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Nel terzo anno di guerra, le preoccupazioni del fronte ucraino

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Il secondo anniversario dell’invasione russa in Ucraina è stato caratterizzato dalle preoccupazioni crescenti per la tenuta dei militari al fronte. La sconfitta di Avdiivka, nel Donetsk, ha reso palesi le conseguenze dell’interruzione di forniture militari da parte dell’Occidente al governo di Volodymyr Zelensky. Le forze russe, infatti, hanno iniziato ad attaccare lungo diverse direttrici, sia nel Donbass sia a sud di Zaporizhzhia. Il che dimostra che lo stato maggiore russo ha saputo attendere e trarre vantaggio dai continui sforzi di Kiev di avanzare durante la seconda metà del 2023. I soldati ucraini sono esausti, molti dei mezzi forniti dagli alleati occidentali sono stati distrutti, gli arsenali sono quasi vuoti. Munizioni e riposo sono le due richieste incessanti che si alzano da ogni «casa sicura» a ridosso delle prime linee.

Avdiivka durante la battaglia

 

I problemi organizzativi dei vertici militari rispetto alla rotazione delle truppe al fronte hanno rivelato un aspetto inedito della guerra, finora poco raccontato. Ovvero, il fatto, che «la guerra non può gravare solo sulle spalle di alcuni» come ci ha spiegato Anastasia Chivakina, tra le organizzatrici del movimento delle mogli e delle madri dei soldati ucraini al fronte. Ho incontrato Anastasia a Odessa, dove insieme ad altre donne organizza da mesi manifestazioni pubbliche per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della rotazione per i reparti in prima linea. «Chiediamo» ha spiegato Anastasia, «che ci siano dei limiti per il servizio al fronte. Abbiamo proposto la durata massima di 18 mesi, passati i quali i militari devono poter tornare a casa per potersi riposare e fare un po’ di ‘riabilitazione’. Dovete immaginare che i soldati al fronte vivono in condizioni durissime e hanno bisogno di un’assistenza psicologica specializzata. La maggior parte dei ragazzi con cui parliamo ha un disperato bisogno di risposo, che qualcuno li sostituisca per un arco di tempo sufficiente. Ma sembra impossibile».

 

La questione della leva

La società ucraina si è dimostrata piuttosto fredda rispetto alle rivendicazioni di queste donne che da mesi stanno organizzando manifestazioni in oltre 20 città del paese. «All’inizio, la gente si fermava per prenderci in giro» ricorda la ragazza, che ha appena 22 anni, «qualcuno su internet ci accusava di fare del male al Paese. Noi, capisce? Vedi uomini che potrebbero stare al fronte ma girano in città tranquilli e ti trattano da sobillatrice. Anche l’opinione pubblica è contraria alle nostre proposte perché per loro la smobilitazione significa mobilitazione di altri, che spesso sono gli stessi che ci criticano». Ma il problema esiste e anche i vertici politici lo sanno.

Malgrado ciò, almeno per ora, il governo centrale ha preferito rimandare una nuova chiamata alle armi. È evidente che il presidente Zelensky non vuole creare tensioni sociali in una fase in cui la sua popolarità è scesa e le elezioni sono state rinviate nuovamente in virtù della legge marziale che è stata di recente prolungata fino al 13 maggio. Tuttavia, la guerra continua e se l’Ucraina non vuole sfiancare completamente i suoi reparti migliori, lo Stato maggiore sarà obbligato a correre ai ripari.

La battaglia di Avdiivka, che si è conclusa con la vittoria russa alla fine di febbraio dopo mesi di scontri violentissimi, ha decimato interi battaglioni in entrambi gli schieramenti e ha infatti impresso un’inattesa accelerazione alle operazioni sul fronte orientale. Avdiivka era una delle fortezze del Donetsk a lungo considerata inespugnabile. Nel 2014 era stata brevemente occupata dalle truppe dei separatisti filo-russi e la sua riconquista aveva segnato la riscossa di Kiev dopo le difficoltà estreme dei primi mesi. Da quel momento era stata dotata di batterie missilistiche, trincee e campi minati e rappresentava una delle roccaforti delle linee difensive ucraine meglio organizzate e fornite.

