La settimana che ha cambiato la politica americana, a iniziare dal Senato

I primi giorni di Gennaio del 2021 rimarranno negli annali politici soprattutto per quello che è successo a Capitol Hill. Un altro evento-chiave, successo quasi in contemporanea, e dalle conseguenze forse altrettanto profonde, è stato offuscato da quegli eventi: la decisiva doppia vittoria democratica nel ballottaggio per i due seggi da senatore in Georgia, che hanno ridato dopo dieci anni il controllo pieno del Congresso al Partito Democratico del neo-presidente Joe Biden.

Evento rarissimo per il partito dell’Asinello, se si pensa che dal 1980 e quindi negli ultimi 40 anni i democratici hanno avuto contemporaneamente un Presidente in carica e il controllo del Congresso solo per 4 anni. Dunque da Atlanta, città della Coca Cola, che con i suoi sobborghi suburbani è emblema della trasformazione socioeconomica e demografica americana, è arrivata forse la carta più insperata per il mandato di Biden: almeno due anni in cui il Congresso sarà a maggioranza Democratica, e dunque sarà più facile far passare l’agenda politica del presidente e del partito che hanno appena vinto le elezioni. E’ da ricordare che proprio nei primi due anni di mandato Barack Obama riuscì a far passare la riforma sanitaria, provvedimento-stella dei suoi due mandati, mentre nei sei anni successivi della sua presidenza il Senato prima e poi tutto il Congresso passarono in mano Repubblicana e molti dei suoi provvedimenti furono azzoppati o fermati.

I risultati del ballottaggio senatoriale in Georgia (New York Times).

 

La presa della Georgia. Il ballottaggio del 5 gennaio in Georgia certifica quanto i cambiamenti demografici e la pandemia di coronavirus stiano accelerando sempre di più la trasformazione della società americana. Solo qualche anno fa, una doppietta del genere per i Democratici (Casa Bianca prima ed i due senatori dopo) in uno degli Stati politicamente più conservatori degli USA, schierato quasi monoliticamente coi Repubblicani dal 1968, sarebbe stata impensabile.

Ma il 2020 insegna anche che non ci sono più elezioni scontate o territori preclusi; e la storica formula elettorale per cui i Democratici potevano vincere in zona Repubblicana solo grazie al candidato moderato bianco di turno non è più valida. Appartenenti alle minoranze, estremisti di destra e di sinistra sono diventati non solo competitor validi, ma spesso addirittura figure vincenti e trascinatrici, proprio per la loro estraneità e diversità, nelle varie tornate elettorali di inizio secolo, di cui l’elezione di Barack Obama nel 2008 è la più emblematica.

Un altro dato fondamentale, che si consolida a ogni tornata elettorale e che ha stravolto le tendenze del passato è il record di affluenza. In Georgia, sono arrivati 2 milioni e 800 mila voti postali ed in totale hanno votato oltre 4,4 milioni di elettori su 5 milioni ed 800 mila aventi diritto (pari al 90% dell’affluenza delle elezioni presidenziali). Una cifra davvero altissima per un ballottaggio e per gli Stati Uniti; d’altronde, le presidenziali del 3 novembre con oltre 160 milioni di votanti avevano registrato un ulteriore picco di partecipazione elettorale a livello nazionale.

L’affluenza al voto della comunità afroamericana, chiave per il risultato in Georgia

 

Stacey Abrams. La Georgia già nel 2018 alle elezioni per il governatore dello Stato aveva dato segnali di cambiamento in corso. La democratica Stacey Abrams, prima donna afroamericana mai candidata alla carica di governatore, perde di un soffio (soli 55mila voti), dopo un riconteggio condito da varie accuse di restrizioni di accesso al voto. Perde, ma a seguito di quella elezione diventa uno dei volti più riconoscibili del Partito Democratico a livello nazionale per le sue battaglie su diritti delle minoranze, controllo delle armi e legalizzazione dell’uso della marijuana: senza di lei, non si comprende il risultato di oggi.

