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Alle radici dell'”invasione” di Ceuta

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L’arrivo a nuoto di quasi 10.000 persone, molti dei quali minori, dentro il territorio della città di Ceuta, un’enclave spagnola sulla costa marocchina di fronte a Gibilterra, è rimbalzato sulle prime pagine delle cronache europee facendo ricomparire il fantasma dell'”invasione”, l’arrivo incontrollato di migranti dall’Africa. Ma la causa diretta di quanto è accaduto non è una qualche recrudescenza di un fenomeno comunque strutturale; si tratta invece di una rappresaglia del governo del Marocco contro la Spagna. Abbiamo infatti assistito solo alle estreme, inquietanti conseguenze di un evento che ha delle ragioni profonde, di politica internazionale, che toccano situazioni apparentemente lontane fra loro, dall’Europa, agli Stati Uniti, al Nord Africa, fino a Gaza.

L’enclave spagnola di Ceuta in Marocco e lo Stretto di Gibilterra

 

La Spagna ha accolto nei giorni scorsi nel suo territorio, in segreto, il capo del Frente Polisario Brahim Ghali, 71enne e gravemente malato di Covid, che è stato portato in un ospedale nella città di Logroño – lontana dalla regione mediterranea. Il Frente Polisario lotta da decenni per l’indipendenza dal Marocco della regione meridionale del “Sahara Occidentale”, regione che sembra a prima vista il classico scatolone di sabbia, ma ovviamente – oltre ad essere la patria del popolo berbero Saharawi, che non vuole assoggettarsi al Marocco – è ricca di risorse naturali. Vi si trovano le più grandi riserve mondiali di fosfati, molto utilizzati dall’industria alimentare e per disciogliere il piombo che avvelena l’acqua; si sospetta la presenza di grandi giacimenti di terre rare; e c’è infine la potenzialità di enormi impianti di produzione di energie rinnovabili, oltre alla possibilità del trasporto di gas liquefatto naturale.

Brahim Ghali è in Spagna su petizione dell’Algeria, Stato-padrino dei Saharawi da prima che il Marocco occupasse il loro territorio (1975). L’Algeria ha fornito passaporto e identità falsa a Ghali, ma l’operazione è stata scoperta. E il Marocco, in risposta, ha aperto i suoi centri di detenzione per migranti, scatenando la marea umana su Ceuta. Per l’esecutivo spagnolo di sinistra (che ha appena subito una batosta elettorale a Madrid da parte della destra) un’invasione di 10.000 migranti è un problema politico non trascurabile. Specialmente in un momento in cui la narrativa politico-sociale della destra sta crescendo nel paese. A Ceuta, l’auto del presidente del governo, il socialista Pedro Sánchez, è stata assalita dalla folla, e i partiti della destra hanno accusato duramente l’esecutivo di non saper gestire la crisi e lasciare il territorio nazionale senza difesa di fronte all’immigrazione incontrollata.

L’auto del presidente del governo spagnolo assalita a Ceuta

 

La mossa del Marocco ha colto la tempistica giusta. La Spagna appartiene alla UE – e le istituzioni europee si sono schierate con Madrid per la mano dura nel ristabilimento dell’ordine e del confine, contro “il ricatto” del Marocco. Il governo spagnolo ha schierato l’esercito (ricevendo i complimenti perfino di Matteo Salvini) e ha mantenuto la sua unità. Nel frattempo però il governo di Rabat ha avvisato che “la crisi peggiorerà” se il “criminale e boia Ghali” dovesse uscire dalla Spagna con la stessa “opacità” con cui ci è entrato.

Ma la Spagna appartiene anche alla NATO. Eppure, la risposta degli USA è stata diversa. Intanto, il Marocco è tra quei paesi che hanno ripreso ufficialmente i rapporti diplomatici con Israele dopo gli storici accordi di Abramo dell’agosto 2020 – firmati tra Israele ed Emirati Arabi Uniti sotto l’egida di Donald Trump. E’ dunque molto vicino a Washington. Non solo: Trump, a dicembre 2020, un mese dopo la sconfitta elettorale, ha riconosciuto (via twitter) la sovranità del Marocco sul Sahara Occidentale: una ricompensa per l’accordo con Israele. Chiaramente, la rappresaglia del Marocco su Ceuta è coperta da quella legittimità diplomatica. D’altronde, va specificato che le ragioni umanitarie asserite dalla Spagna per giustificare l’ospitalità a Ghali non avevano convinto tutti i membri del governo di Madrid, proprio perché qualcuno (come il ministro dell’Interno Fernando Grande-Marlaska) poteva aver previsto che il contesto era sfavorevole.

I tweet di Trump sul Marocco, 10 dicembre 2020.

