Il nodo di Kaliningrad e il Baltico tra NATO e Russia
Kaliningrad, nota in tedesco come Königsberg, è la città più occidentale della Federazione Russa, situata sulle rive del Mar Baltico, confinante con la Polonia a sud, e con la Lituania a est e a nord. Costituisce dunque una cosiddetta enclave, in un’area a forte tasso di militarizzazione.
Königsberg è stata fondata il 1° settembre 1255 da Poppo von Osterna, il nono Gran Maestro dell’Ordine Teutonico, e dal re Ottocaro II di Boemia. Nel 1525 Alberto I di Prussia, ultimo gran maestro teutonico, secolarizza i beni e i territori dell’Ordine proclamando l’istituzione del Ducato di Prussia, con Königsberg capitale. Durante la Guerra dei Sette anni la città viene conquistata dalla Russia, ma nel 1762 è restituita alla Prussia secondo i termini del Trattato di San Pietroburgo firmato da Federico II e dall’Imperatore russo Pietro III. Con il processo di unificazione nazionale (1871), Königsberg entra a far parte dell’Impero tedesco, ma a seguito del Trattato di Versailles del 1919 la città viene separata dal “corridoio di Danzica”, un territorio istituito dopo la Prima guerra mondiale e ceduto alla Polonia. Nel settembre 1939, con l’invasione della Polonia, Adolf Hitler ristabilisce la contiguità territoriale fino al 1945.
A seguito della Conferenza di Potsdam (luglio-agosto 1945), Königsberg è annessa all’Unione Sovietica e riceve il toponimo Kaliningrad per commemorare il Presidente del Presidium del Soviet Supremo dell’URSS, Michail Kalinin, nel giugno 1946. Per russificare l’area ed evitare possibili proteste, Mosca decide di insediare nella città una popolazione fedele alle autorità sovietiche. Negli anni ’50, Nikita Chruščëv propone di cedere al governo lituano la regione di Kaliningrad, ma i leader lituani rifiutano la proposta, visto che l’operazione avrebbe comportato l’alterazione della composizione etnica della propria repubblica in favore della componente russa.
Con la divisione dell’Europa in due blocchi e la formazione del Patto di Varsavia (1955), grazie alla sua posizione strategica sul Mar Baltico, Kaliningrad diviene una delle regioni più militarizzate dell’URSS. La città inizia a ospitare la flotta sovietica nel porto di Baltijsk che a differenza di altri scali sovietici che danno sul Baltico, si caratterizza per il fatto di non ghiacciarsi durante l’inverno.
Con la fine dell’Unione Sovietica (1991), Kaliningrad rimane sotto il dominio della Federazione Russa, considerato che Mosca non riceve nessuna rivendicazione territoriale da parte delle nazioni confinanti. Dal momento in cui la contiguità territoriale tra Kaliningrad e Mosca non poteva più essere garantita da Lettonia e Lituania, nel 1993 il Cremlino è costretto a firmare un accordo con Vilnius per trasportare gli approvvigionamenti all’enclave russa attraverso il corridoio di Suwałki. Successivamente, il transito di merci viene regolato nel 2002 da una dichiarazione di partnership tra Russia e Unione Europea – in vista della piena adesione dei tre Stati baltici alla UE nel 2004. Il corridoio di Suwałki, a cavallo tra Polonia e Lituania, riveste una posizione importante dal punto di vista militare, geopolitico ed economico, in quanto è una rotta commerciale di grande importanza strategica per il collegamento tra Kaliningrad e la Bielorussia, stretto alleato di Mosca.
Dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica e della fine del Patto di Varsavia, a causa di una profonda recessione, la Russia deve diminuire il bilancio delle proprie forze armate e ridurre le proprie capacità d’intervento militare anche a Kaliningrad. Inoltre, tutti i paesi dell’area baltica aderiscono gradualmente all’Unione Europea e alcuni di essi (tra i quali le tre ex-Repubbliche sovietiche, dal 2004) anche alla NATO. Sebbene negli anni ’90 le relazioni Russia-NATO fossero più cordiali rispetto a quelle odierne, come risulta dall’Atto istitutivo, firmato a Parigi nel 1997 (ma non ratificato), sulle relazioni reciproche, la cooperazione e la sicurezza tra la NATO e la Federazione Russa, le tensioni tra l’Alleanza e la Russia peggiorarono progressivamente e si intensificarono nel 2014, quando Mosca annette la Crimea.