Proveniente da una famiglia di classe operaia ed attivista fin dai tempi dell’università, ha fondato prima il New Georgia Project, un’organizzazione che aiuta le minoranze a partecipare al voto (elemento non così scontato in Georgia, dove una serie di leggi complica l’esercizio di questo diritto) e in seguito alla contestata sconfitta del 2018 ha creato il Fair Fight Action, una vera e propria struttura permanente radicata nel territorio, capace di mobilitare pezzi di elettorato finora esclusi, ostacolati e demotivati dalle condizioni ambientali.

Ha il grande merito di aver trascinato il Partito Democratico a credere e investire grandi risorse economiche in una battaglia elettorale fuori dai tradizionali swing States. Dopo la vittoria alle presidenziali dello scorso novembre e del doppio seggio al Senato di questi giorni, la partita finale di Stacey Abrams è quella per diventare la prima governatrice afroamericana della storia statunitense nelle elezioni in Georgia del 2022.

Stacey Abrams

 

Raphael Warnock. Afroamericano, è stato eletto senatore alla prima esperienza politica nel profondo Sud. E’ l’undicesimo senatore di colore nei 232 anni di storia della nazione americana, e 56 anni dopo il Voting rights act. Di origini molto umili, sua mamma infatti lavorava nei campi di cotone, è un predicatore della storica chiesa battista di Ebenezer di Martin Luther King, a cui Warnock si ispira da quando era ragazzo. Per lui la religione è “coscienza del popolo” e la chiesa deve essere al servizio delle battaglie per i diritti civili e la giustizia. Proprio per questo è una figura molto influente nella comunità nera della Georgia, tanto da celebrare i funerali dell’icona dei diritti civili John Lewis lo scorso agosto. I suoi cavalli di battaglia sono stati l’estensione della copertura sanitaria per i più poveri (Medicaid) attraverso la riforma sanitaria di Obama, l’accesso al voto delle minoranze (che in molti Stati del Sud è limitato da una serie di artifici legali molto efficaci) partecipando al progetto vincente di Stacey Abrams e il controllo delle armi da fuoco.

Warnock è stato definito dalla senatrice uscente e sua sfidante Kelly Loeffler una delle più fedeli a Trump, la più ricca di tutto il Congresso nonché la moglie di Jeffrey Sprecher, presidente della Borsa di New York – come un pericoloso estremista marxista. Da tenere d’occhio al Congresso per la sua potenza empatica: nel 2012 quando un ragazzo afroamericano Trayvon Martin venne ucciso dal vigilante George Zimmerman perché indossava un maglione con il cappuccio dall’aspetto “sospetto”, Warnock celebrò il sermone proprio indossando un hoodie (una felpa con il cappuccio) commuovendo tutti.

Il reverendo Raphael Warnock

 

John Ossoff. Ossoff, un 33enne documentarista investigativo, ex assistente parlamentare del deputato Dem Hank Johnson, ha lavorato anche per lo storico leader dei diritti civili in Georgia John Lewis, recentemente scomparso. Ha un grande carisma e una grande abilità a raccogliere fondi elettorali. Deve tutta la sua fortuna al fatto che la sua campagna elettorale nel 2017 per la conquista di un seggio alla Camera nel 6° distretto di Atlanta, è stata la prima tornata elettorale post vittoria di Trump alle presidenziali del 2016 e che quindi ha convogliato in una battaglia locale gli sforzi di resistenza e reazione a Trump a livello nazionale, tanto da permettergli di raccogliere più di 23 milioni di dollari facendola diventare la più costosa corsa per un seggio alla Camera, fino a quel momento.

Le micro-donazioni online, la mobilitazione dei volontari che sono arrivati a sostenerlo da ogni angolo del paese e la grande attenzione dedicata dai media a quella campagna elettorale, nonostante la sconfitta di un soffio nel 2017 hanno fatto la sua fortuna politica ed infatti è riuscito a riproporsi per il Senato dello Stato e vincere il prestigioso seggio senza grandi esperienze alle spalle.

