disservizi. Per questo motivo, la ricerca sulla resilienza dovrebbe viaggiare di pari passo con quella sulle smart city. Un tentativo che sta portando avanti un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale dell’Università Federico II di Napoli con il progetto “RES.City”, parte di un progetto più ampio che risponde al nome di SEM, “Smart Energy Master – Per il governo energetico del territorio”.
La maggior parte della popolazione mondiale è oggi concentrata nelle città e si prevede che la popolazione urbana sia destinata ad aumentare entro il 2050. A causa dell’elevata concentrazione di popolazione e attività e degli stili di vita urbani, le città, pur occupando solo il 4% della superficie terrestre, consumano circa il 67% dell’energia primaria mondiale e sono responsabili di oltre il 70% delle emissioni di gas a effetto serra. Le emissioni sono il motore principale dei fenomeni di cambiamento climatico in atto i cui impatti diretti e indiretti (piogge estreme, inondazioni, isole di calore, siccità) che a loro volta colpiscono con maggiore severità proprio le città. Cambiamento climatico e crescita della popolazione urbana appaiono dunque fenomeni strettamente connessi, e il modo in cui essi evolveranno e interagiranno nel prossimo futuro sarà di fondamentale importanza per il benessere della popolazione mondiale.
Affrontare e contrastare questi fenomeni è, quindi, una delle principali sfide che le città sono oggi chiamate ad affrontare per garantire un ambiente urbano sostenibile per una popolazione urbana in rapida e continua crescita.
A fronte della gravità dei fenomeni, sono numerose le iniziative che, in ambito internazionale ed europeo, sono state intraprese, limitando le emissioni di gas serra e contrastando i significativi impatti del cambiamento climatico in atto.
In Europa, tra il 2012 e il 2013, è stato promosso il Partenariato Europeo per l’Innovazione. L’obiettivo è di rendere le città appunto smart, riducendo, attraverso un utilizzo adeguato delle tecnologie per l’informazione e la comunicazione (ICT), i consumi energetici e le emissioni di gas a effetto serra. Accanto a ciò, si è definita una strategia di adattamento ai cambiamenti climatici, mirata a costruire città “resilienti”, a fronte dei sempre più frequenti impatti da eventi meteo-climatici estremi. Quest’ultima enfatizza la necessità di promuovere, accanto alle imprescindibili azioni volte alla mitigazione dei fenomeni di cambiamento climatico attraverso il contenimento dei consumi energetici e la riduzione delle emissioni climalteranti, azioni di adattamento – soprattutto nelle aree urbane dove si concentra la maggior parte della popolazione, ma anche delle infrastrutture e attrezzature strategiche, oltre che delle attività economiche.
Pertanto, oggi molte città sono impegnate nella definizione di piani ed azioni per accrescere la resilienza urbana ovvero la capacità delle città di prevenire, adattarsi e trasformarsi a fronte fenomeni eterogenei e per accrescere la qualità ambientale dei contesti urbani e la qualità della vita dei cittadini.
Tuttavia, il rapporto tra “città smart” e “città resiliente” non è stato ad oggi oggetto di significativi approfondimenti sul piano scientifico: anche se i due concetti sono sempre più pervasivi nel dibattito scientifico e molte sono le iniziative in atto, pochi sono gli studi mirati a comprendere l’effettiva relazione tra questi concetti.
Il Progetto RES.City (finanziato nell’ambito del Programma Operativo Nazionale Ricerca e Competitività 2007-2013 Smart Cities and Communities) affronta tale tematica analizzando le sinergie, ma anche alcuni dei più significativi punti di conflitto, tra i paradigmi emergenti della smart city e della resilient city. Basti pensare che, mentre la smart city punta sull’efficienza e, quindi, sull’eliminazione delle “ripetizioni” che rappresentano un costo per la comunità, la città resiliente presenta caratteristiche di ridondanza e diversità, puntando ad esempio sulla creazione di alternative (strade, mezzi di trasporto, approvvigionamento di risorse), così da prevenire stati di crisi.
Lo studio, sulla base della letteratura scientifica e delle iniziative in atto, intende definire un sistema integrato di indicatori capace di misurare la resilienza e l’intelligenza delle città nei confronti delle sfide più significative che esse sono chiamate a fronteggiare: quella energetica, connessa alla necessaria riduzione della domanda energetica e soprattutto al consumo degli attuali livelli di combustibili fossili e conseguenti elevate emissioni di CO2; e quella relativa all’adattamento delle città agli inevitabili impatti dei fenomeni di cambiamento climatico.
Tale sistema di indicatori può costituire un utile supporto per le Pubbliche Amministrazioni nella costruzione di percorsi “virtuosi”, capaci di attivare strategie multi-obiettivo: si tratta di integrare le iniziative spesso già in corso, le strategie e le azioni volte ad accrescere la smartness delle città e quelle volte ad accrescerne la resilienza, massimizzando l’efficacia nell’impiego delle limitate risorse economiche attualmente disponibili.
Una sfida di cui sembra essersi accorto anche il governo italiano che, con il sottosegretario Graziano Delrio, ha presentato, nei primi giorni di ottobre, la campagna contro il dissesto idrogeologico “Se l’Italia si cura, l’Italia è più sicura”. Ampie zone del territorio italiano sono vulnerabili agli agenti esterni e le emergenze si ripresentano ciclicamente. L’ultima dimostrazione, in ordine di tempo, arriva dall’ennesima alluvione che ha colpito la Liguria, in particolare Genova, il 9 ottobre scorso. Dovrebbe bastare questo affinché ci si convinca che resilienza e intelligenza sono due concetti su cui investire per il futuro.