Avanza uno spettro per il Partito Democratico americano. Lo spettro della “exit” di un segmento storico del suo elettorato, quello afroamericano. Ne stanno parlando molto i media di oltreoceano e gli esperti di analisi elettorali, che registrano due trend: un aumento del consenso per Donald Trump nell’elettorato afroamericano e un “distacco emotivo” nei confronti di Joe Biden, soprattutto fra i giovani neri. Vediamo allora come queste elezioni potrebbero davvero rappresentare una competizione all’insegna della “exit”. Non solo afroamericana.
All’inizio di questo anno elettorale, “Semafor”, una piattaforma di news fondata dall’ex Ceo di Bloomberg Media Justin Smith, riportava una piccola notizia che evocava un convitato di pietra della campagna elettorale di Joe Biden. La storia riguardava il Texas, e introduceva una domanda: chi si sta occupando di organizzare il voto nero per il Presidente in carica? Biden aveva viaggiato verso il Texas a inizio gennaio per presenziare ai funerali di una storica leader afroamericana del suo partito, Eddie Bernice Johnson. A margine di quella occasione i leader democratici locali si sono lamentati, sommessamente, della mancanza di una “macchina politica” presidenziale che si occupasse del voto nero (in termini assoluti, anche se non percentuali, il Texas è lo Stato con il maggior numero di afroamericani del Paese, quasi 4 milioni). Negli stessi giorni uno dei leader neri del Congresso, Jim Clyburn, ha espresso pubblicamente la sua preoccupazione per la mancanza di attenzione del Presidente verso l’elettorato democratico afroamericano: “non stiamo sfondando il muro del MAGA”, aveva detto Clyburn, potente deputato della South Carolina, nonché figura chiave della vittoria di Joe Biden alle primarie democratiche del 2020.
Sempre negli stessi giorni, il primo sondaggio che ha aperto la strada al dibattito di questi mesi: “Biden sta perdendo il voto afroamericano”? USA Today e Suffolk University Poll avevano rilevato che solo il 63% degli elettori afroamericani registrati nelle liste elettorali aveva dichiarato di preferire il candidato democratico, che nel 2020 aveva ottenuto l’87% del voto nero. Non si trattava però di una corsa verso Trump, ma di un segnale di quella “stanchezza” elettorale che pare nuocere soprattutto a Biden. Lo stesso sondaggio segnalava che Trump raccoglieva il 12% dei consensi fra i “registrati” afroamericani: la stessa percentuale del voto “reale” del 2020. Dove erano finiti gli altri? Dichiaravano di essere pronti a votare per candidati alternativi, una percentuale che sta ora diminuendo (si avvicina il confronto con la realtà, ovvero un’urna senza terzi candidati credibili, anche se la presenza di Robert F. Kennedy Jr. potrebbe fare la differenza negli stati in cui il risultato sarà più serrato). Nulla di serio di cui preoccuparsi per Biden, allora? Non proprio.
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Altri sondaggi hanno registrato un consenso più ampio per Trump (che ha cominciato a scendere nell’ultimo mese); altre rilevazioni hanno mostrato la perdita di presa di Biden sull’elettorato afroamericano negli Stati chiave; il Phelan US Centre della London School of Economics ha sottolineato invece alcuni aspetti strutturali dello scontento nero, che dovrebbero preoccupare i Democratici più del balletto di sondaggi così lontani dal voto di novembre. In un articolo del 13 marzo il Phelan ricordava la storica fedeltà degli elettori afroamericani nei confronti del Partito Democratico, per poi osservare le incertezze di oggi.
Ormai lontani i tempi della fedeltà degli afroamericani ai Repubblicani – il partito di Abraham Lincoln, il Presidente che aveva combattuto contro la schiavitù – i Democratici hanno rappresentato l’approdo elettorale dei neri dai tempi delle battaglie civili degli anni Sessanta del Novecento (il decennio dei Civil Right Act e del Voting Right Act, la legislazione anti-discriminatoria sostenuta dal Presidente Lyndon Johnson). Eppure, questa relazione è in pericolo, soprattutto fra i giovani afroamericani.
Esiste una frattura generazionale, registrata da sondaggi e ricerche come quella della Phelan, che mostra da un lato un elettorato afroamericano anziano fedele alla relazione col Partito Democratico, dall’altro un elettorato giovanile scettico e frustrato. Lo scetticismo dei giovani neri riguarda il tema del “razzismo istituzionale” – ricordate “Black Lives Matter” nel 2020? Mobilitò molti americani contro Trump Presidente in carica, una condizione ora mancante (Trump non è il nemico da affrontare in prima linea); il tema delle condizioni di vita materiali e dell’accesso ai servizi di base (istruzione e sanità in primo luogo); per i più impegnati, il tema delle identità negata dei neri e della loro storia (la “critical race theory”), ma anche la condotta americana in Medio Oriente; per l’America nera più emarginata, il tema dell’apatia e del distacco dall’impegno civico. I Millennials e la generazione Z afroamericane vivono il rapporto con la politica con molto più distacco, anche quando sono impegnati in prima linea come militanti, e su di loro funziona assai meno il messaggio anti-trumpista.
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Negli ultimi mesi la campagna elettorale di Biden sta trasmettendo vari spot mirati agli elettori afroamericani più giovani, sottolineando il lavoro dell’Amministrazione per ridurre i costi dell’assistenza sanitaria, nonché gli investimenti nei college storicamente neri. I Democratici hanno anche arruolato celebrità ed eletti locali per concentrare lo sforzo negli Stati in bilico, dove conterà ogni singolo segmento di voto. Per gli attivisti coinvolti nel “Get-Out-the-Vote” dei giovani afroamericani, è necessario però cambiare la narrazione che è stata costruita da alcuni al fine di mobilitare questa fascia di elettorato: smettere di ricordare gli eroici sacrifici compiuti dalla generazione precedente per la parità dei diritti – in alleanza col Partito Democratico, che è anche stato porta d’ingresso per la leadership parlamentare afroamericana – e concentrarsi di più su cosa potrebbe ottenere un giovane nero da un impegno diretto in politica, qui e ora.
Non è semplice vincere il sentimento antipolitico dei giovani del 2024, sia esso “radicale” o “apatico”, tanto più nelle comunità afroamericane che aspettano un cambiamento strutturale da molto tempo. Un discorso simile potrebbe riguardare anche il voto latino e l’intero voto giovanile: Biden, insomma, deve temere il fenomeno della “exit” su più fronti e più livelli. Da sfidante non ebbe questo problema: vedremo presto se l’antitrumpismo e qualche buona notizia economica saranno sufficienti a mobilitare questi elettori a novembre, o almeno a convincerli quanto basta per tenere Donald Trump a distanza dalla Casa Bianca.