Con la sua vittoria è diventato il primo millennial ad essere eletto senatore ed è il più giovane ad essere eletto per tale carica negli ultimi 40 anni (l’ultimo eletto a soli 33 anni era stato il senatore repubblicano Don Nickles nel 1980), andando a piazzarsi proprio dietro al primato di Joe Biden. E’ inoltre diventato il primo senatore di religione ebraica dal lontano 1879. E’ un progressista pragmatico, lontano dagli stereotipi dei candidati centristi democratici del Sud, sostenuto da Sanders nel 2017 ma anche politicamente diverso dall’ala super liberal rappresentata da Alexandria Ocasio-Cortez. Ha battuto il senatore uscente repubblicano David Perdue, accusandolo per tutta la campagna elettorale di essere «un corrotto» che ha pensato solo ad arricchirsi con decine di operazioni finanziarie durante il suo mandato da senatore.

Per capire le ragioni della vittoria democratica, dalle prime analisi post-voto oltre alla grande affluenza generalizzata, si nota però che nei quartieri e nei sobborghi “democratici” con un’alta concentrazione di elettori neri si è tornato a votare più massicciamente al ballottaggio rispetto alle aree che storicamente hanno più concentrazione di elettori repubblicani e bianchi senza laurea. La disillusione derivante dalla sconfitta di Trump alle presidenziali unita alla sua retorica sui brogli anche nel voto in Georgia, potrebbe aver pesato nella demotivazione del suo elettorato.

Jon Ossoff nel 2017 (in camicia bianca) tra John Lewis (sinistra) e Hank Johnson (destra)

 

La piazza. Detto ciò, il 2021, però, si apre con una novità cruciale. Non solo dentro al Congresso a maggioranza democratica si deciderà il futuro dell’amministrazione Biden: la piazza fuori dal Congresso potrebbe diventare un attore centrale della politica americana, se la strategia della tensione di Trump continuasse nei prossimi mesi. E’ arrivato infatti l’allarme dell’FBI sul rischio concreto che i Parlamenti dei 50 Stati Usa potrebbero essere bersagli di altrettanti “attacchi armati” da parte di milizie di estrema destra tra il 16 ed il 20 gennaio, insieme all’allerta di alto rischio attentato contro lo stesso presidente eletto Joe Biden nel giorno dell’Inaguration Day.

In un paese lacerato dalla rabbia diffusa, la regia che manipola e getta benzina sul fuoco su una parte della middle class americana, che non si sente rappresentata dalle élite e trova convincenti i temi della narrazione trumpiana, ha fatto breccia in una quota significativa di americani. D’altronde, i sondaggi del giorno dopo certificano che quasi la metà dell’elettorato Repubblicano vede con simpatia l’assalto al Congresso e da più parti come anche l’FBI ha certificato, si teme che l’escalation della tensione non sia conclusa.

Il clima a Washington resta tesissimo, con Trump che da una parte prima definisce gli assaltatori “patrioti maltrattati a cui è stata scippata in maniera fraudolenta la vittoria” e poi ne prende timidamente le distanze e dall’altra i Democratici che tentano il tutto per tutto con un nuovo impeachment o una destituzione tramite il 25° emendamento a 8 giorni dalla conclusione del mandato del Presidente uscente, in una città militarizzata da oltre 15 mila uomini della Guardia Nazionale.

I sostenitori di Trump all’assalto del Congresso

 

A completare il quadro si aggiunge la sospensione da parte di Twitter e Facebook degli account presidenziali per violazione dei termini d’uso ed incitazione all’odio, che però porta implicitamente una censura di un presidente comunque democraticamente eletto ed andando in contrasto soprattutto con la neutralità delle piattaforme social che finora non erano ritenute responsabili dei contenuti e che dunque apre grandi interrogativi sul loro futuro e sulle loro scelte.

Prima di ogni battaglia parlamentare bisognerà dunque tenere conto di una situazione del tutto nuova, con una realtà che ha nuovamente superato l’immaginazione di qualsiasi serie televisiva.

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