I vertici militari ucraini hanno tentato di imputare la sconfitta alla scarsità di munizioni ma, probabilmente, l’esito della battaglia non è dipeso dalle scorte di armamenti. Sembra che il momento decisivo sia stato quando la fanteria russa è riuscita a sfondare a sud dell’impianto chimico e di produzione di coke. Tale impianto è il più grande d’Europa nel suo genere e si può facilmente desumere l’importanza tattica del suo controllo. In un primo momento si ipotizzava che i soldati ucraini di stanza in città fossero ormai destinati a trincerarsi nei sotterranei della fabbrica, come era successo a Mariupol e a Bakhmut. Poi però, nonostante i tentativi di rompere l’accerchiamento mediante l’invio della III Brigata d’assalto, è risultato evidente che la situazione era ormai irrimediabilmente compromessa per i difensori.

L’impianto chimico e di coke di Avdiivka, prima della guerra

 

L’umore dei militari ucraini lungo il fronte est è molto basso, non soltanto per la recente sconfitta ad Avdiivka, ma per le decisioni che l’hanno seguita. Nello specifico, la gestione della ritirata ha sollevato molte critiche, amplificate dai messaggi diffusi sui social network dai soldati impegnati nella difesa della città. Secondo diverse testimonianze l’ordine è arrivato tardi e l’organizzazione è stata pessima. A riprova di ciò, molti racconti, inclusi quelli dei pochi giornalisti che sono riusciti ad avvicinarsi alla periferia occidentale della cittadina, hanno riferito del quadro desolante rappresentato dalla strada che scende da Avdiivka e arriva ai territori ucraini nelle retrovie.

 

La ritirata da Avdiivka e la riorganizzazione della difesa

Una lunga discesa sterrata disseminata di centinaia di corpi di soldati ucraini senza vita. Si trattava dei militari che hanno tentato di mettersi in salvo quando la città era già praticamente persa. Il che smentisce le dichiarazioni del nuovo Comandante in capo delle forze armate ucraine Syrskyi secondo il quale la «ritirata era stata ordinata per salvare la vita dei militari». In realtà, a quanto sembra, gli unici che sono riusciti a salvarsi sono quelli che sono scappati autonomamente e quelli che si trovavano nelle retrovie. Negli altri quadranti dell’est la situazione non accenna a migliorare per i difensori che sono costretti a fronteggiare i continui attacchi missilistici dei russi e le sortite dei reparti di fanteria verso Mariinka, Krasnogorivka e Kupiansk. Il comando orientale ucraino teme inoltre una nuova avanzata verso Ugledar, a sud dell’oblast del Donetsk

Ad aggravare l’attuale contesto in cui i militari di Kiev sono sulla difensiva c’è l’imminente arrivo della primavera, che quest’anno date le temperature insolitamente alte potrebbe anticipare il suo effetto. Quando il ghiaccio si scioglierà del tutto, il Donbass si trasformerà in un pantano di fanghiglia ed è per questo che, ad esempio, la tanto annunciata controffensiva ucraina dell’anno scorso aveva atteso settimane prima di partire. Tuttavia, se le temperature si manterranno così alte anche il fango si asciugherà in fretta permettendo alle colonne di militari russi di anticipare la temutissima offensiva militare. Stando a quanto ci hanno raccontato i militari ucraini al fronte, se le nuove forniture militari occidentali dovessero tardare ancora, resistere sarebbe molto difficile a causa della sproporzione di potenza di fuoco. Secondo alcune statistiche recenti, infatti, al momento sul fronte est per ogni 10 colpi sparati dai russi, gli ucraini rispondono con soli 2 colpi.

