Le sette “special elections” per il Congresso nell’anno non elettorale del 2013

La vita politica americana si fonda tradizionalmente su elezioni biennali poste negli anni pari. Tuttavia, a causa di decessi e dimissioni, in questo 2013 sono previste ben sette elezioni congressuali straordinarie, previste per date diverse l’una dall’altra, stabilite generalmente dal governatore dello stato interessato. Si tratta di special electionsche permettono ai vincitori solamente di “completare” il mandato parlamentare interrotto dai predecessori. I neodeputati dovranno quindi di nuovo affrontare una sfida elettorale nel novembre del 2014, giacché la composizione della Camera viene rinnovata interamente a ogni midterm. I vincitori di un seggio al Senato invece resteranno in carica per quella porzione del tradizionale mandato di sei anni non goduta dai predecessori.

Quattro elezioni speciali si sono già tenute. Una per il Senato e tre per la Camera. In Massachusetts, a fine giugno scorso, il Democratico Ed Markey (già deputato in carica) ha agevolmente rimpiazzato John Kerry, che si era dimesso dalla carica di senatore dopo essere stato nominato Segretario di Stato. Nel secondo distretto congressuale dell’Illinois, nelle elezioni suppletive del 9 aprile scorso, il seggio lasciato vacante da Jesse Jackson Jr. (inizialmente dimessosi perché affetto da disturbo bipolare e perché sotto inchiesta per la gestione di fondi elettorali e ora condannato a due anni e mezzo di galera) è stato conquistato dal collega di partito Robin Kelly. Nel primo distretto congressuale del South Carolina, il Repubblicano Mark Sanford ha conservato senza problemi il seggio che apparteneva a Tim Scott, passato al Senato per sostituire Jim DeMint, uno dei leader del Tea Party che ha lasciato il Congresso l’anno scorso per andare a presiedere la Heritage Foundation, un think tank conservatore di Washington, DC. Infine, il 4 giugno scorso, nell’ottavo distretto del Missouri, il Repubblicano Jason Smith ha sconfitto il Democratico John Hodges con oltre il 68% dei consensi, in una sfida indetta in seguito alle dimissioni della deputata repubblicana Jo Ann Emerson, che ha lasciato il parlamento per andare a occupare la carica di amministratore delegato della National Rural Electric Cooperative Association, la lobby che gestisce gli interessi delle aziende cooperative impegnate nella produzione di energia elettrica.

In tutti questi casi, il partito del parlamentare uscente è sempre riuscito a mantenere il controllo del proprio seggio e questa tendenza dovrebbe essere confermata nelle tre elezioni che si terranno da qui alla fine dell’anno. Esse riguardano un seggio da senatore in New Jersey, il quinto distretto congressuale del Massachusetts (quello appunto lasciato libero dal neosenatore Ed Markey) e il primo distretto dell’Alabama.

Delle tre sfide, la più importante è certamente quella del New Jersey, dove si andrà a sostituire uno dei veterani del Congresso, Frank Lautenberg, morto a 89 anni il 3 giugno scorso. Nei suoi 29 anni di presenza nel Senato americano (dal 1982 al 2013, con una breve assenza di due anni dal 2001 al 2003), Lautenberg si è distinto come uno dei senatori democratici più liberal. Proveniente da una ricca famiglia ebrea, era convintamente pro choice, favorevole al matrimonio omosessuale e al controllo delle armi. A contendersi il suo seggio, il 16 ottobre prossimo, saranno il favorito Cory Booker per i Democratici (oggi sindaco di Newark) e Steve Lonegan per i Repubblicani. I due prescelti hanno sconfitto i rispettivi avversari interni appena pochi giorni fa, il 13 agosto, in una sfida per le primarie caratterizzata dall’alta astensione ma dalla bassa partecipazione elettorale (inferiore al 10%). Nonostante il New Jersey sia governato dal Repubblicano Chris Christie, lo stato vota democratico alle presidenziali e i sondaggi indicano come l’afro-americano Booker non dovrebbe avere problemi a conquistare lo scranno senatoriale. Di fatto quindi i Democratici dovrebbero conservare uno dei loro seggi storici ma sostituire un senatore liberal con un politico più moderato.

