La ricandidatura di Joe Biden per il 2024: verso un 2020 bis?

Con un video di circa tre minuti registrato da tempo, Joe Biden ha annunciato la propria ricandidatura alla presidenza degli Stati Uniti. La scelta del Presidente di tornare a candidarsi non è una sorpresa, ma può darsi sia stata in qualche modo incoraggiata dalla situazione nel campo avverso che vede Donald Trump primeggiare largamente nei sondaggi per la nomination repubblicana. La data scelta da Biden è quella dell’anniversario dell’annuncio della propria candidatura nel 2019.

Joe Biden

 

Il video di lancio della campagna 2024 contiene alcune notizie e indicazioni su come il team Biden intenda cercare una seconda vittoria elettorale. La prima informazione importante che riceviamo riguarda Kamala Harris, molto visibile nel video, segno che l’intenzione è quella di riproporre il ticket del 2020 nonostante la prima Vicepresidente donna della storia non si sia rivelata particolarmente efficace.

Il secondo aspetto è il messaggio generale: la democrazia vive una fase difficile e, dunque, il compito di preservarla non è terminato. “Quando mi sono candidato ho detto che stavamo combattendo una battaglia per l’anima dell’America, siamo ancora in battaglia” dice Biden. Per raccontare la minaccia alla libertà che pesa sugli USA la campagna Biden sceglie di usare le immagini dell’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021 e una stretta di mano tra Donald Trump e il governatore della Florida Ron DeSantis, personaggio che allo stato è l’unica alternativa alla nomination dell’ex-Presidente repubblicano. Per sottolineare il pericolo potenziale che un ritorno al potere dei Repubblicani potrebbe rappresentare, la campagna Biden segnala la quantità di leggi che le assemblee legislative statali stanno approvando o discutendo in materia di scelta dei libri e temi che si possono discutere nelle classi, di diritti delle persone trans, di ostacoli alle procedure elettorali. Si insiste poi sull’interruzione di gravidanza, questione cruciale e mobilitante che ha consentito al Partito Democratico di limitare i danni alle elezioni di metà mandato dello scorso novembre.

 

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La caratterizzazione di questo messaggio è dunque il contrario della bipartisanship e del dialogo che il Presidente stesso ha spesso sottolineato essere importanti per il funzionamento del sistema politico americano: un sistema che si regge su due partiti e un Senato nel quale un singolo voto di un piccolo Stato può impedire l’approvazione di qualsiasi legge.

All’allarme per la democrazia viene contrapposta la scelta di una presidenza tranquillizzante, all’opposto di come il partito di Biden viene dipinto dai Repubblicani (“radical left”, sinistra radicale). Dal punto di vista del posizionamento politico, Biden continuerà a marcare la distanza tra il suo essere persona equilibrata e di buon senso rispetto al suo potenziale avversario e, in generale, alla piega estrema presa dal Partito Repubblicano.

Nei prossimi mesi, dunque, il Presidente farà il Presidente, ribadirà come e quante cose abbia prodotto la sua presenza alla Casa Bianca, segnalando i successi in materia di infrastrutture e di energie rinnovabili, l’occupazione, la cancellazione del debito degli studenti. E reintrodurrà alcuni temi su cui una sua seconda presidenza potrebbe incidere: le regole per il possesso di armi e l’introduzione di qualche forma di protezione federale per il diritto alle donne di scegliere se interrompere o meno una gravidanza. I Presidenti in carica che corrono una seconda volta non vengono giudicati in base ai comizi ma sulla base dei risultati ottenuti e alla capacità della campagna di proporli come positivi alla popolazione.

L’annuncio della campagna non coincide con il suo avvio ma con la necessità di avviare la raccolta fondi e strutturare la squadra: le leggi impongono che chi è parte della squadra elettorale non possa essere membro dell’amministrazione e per questo ci sarà qualche spostamento di casella. Alla guida delle operazioni dovrebbe essere Julie Rodriguez, attivista di lunga data del Partito Democratico, nipote del leader sindacale Cesar Chavez (l’inventore di “Sì, se puede”, usato molti anni dopo da Barack Obama) e membro dello staff nella Casa Bianca di Obama. Rodriguez è cresciuta andando a manifestazioni sindacali e picchetti dei braccianti latinos e forse ci segnala la volontà di un’attenzione maggiore in quella direzione – con in mente Arizona e Nevada, due tra gli Stati da vincere. Vice di Rodriguez sarà Quentin Fulks, che ha gestito il successo della campagna di rielezione del senatore afroamericano Warnock in Georgia – cruciale anche lei.

Tra le cose di cui il Presidente in carica si deve occupare è il braccio di ferro con la maggioranza repubblicana alla Camera sull’innalzamento del tetto del debito, una legge che il Congresso ha approvato per decenni ma che da qualche anno è divenuta un modo dell’opposizione per modificare le priorità della presidenza. In questo caso lo speaker repubblicano McCarthy ha presentato un budget che chiede tagli pesanti a una serie di programmi federali e alla spesa per le infrastrutture. Gli economisti prevedono che in mancanza di un voto positivo sul bilancio federale il Paese precipiterebbe in una pesante recessione.

 

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Nel video annuncio sono assenti l’Ucraina e la Cina, che pure occupano molta parte dell’attività di Biden e dei suoi uomini più fidati e il cui esito segnerà anche il giudizio storico sulla sua presidenza e definirà gli equilibri geopolitici e il ruolo planetario degli Stati Uniti negli anni a venire. Nonostante i tentativi e il sostegno ricevuto dal Congresso, Biden non è riuscito a proporre la guerra in Ucraina come una sfida epocale tra modelli come invece fece Ronald Reagan rispetto all’Unione Sovietica degli anni ‘80. Difficilmente la guerra diverrà un tema mobilitante in campagna elettorale se non in negativo – l’inflazione, i costi per le casse federali.

Il pericolo di una seconda presidenza Trump, l’estremismo repubblicano e la capacità di Biden di tenere la porta aperta e ascoltare le voci della sinistra liberal (e un ottimo rapporto con Bernie Sanders) ha consentito al Presidente di tenere unito il suo partito come raramente in passato. Anche per questo è molto improbabile ci siano sfidanti con qualche seguito: le figure che avevano dato qualche segnale di una possibile candidatura, i governatori di Illinois e New Jersey, Jay Robert Pritzker e Phil Murphy, non sono alternative.

Il vero grande problema del Presidente è la sua età e il suo basso tasso di popolarità. Ci sono quattro sondaggi che indicano come grandi maggioranze siano contrarie alla sua ricandidatura per ragioni anagrafiche. In generale gli americani non sembrano entusiasti dell’idea di tornare a vedere la stessa sfida del 2020 tra candidati vicini agli ottant’anni di età (76 per Trump, 82 per Biden). Biden non è popolare pur non essendo particolarmente impopolare, ha gestito una situazione difficile in vari settori, ma gli USA sono passati dalla pandemia all’inflazione e questo non lo avvantaggia.

La sfida per lui è convincere i perplessi che la produzione legislativa – notevole – della sua presidenza è un passo in avanti per l’America e che il ritorno alla Casa Bianca di Trump sarebbe un pericolo che è meglio evitare. A questo proposito è difficile non sospettare che alle primarie repubblicane gli strateghi democratici facciano il tifo per l’ex-Presidente. Una sfida con chiunque sia nuovo e più giovane sarebbe più complicata per il Presidente in carica.

 

 

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