Sul fronte meridionale i militari di Mosca stanno tentando di avanzare verso Robotyne, una cittadina a sud di Zaporizhzhia. La notizia, apparsa prima sui canali russi a fine febbraio, è ormai confermata anche da fonti ucraine che parlano di decine di attacchi al giorno. Robotyne è una delle roccaforti di Kiev nel sud, come lo era Avdiivka nell’est, ed è protetta da una fitta rete di trincee e da campi minati. Sembra, tuttavia, che i russi siano riusciti a superare la prima linea di campi minati e che ora stiano puntando dritti verso il centro urbano. Proprio in quest’area sarebbero stati girati i video che ritraggono dei soldati russi in piedi fuori da una trincea che sparano a dei prigionieri ucraini inermi. Al di là delle verifiche indipendenti da svolgere sul caso specifico (che al momento non è stato smentito) non si tratta del primo resoconto di esecuzioni sommarie di prigionieri di guerra e proprio da Avdiivka erano giunti video simili pochi giorni prima. Stando alle dichiarazioni dei funzionari filorussi del Kherson occupato (da dove i russi stanno lanciando gli attacchi nel sud) lo Stato maggiore di Kiev continua a inviare rinforzi per evitare che Robotyne cada, ma finora questi ultimi non sono riusciti a rompere l’assedio.

 

Il sostegno all’Ucraina di un’Europa indecisa

Stanchezza congenita, morale a terra e la sensazione di essere stati abbandonati dagli alleati occidentali contribuiscono dunque ad aggravare una situazione che dal punto di vista militare è molto peggiorata per Kiev rispetto a sei mesi fa. Le forze armate ucraine hanno profuso sforzi titanici nella controffensiva fallita della scorsa estate: mesi e mesi di tentativi di offensiva hanno impoverito i depositi dell’esercito oltre a comportare la perdita di mezzi corazzati e di migliaia di uomini. Inoltre, l’impiego massiccio di droni e di nuove testate dal grande potenziale distruttivo hanno costretto le unità in prima linea a difendersi attivamente, dando fondo alle scorte delle casematte. Se a ciò si unisce la mancanza di riposo e la vita di trincea si ottiene una risposta organica al perché da un momento all’altro si ha l’impressione di un possibile tracollo militare.

Di recente il presidente Zelensky ha lanciato un nuovo appello agli alleati Occidentali affinché si sblocchino le forniture di armamenti «il più in fretta possibile». Ma finora i diretti interessati non si sono sbilanciati. Nel suo discorso, infatti, il capo di stato ucraino aveva invitato gli alleati a «reagire fermamente» ai nuovi tentativi di offensiva russa e a inviare in Ucraina munizioni, sistemi di difesa aerea e i famosi caccia F-16 promessi da mesi. Zelensky aveva inoltre ammonito i colleghi occidentali di evitare di scrivere «una delle pagine più vergognose della storia recente» abbandonando l’Ucraina. Ma nonostante i toni eclatanti, i leader occidentali si sono limitati a menzionare il fatto che se non si trovasse altra soluzione gli asset sequestrati alle imprese russe (che ammonterebbero a circa 350 miliardi di dollari) potrebbero essere destinati a Kiev.

Il recente attacco missilistico russo sul porto di Odessa, mentre a poche decine di metri si trovava il convoglio di sicurezza che ospitava Zelensky e il primo ministro greco Mitsotakis, ha sollevato una nuova ondata di indignazione da parte dei leader europei che hanno ribadito il «fermo e costante» supporto a Kiev. Ma già il giorno seguente si era tornati a parlare d’altro. Appare evidente che questa fase del conflitto russo-ucraino è estremamente confusa e potrebbe portare in breve tempo a sviluppi inattesi. Ciò che è certo è che senza armi la situazione sembra inesorabilmente destinata a peggiorare per l’Ucraina.