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Brasile 2014, tra sport, economia e politica

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Il Brasile è riuscito a conquistare due dei più importanti eventi sportivi del mondo, nell’arco di un biennio: la Coppa del Mondo di calcio (in 12 città brasiliane) e le Olimpiadi nel 2016 a Rio de Janeiro. 

Lo scorso 30 gennaio il Banco Central do Brasil (la banca centrale del Brasile) ha svelato al pubblico le monete commemorative dei Mondiali di calcio 2014. Sono nove, la più preziosa è in oro e argento e riporta i nomi delle città che ospitano le partite, oltre a Fuleco, l’armadillo mascotte della kermesse mondiale. Siamo nel paese dove sono nati grandissimi campioni di calcio, ma anche nel paese delle grandissime contraddizioni. Ancora manifestazioni, contro gli investimenti dirottati sui grandi eventi a discapito dell’istruzione, della salute e dello sviluppo sostenibile, che non accennano a placarsi e che anzi potrebbero prendersi il palcoscenico fuori dagli stadi.

Ma il Brasile rimane uno dei grandi paesi emergenti. La disoccupazione è ai minimi storici, il PIL aumenta ininterrottamente da molti anni, vi è stato un sensibile miglioramento dei salari, ed enormi sono i progressi nella lotta alla povertà e l’indigenza realizzati dai governi Lula da Silva e Rousseff. Ad osservare uno spaccato della società brasiliana, attraverso l’evento sportivo, ci saranno oltre un miliardo di telespettatori in tutto il mondo, senza contare quelli che seguiranno le partite su internet e su altri social network, e naturalmente le centinaia di migliaia di spettatori che saranno dal vivo negli stadi carioca.

Le tappe del mondiale non saranno solo stadi, ma città: Rio De Janeiro con il Maracanà, lo stadio più famoso del Brasile, dove si terrà la finale del 13 luglio; Belo Horizonte con lo Stadio Mineirao, uno dei luoghi più storici del calcio brasiliano, situato nel quartiere di Pampulha; l’Arena Pantanal a Cuiaba, costruito con un occhio speciale alla sostenibilità visto che sorge in una zona ricca di flora e fauna tanto che lo stadio è soprannominato “O Verdão”; a Fortaleza sarà lo stadio Castelao ad ospitare la Coppa del Mondo. Nella regione di Natal, caratteristica per le sue dune di sabbia, c’è lo stadio das Dunas, la cui struttura architettonica richiama proprio la forma particolare delle dune. L’arena Pernambuco a Recife dove si giocheranno le partite viene vista come un’opportunità economica per l’espansione di questa zona. Salvador, la prima capitale nella storia del Brasile, ha pronto il suo stadio Fonte Nova, ufficialmente noto come il Estadio Octavio Mangabeira. L’imponente Estadio Nacional Mane Garrincha è a Brasilia, altro progetto di costruzione ecologica. A Curitiba l’Arena da Baixada è considerato uno degli stadi più moderni e meglio attrezzati del Brasile. Lo Stadio Beira-Rio, a Porto Alegre, è il più grande campo di calcio nel sud del Brasile ed è soprannominato il “Gigante di Beira-Rio”. Infine, ma non per importanza, l’Arena de Sao Paulo a San Paolo, che è stato scelto per ospitare la partita inaugurale di Brasile 2014.

Oltre al Mondiale, il paese avrà quest’anno avrà anche le elezioni presidenziali, in ottobre: e qui tutto si intreccia. È interessante l’analisi che Fernando Rodrigues, giornalista della Folha de S.Paulo, ha fatto recentemente, sottolinenando che è difficile interpretare i grandi avvenimenti nel momento in cui stanno accadendo. È vero che molti cittadini brasiliani in questo momento sono più irritati rispetto al normale, ma la spiegazione che la presidente Dilma Rousseff offre è cartesiana: la rendita media dei lavoratori è aumentata al di sopra dell’inflazione, ma la qualità dei servizi offerti a questi consumatori non sta andando alla stessa velocità ed è qui che nascono l’insoddisfazione e le manifestazioni di strada.

Tuttavia questo è un fenomeno curioso, perché anche se l’opposizione non vuole ammetterlo vi è un gran numero di opere infrastrutturali che stanno per essere completate. È vero che tutto è un po’ in ritardo, ma anche così è giusto ammettere che nei prossimi due anni il Brasile avrà vari aeroporti nuovi, molte strade duplicate, molte opere di mobilità urbana e nuove centrali idroelettriche.

Da questo punto di vista, continua Fernando Rodrigues, il Brasile in questo momento ricorda in qualche modo gli Stati Uniti del 1992. Il presidente era il poco carismatico George Bush (padre), che si trovava molto indietro nei sondaggi dopo aver tentato di riformare l’economia, reduce dalla sbornia del reaganismo. L’elettore però non stava ancora percependo gli effetti positivi di quelle riforme. Bill Clinton vinse le elezioni di quell’anno e il paese velocemente tornò ad avere ottimi risultati, paradossalmente grazie (o anche grazie) al lavoro fatto precedentemente da Bush.

È presto per giudicare, ma in effetti la presidente Dilma ha oggi molti tratti in comune con il Bush di allora. Vedremo se la kermesse calcistica la aiuterà.