Il 15 ottobre invece, i residenti del quinto distretto congressuale del Massachusetts si recheranno ai seggi per le primarie che serviranno a scegliere i candidati Democratici e Repubblicani che si sfideranno il 10 dicembre. Il seggio vacante è quello del già citato Ed Markey, da poco eletto al Senato in sostituzione di John Kerry. Il distretto è tradizionalmente un feudo democratico (nel 2012 Markey fu rieletto con il 70,6% dei voti) e non è un caso che siano le primarie democratiche l’appuntamento pre-elettorale più importante e quello al quale si dovrebbero presentare più candidati. Il quadro delle personalità in lizza non è ancora completo, ma il favorito in campo democratico è il senatore al parlamento dello stato Will Brownsberger che però dovrà vedersela con le colleghe al parlamento locale Karen Spilka e Katherine Clark, che al momento sono le rivali più accreditate. In campo repubblicano il favorito d’obbligo è Frank Addivinola, uno dei Repubblicani più noti a livello locale, ma che a dicembre dovrebbe andare incontro a sconfitta certa.

Nella storia recente, il Massachusetts è infatti uno degli stati più “democratici” d’America e la tendenza si è ancor più acuita negli ultimi anni. Dal 2002 i Repubblicani hanno vinto una sola elezione nello stato e negli ultimi 23 anni hanno eletto appena tre governatori: William F. Weld, Paul Cellucci, e soprattutto il più noto Mitt Romney – sconfitto da Obama alle presidenziali del 2012. Dal 1979 a oggi, c’è stato appena un senatore repubblicano a rappresentare lo stato al Senato federale: Scott Brown, che nel 2010 vinse l’elezione speciale indetta per sostituire Ted Kennedy ma che già nel 2012 venne estromesso dalla Democratica Elizabeth Warren. Inoltre, è dal 1997 che un Repubblicano non rappresenta il Massachusetts alla Camera di Washington. A livello di parlamento statale, sono presenti appena quattro senatori repubblicani su un totale di 40 e soltanto 30 deputati su 160. Infine, a livello di elettori registrati, il rapporto Democratici-Repubblicani è di tre a uno.

La drammatica situazione del Partito repubblicano in Massachusetts rientra in una dinamica comune ad altri feudi democratici come parti della California e altri stati del New England. Il problema qui è che il Partito repubblicano locale è scarsamente organizzato e tende a essere identificato con i suoi leader nazionali, e non riesce quindi a trasmettere un messaggio politico e programmatico adeguato alle necessità e alle caratteristiche locali. In Massachusetts, per esempio, le polemiche nazionali su questioni sociali come il matrimonio omosessuale e l’aborto hanno oscurato temi economici locali che avrebbero probabilmente favorito i Repubblicani in una terra dai forti convincimenti liberal.

L’ultima elezione speciale in programma è quella che riguarda il primo distretto congressuale dell’Alabama, e che si terrà il 5 novembre (con primarie il 24 settembre). Il seggio torna in lizza a seguito delle dimissioni del Repubblicano Jo Bonner, che ha scelto di accettare il ruolo di vice direttore dell’Università dell’Alabama. Specularmente al Massachusetts, il seggio dovrebbe essere appannaggio di un Repubblicano ed è proprio qui che si verificherà la maggior lotta nelle primarie di partito. Nel GOP vi sono già una decina di candidati tra cui l’ex senatore statale Bradley Byrne e il giornalista Quin Hillyer. Molto più silenziosa invece la sfida in campo democratico, dove non ci sono ancora candidati ufficiali.

Un anno come questo, costellato di varie competizioni elettorali ma non dominato dalla campagna per la Casa Bianca o dalla tornata di medio-termine, offre una rara occasione  di guardare a elezioni apparentemente minori e a candidati nuovi, che fanno ora il proprio ingresso sulla scena nazionale. In alcuni casi, sono proprio questi gli astri nascenti destinati a dominare la politica del futuro: di Chris Christie e Cory Booker, ad esempio, già si parla come contendenti per la Casa Bianca nel 2016.

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