L’altissima tensione provocata dall’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022 convince la NATO e la Lituania a rafforzare la presenza militare nell’area del corridoio di Suwałki e l’Unione Europea a bloccarne il transito nel mese di giugno 2022, impedendo de facto il passaggio via terra da e per Kaliningrad, come conseguenza diretta delle sanzioni imposte alla Russia per l’invasione dell’Ucraina. La situazione regionale si è ulteriormente complicata quando la Lituania ha vietato il transito sul proprio territorio di prodotti soggetti a sanzioni. Come risposta, il Cremlino ha sottolineato che qualora non dovesse essere ristabilita la circolazione delle merci, “la Russia si riserva il diritto di agire in difesa degli interessi nazionali”. La Commissione europea ha pubblicato una linea guida, in cui si precisa la possibilità di circolazione, ma solo per via ferroviaria, di beni essenziali e di prodotti sanzionati utili alla popolazione russa dell’enclave, sebbene proibisca il trasporto di prodotti e tecnologie militari che potranno, comunque, arrivare a Kaliningrad via mare.
Leggi anche: Dissuasione e negoziati: il legame che non deve sfuggire in Ucraina
Molti media occidentali ed esperti considerano il corridoio di Suwałki come “il punto più debole della NATO”, affermando che la Russia potrebbe chiudere il passaggio e/o isolare i tre Stati baltici. In realtà, come si è fatto notare da più parti, in caso di conflitto aperto Kaliningrad rischia di essere isolata e bloccata dalla NATO tanto quanto gli Stati baltici dalla Russia.
L’importanza strategica del piccolo territorio è fuor di dubbio: fin dall’adesione alla NATO di Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania, si è trascinata una ricorrente controversia sulla sospetta installazione di testate nucleari (mai ufficialmente confermata) e dispiegamento delle truppe NATO sempre più vicino ai confini russi; Mosca ha risposto con una massiccia militarizzazione di Kaliningrad. Il Cremlino ha rafforzato la marina e l’aeronautica dell’enclave con sistemi antiaerei e il trasferimento di caccia supersonici, l’installazione di missili ipersonici e balistici con capacità nucleare. Fortificando l’area, oggi l’esercito russo ha la possibilità di chiudere il Mar Baltico al traffico aereo e di superficie, complicando gli interventi della NATO in caso di conflitto. Come contromisura, nel 2016 il vertice di Varsavia ha deciso di schierare battaglioni multinazionali dell’Alleanza Atlantica sul confine orientale.
Ad alimentare le tensioni regionali sono giunte ora anche le richieste d’adesione alla NATO da parte di Svezia e di Finlandia (18 maggio 2022). Dal momento in cui quasi il 95% delle coste baltiche potrebbe appartenere a quel punto al blocco militare atlantico, Mosca ha minacciato di armare i missili di Kaliningrad con testate nucleari. Inoltre, la Russia potrebbe essere in grado di lanciare attacchi informatici, ibridi e altre misure in risposta all’espansione della NATO.
Nel corso degli anni la Russia ha compiuto ripetute incursioni provocatorie in prossimità o all’interno dello spazio aereo svedese e finlandese; pertanto, è uno scenario piuttosto realistico che Mosca possa intensificare le sue attività in prossimità delle isole baltiche Åland (Finlandia) e Gotland (Svezia). Le preoccupazioni crescono anche per la sicurezza dei cavi sottomarini collocati sul fondo del Mar Baltico. Åland e Gotland sono fondamentali per il collegamento dei cavi nel Baltico e, qualora la Russia dovesse distruggere le strutture dei cavi, ciò potrebbe avere un grave impatto sulle comunicazioni tra i membri della NATO. A sua volta, come nel caso del corridoio di Suwałki, anche la NATO è in grado di tagliare i collegamenti tra l’area baltica e la Russia. Inoltre, il danneggiamento dell’infrastruttura Nord Stream 2, lo scorso settembre, ha ovviamente attirato l’attenzione dei governi baltici. La sicurezza del Baltic Pipe dal Mare del Nord alla Polonia è basilare per l’approvvigionamento energetico. Per tale motivo, si presuppone che i paesi della NATO adotteranno strategie marittime e risorse adeguate a rafforzare capacità difensive sottomarine.
La guerra in Ucraina dimostra che niente dovrebbe essere considerato come certo. La situazione di Kaliningrad dovrebbe essere intesa come un’altra di una serie di crisi, il cui metodo di risoluzione sarà determinato dall’ulteriore sviluppo delle relazioni di Mosca con il blocco militare occidentale.
Leggi anche: Biden-Macron: come il fronte occidentale può reggere
Per ridurre il pericolo che la regione si trasformi in una zona di scontro militare, sarà comunque necessario creare un dialogo costruttivo tra l’Alleanza e la Federazione Russa – non appena le circostanze lo renderanno possibile. Il documento chiave potrebbe essere l’Atto istitutivo del 1997, in grado di offrire uno spazio di consultazione sulle questioni di sicurezza e una possibilità per superare la sfiducia reciproca tra le due parti, importante per la de-escalation regionale e forse utile a gestire in modo non soltanto antagonistico le inevitabili ripercussioni a medio termine della guerra in corso in Ucraina.