 

Il via libera sul Sahara Occidentale, comunque, è stato solo uno dei tanti regali “fuori tempo massimo” dell’amministrazione Trump; un altro fu la visita del Segretario di Stato Mike Pompeo a un insediamento israeliano espropriato ai palestinesi in Cisgiordania, 16 giorni dopo la vittoria elettorale di Biden: la prima volta che un diplomatico USA andava ad offrire questo tipo di appoggio all’occupazione israeliana dei territori palestinesi. Il via libera di Trump ha portato alla fine del cessate il fuoco tra Marocco e Saharawi, e alla ripresa delle ostilità – con armi (droni) vendute dagli USA per l’occasione. L’ONU e molte altre istituzioni internazionali come la Corte dell’Aja considerano da sempre illegale l’occupazione marocchina.

Ma c’è anche la crisi di Gaza ad aver spinto Rabat all’azione. In Israele vivono mezzo milione di ebrei marocchini; e il Marocco, paese arabo, potrebbe essere un mediatore prezioso in una crisi che minaccia di far saltare tutti i piani diplomatici di Biden in Medio Oriente. La crisi di Ceuta, poi, è arrivata subito dopo grandi manifestazioni antigovernative nelle città del Marocco, contro il lancio di missili su Gaza e la distensione con Israele.

Perciò il Marocco si muove in questo momento come non avrebbe potuto fare in un diverso scenario. Gli Stati Uniti hanno un’enorme base militare nel Sud della Spagna. E Biden potrebbe cancellare con un tratto di penna le fughe in avanti diplomatiche di Trump e Pompeo. Ma ancora non può permetterselo. Rabat lo sa; e conosce anche bene il valore strategico di un Paese che occupa il lembo nord-occidentale del continente africano. D’altronde anche il film sul contrabbandiere Humphrey Bogart ambientato a Casablanca ci ricorda che gli Stati Uniti scelsero proprio il Marocco per sferrare il primo colpo contro l’Asse nella Seconda guerra mondiale.

Tra Spagna e Marocco, separati dallo Stretto di Gibilterra, le relazioni oscillano da sempre tra la tensione e il conflitto aperto, con lunghi intervalli di distensione. La Francia e la Spagna si accordano per dividersi il territorio di quello che oggi è il Regno del Marocco all’inizio del XX Secolo: nel 1912 si inaugura il protettorato spagnolo sulla fascia settentrionale mediterranea-altlantica, sebbene il sultano locale mantenga alcune parvenze di autonomia. Dopo pochi anni, cominciano nella regione montuosa del Rif una serie di rivolte, in opposizione a una presenza economico-politica della Spagna sempre più penetrante.

La Spagna faticherà a domarle, con una serie di conseguenze gravissime per i propri equilibri interni: dovrà sostenere per un lungo periodo una forza di occupazione di 250.000 soldati, tra i quali crescerà una classe di ufficiali imbevuti di nazionalismo e razzismo. Proprio dalle truppe stanziate in Marocco, nel 1936, prenderà le mosse il colpo di stato di Francisco Franco che sfocerà in tre anni di guerra civile e in quarant’anni di dittatura. Ma la coscrizione per le guerre del Rif, risultate in una successione di violenze, massacri, sconfitte, ha provocato negli anni precedenti rivolte sanguinose anche tra la cittadinanza spagnola (come la Settimana Tragica a Barcellona) che diffusero l’autonomismo, radicalizzarono la classe operaia, e provocarono l’irrigidimento ideologico dell’esercito, risultato già nel 1923 nel colpo di stato del generale Primo De Rivera, che stroncò la rivolta marocchina nel 1927.

Nel 1920 il Rif era riuscito a dichiararsi repubblica indipendente dopo una vittoria militare che costò 15.000 vite all’esercito spagnolo. Ma dal 1927 tutto il territorio marocchino passò sotto l’amministrazione diretta di Spagna e Francia; l’indipendenza tornò solo nel 1956. La Spagna conservò tuttavia due città-enclave sul continente africano, appunto Ceuta sullo Stretto di Gibilterra e Melilla sul Mediterraneo, vicino al confine con l’Algeria.

Il Marocco coglie un altro momento di debolezza della Spagna nel 1975, con Francisco Franco sul letto di morte, per procedere all’occupazione del Sahara Occidentale, nonostante la condanna delle istituzioni internazionali, lasciando alla popolazione berbera poche briciole di territorio limitato da una barriera.

Il Sahara Occidentale. In rosso, la barriera tra i territori controllati dal Marocco e quelli dei Saharawi. Versione italiana della carta disegnata da Philippe Rekacewicz.

 

Il XXI secolo si apre con l’incidente dell’isola di Perejil (2002), quando la marina marocchina occupa un isolotto vicino a Ceuta, anche in quel caso in reazione a gesti di amicizia di Madrid per i Saharawi, fino ad essere sloggiata dalle truppe spagnole, che sorprendono e arrestano i soldati del Marocco, riconsegnandoli in patria poco dopo. Tra i due Paesi non si registrano più, per fortuna, conflitti violenti; ma erano di origine marocchina molti dei terroristi islamici che portarono la morte sui treni per la stazione di Atocha a Madrid nel 2004, e sulla Rambla di Barcellona nel 2017.